
Percorrendo la strada statale 106, a tre km dal confine con la Basilicata, nell’alto Jonio cosentino, non si può non notare un paese arroccato su una collina, affacciato sul mare, di notte sembra un presepe, sormontato dal Castello Svevo che sembra faccia da tutore a Rocca Imperiale, questo il nome della cittadina.

Foto Angela Di Leo 2020
È uno dei sedici borghi più belli d’Italia, così definito da alcune delle classifiche stilate negli ultimi anni e tanto di moda. Attraversandolo, strade pulite, case ben ristrutturate, vecchi portoncini di legno, vicoli stretti che si insinuano sotto le volte sembrano accogliere, in un invito a continuare il cammino, i turisti occasionali e quelli stanziali che instancabili ritornano ogni anno a riposare nella sua atmosfera confortevole ma anche quelli che tornano dai luoghi in cui sono emigrati anni o decenni prima.
Si ha anche la sensazione di passeggiare nella storia. Federico II di Svevia fece costruire il castello in questo posto perché in posizione geograficamente strategica. Rocca Imperiale è circondato da colline e da due corsi d’acqua, ora in secca, purtroppo: il torrente Canna e canale Armi. Se si ha fortuna e il cielo è limpido si vede il golfo di Taranto lontano ottanta km ma il mare è a soli tre km ed è accogliente perché si contano sette km di costa. È l’unico paese che gode di tre tipi di spiagge che si snodano tra sabbia, ciottoli e scogli e il suo mare ha la bandiera blu.

Foto Angela DI Leo 2020
Non solo ma il comune è inserito nel progetto che potrà unire, in un unico cammino, 25 parchi nazionali attraverso 400 tappe lungo l’Italia. E la Calabria è una passaggio rilevante con il nuovo Cammino basiliano che da Rocca Imperiale, con 56 tappe tra ambiente e cultura, arriva allo Stretto.
A Rocca Imperiale un esteso, imponente e di recente messo a lucido lungomare consente lunghe e distensive passeggiate e specialmente al tramonto diventa, in estate, molto frequentato. Le prime ore del mattino, quando il sole non è ancora troppo caldo e quelle al tramonto vedono protagoniste le camminate salutari e bambini che liberamente danno sfogo alla loro voglia di gioco.

Foto Angela Di Leo 2020
È un’attrazione anche per me soprattutto in primissima mattinata anche se poi finisco spesso col dirigermi verso lo “scoglio”. Percorro una strada sterrata circondata da macchia mediterranea, lungo la quale è facile trovare vie d’accesso a spiagge libere un po’ più discrete, lontane dagli stabilimenti balneari e dalla folla che popola la spiaggia attrezzata.
È proprio in questa parte di strada, dopo “Canale Armi” che ho trovato ciò che mai avrei voluto vedere. Sacchi di spazzatura lasciati sulle vie d’accesso alle spiagge libere e a ridosso della spiaggia. Pensavo, ingenuamente che sarebbero stati rimossi al più presto.
Ho ripercorso la stessa strada dopo una settimana, i sacchi di spazzatura erano ancora lì. Un po’ indignata, mi sono avvicinata, ho guardato nei pressi di quella spiaggia e oltre ai sacchi ho trovato copertoni di motorino, pezzi di ferro, bottiglie di plastica abbandonati.

Ho monitorato quel pezzo di spiaggia fino allo “scoglio di Pietra Cervaro” per circa 20 giorni, la situazione non ha fatto che peggiorare perché intanto ho scoperto anche materiale edilizio depositato lungo la strada, a pochi metri dalla spiaggia, invece di essere portato nei luoghi di smaltimento.
Irritata decido di cambiare completamente zona per la mia camminata, invece del mare scelgo di salire in collina. Percorro una strada, ormai in disuso tranne che per i residenti e pochi mezzi privati che riducono il percorso a pochi km per andare a Canna, paese limitrofo che si trova lì vicino, spostato più nell’entroterra rispetto a Rocca. Tra Calanchi di terreno argilloso, prati ingialliti dal sole già cocente di giugno, pinete e coltivazioni, in uno spettacolo mozzafiato che con la luce dell’alba assume contorni ancora più suggestivi. Anche qui la vista è mi tira un altro colpo allo stomaco e al cuore. Un’altra volta la bellezza sporcata: poco fuori il bellissimo centro abitato, un altro scempio ancor peggiore di quello consumato sulla via del mare; pannoloni buttati con noncuranza, senza neanche l’accortezza di rinchiuderli in contenitore, al di là di un muretto a ridosso di una pineta e nei cui pressi c’è una casa di riposo per anziani. Nella pineta e lungo la strada tra piante spontanee di fichi d’india e capperi osservo esterrefatta e sempre più inorridita, altra immondizia ancora lasciata all’aria aperta, dai vecchi materassi al solito materiale edile di scarto che andrebbe smaltito con le dovute cautele e regole. Il tutto completamente abbandonato come una discarica a cielo aperto.
Dunque, è vero che la Calabria negli ultimi dieci mesi ha avuto grossi problemi con i centri di raccolta della spazzatura. In paese sono percorsi periodi anche di tre settimane, a volte anche di più, senza il ritiro dei rifiuti, soprattutto per il non riciclabile, che già normalmente è calendarizzata ogni quindi giorni. Ma non possiamo giustificare nessuno per quello che si vede. Né noi cittadini che giriamo lo sguardo dall’altra parte senza denunciare, né le strutture che dovrebbero avere delle soluzioni di emergenza e né tantomeno chi i servizi di raccolta dei rifiuti li deve organizzare e far funzionare tutto l’anno e che magari sbandiera la raccolta differenziata all’80% a Rocca Imperiale.
Non c’è nulla di poetico in tutto questo. Solo la rabbia personale per un degrado di una cittadina che da dieci anni è anche sede di un Festival internazionale della poesia al quale partecipano emergenti e noti autori di versi e che in tanti, tra i locali e i turisti, si precipitano ad ascoltare.
Così come tanti borghi disseminati su tutto il territorio nazionale, vanno tutelati perché bene comune e la tutela va estesa a tutta l’area circostante e non solo alle vie del centro o al lungomare. Anche perché non è solo questione di decoro, ma quasi tutti questi rifiuti inquinano terra e acque.
Vogliamo che il circondario diventi, con il tempo e vista l’impunità, una discarica a cielo aperto?
Angela Di Leo
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