
Occorreranno un milione di firme per il Reddito di Base Incondizionato [che chiamerò per comodità reddito di base]. Più esattamente le firme a livello europeo [1] serviranno affinché la proposta la si possa inviare alla Commissione ed al Parlamento europei e discuterne l'opportunità di introdurla.
Si tratta di un'iniziativa di cittadini europei (ICE), uno strumento di democrazia partecipativa all'interno dell'UE. Con essa un milione di cittadini residenti in un quarto degli Stati membri può invitare la Commissione a presentare una proposta di atto giuridico ai fini dell'attuazione dei trattati UE.
Affinché la raccolta di firme di una ICE abbia successo vanno rispettati due criteri. Il primo: almeno sette paesi devono raggiungere una soglia minima. Il secondo è appunto raccogliere almeno milione di firme.
Di reddito di base si parla da molti decenni, per non dire di centinaia di anni, ma lo sforzo maggiore lo sta facendo la rete di coordinamento Basic Income Earth Network (BIEN).
Che cos'è?
È un reddito erogato in modo incondizionato a tutti, su base individuale, senza alcuna verifica della condizione economica o richiesta di disponibilità a lavorare.
Uno strumento che abbatterebbe in un sol colpo le enormi disuguaglianze che si sono venute a creare, con un'accelerata dopo la grande crisi del 2007-2008, e la povertà. Tanto più che i primi effetti del coronavirus sono proprio l'ampliamento delle sacche di povertà e delle disparità tra gli individui.
Forse lo strumento fondamentale per consentire di liberarsi dall'accerchiamento che è in corso da anni nei confronti degli individui sempre più costretti e sempre meno protetti nelle loro vite lavorative e nelle vite in cui il lavoro manca e mancano le risorse per sopravvivere. Un accerchiamento che con la tecnologia significa da una parte l'assorbimento del tempo libero e dall'altra, complice l'automazione e la robotizzazione, la scarsità di lavoro disponibile. La tecnologia tende non a liberare l'individuo che potrebbe essere sgravato di lavori noiosi ripetitivi e pesanti ma ad avvantaggiare il profitto.
La contrarietà ad una soluzione di reddito universale è quasi sempre giustificata innanzitutto dalla necessità di ingenti risorse finanziarie. Però di fatto le ragioni sono altre perché «il reddito di base è un'idea che implica un cambiamento radicale del modo di pensare la società, il welfare e il rapporto tra uomo e lavoro, perché il salario non diventa più l'unica via per la propria esistenza. Gianfranco Sabattini, nel suo libro Riforma del Welfare state, spiega che la misura segnerebbe il passaggio da un'etica del lavoro a un'etica della solidarietà “(tra chi lavora e chi non riesce a percepire un reddito) in quanto parte di un sistema sociale in cui tutti hanno uguali diritti e doveri sociali”» [2].
Del resto i reddito di base non compare nel cosiddetto Recovery Fund che pure dovrebbe alleviare la tremenda recessione che sta colpendo i cittadini europei. Infatti «c'è un motivo per questa assenza. Inteso sia come «diritto umano fondamentale», sia come riconoscimento del lavoro invisibile e gratuito che la nostra forza lavoro realizza anche sulle piattaforme digitali, il «reddito di base» mette in discussione le priorità di questo capitalismo e prospetta una trasformazione significativa della sua struttura basata sullo scambio tra un (non) lavoro sempre più precario e salari sempre più bassi e intermittenti. Una prospettiva, al momento, assente dalla scena politica tecnocratica, ma sostenuta da un ampio dibattito politico nella società in molti paesi anche europei» [3].
Pasquale Esposito
[1] Si può firmare sul sito bin-italia.org e su https://eci-ubi.eu/
[2] Angelo Romano e Andrea Zitelli, “Il reddito di base è una cosa seria”, https://storie.valigiablu.it/reddito-di-base/
[3] Roberto Ciccarelli, “Un milione di firme in Europa per il reddito di base incondizionato”, https://ilmanifesto.it/un-milione-di-firme-in-europa-per-il-reddito-di-base-incondizionato/, 8 ottobre 2020
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