
La Romania, membro dell'Unione europea dal gennaio del 2007, ha appena assunto la Presidenza del Consiglio dell'Ue. Abbiamo approfittato della disponibilità del dottor Magno per fare il punto della situazione politico-istituzionale nel paese. Francesco Magno, dottorando in storia dell'Europa centro-orientale presso l'Università di Trento e redattore di East Journal. Attualmente vive e lavora a Bucarest.
La cerimonia dell'inaugurazione del semestre di presidenza del Consiglio dell'Ue da parte della Romania mi sembra si sia trasformata in una nuova occasione di reprimènde da parte di Bruxelles con Jean-Claude Juncker che, durante la stessa cerimonia, ha detto che «L'Unione europea è fatta di compromessi, ma quando si parla di diritti umani, di legalità, di lotta alla corruzione, non ce ne possono essere». Quali sono i maggiori punti del contenzioso con l'Europa?
Le frizioni tra governo romeno ed istituzioni europee riguardano soprattutto i reiterati tentativi dell'esecutivo di Bucarest di riformare il sistema legislativo e giudiziario, al fine di ammorbidire le pene per reati di corruzione e abuso d'ufficio. Molti esponenti della coalizione di governo, tra cui il leader del principale partito (il partito social-democratico), si trovano implicati in processi per corruzione, e pertanto dalla modifica dei codici e dall'indebolimento della magistratura passa la salvezza personale di molti notabili. L'Europa ha aspramente criticato Bucarest per questo motivo, ricevendo dal governo risposte estremamente dure.
In un suo recente articolo ha immaginato una persona che si risveglia dal coma dopo ventinove anni, cioè dalla fine del regime di Nicolae Ceausescu, e sembra che molte cose non siano cambiate da allora. Può spiegare ai nostri lettori cosa si sovrappone al passato?
La stessa retorica adottata oggi dal governo di Bucarest ricalca esattamente quella di Ceausescu; anche lui infatti attaccava aspramente gli organismi internazionali, accusandoli di voler depredare la Romania; egli fomentava così l'orgoglio nazionale in funzione anti-straniera. Oggi cambiano solo gli interpreti, ma il discorso di fondo è rimasto identico; i leader odierni fanno spesso appello alla “romenità” perduta o ferita da un'eccessiva presenza di elementi estranei alla cultura nazionale. Questa sovrapposizione si spiega facilmente se si tiene in considerazione che molti esponenti del vecchio partito comunista romeno, specialmente a livello locale, sono riusciti a ricostruirsi una verginità politica negli anni 90 confluendo in quello che oggi è il partito social-democratico.
Secondo un sondaggio Eurobarometer quasi l'80% dei romeni non ha fiducia nelle Istituzioni locali e nei mesi scorsi ci sono state violente manifestazioni contro la corruzione e i bassi salari. Esiste un'opposizione dal basso e questa è in grado di mettere in dubbio il blocco di potere che domina il paese?
Non credo si possa parlare di una vera e propria opposizione dal basso. È vero, ormai la fiducia dei romeni verso il governo sta lentamente morendo, ma non credo che questo basti a provare l'esistenza di un'opposizione dal basso. La maggior parte dei romeni vive in uno stato di perenne torpore politico, che è dimostrato dalle bassissime percentuali di affluenza al voto. In occasione delle elezioni del dicembre 2016, soltanto il 40% dei romeni si è recato alle urne. La popolazione si risveglia di fronte a fatti eclatanti, come le modifiche del codice penale attraverso un decreto d'urgenza varato in notturna, nel gennaio 2017. A quel punto uomini e donne vanno in strada in massa. In realtà, sarebbe bastato che le stesse persone si fossero mobilitate per andare al voto in occasione delle elezioni parlamentari. È la storia che ha insegnato ai rumeni a vedere più nella piazza che nel voto un utile strumento di cambiamento.
A proposito del blocco di potere ci può descrivere da chi è composto e quali sono i meccanismi che ne consentono un'egemonia quasi totale?
L'attuale coalizione di governo è formata dal partito social-democratico (PSD), partito di maggioranza, e una formazione più piccola chiamata Alleanza dei liberali e dei democratici (ALDE) che si professa liberal-democratica ma che in realtà non ha un progetto politico ben definito. Il PSD, sebbene faccia parte della famiglia dei socialisti europei, è un partito sostanzialmente conservatore. La contraddizione si spiega guardando alla storia del paese. Come ho già sottolineato, il PSD è di fatto l'erede del vecchio partito comunista romeno, di cui ha assunto molte delle posizioni: retorica nazionalista, politiche economiche basate sull'assistenzialismo statale, chiusura totale in tema di diritti civili. La vera forza del PSD sta nella sua ramificazione capillare su tutto il territorio nazionale, anch'essa eredità comunista. Nessun partito può vantare la stessa forza e la stessa organizzazione territoriale del PSD.
Vorrei chiederle di chiarire il ruolo di due figure chiave della politica a Bucarest. Klaus Iohannis, Presidente della Repubblica si è opposto all'attuale governo quando ha detto che la Romania non era pronta ad assumere la presidenza del Consiglio dell'Ue e prima ancora quando ha sostenuto che l'attuale governo socialdemocratico è “un incidente della democrazia romena”. Il secondo è leader dei socialdemocratici (Psd) Liviu Dragnea che nonostante non ricopra incarichi di governo per una condanna è di fatto il premier ombra del suo braccio destro la premier socialdemocratica Viorica Dancila.
Klaus Iohannis gode di un indice di gradimento molto alto nella popolazione, che gli riconosce una indubbia serietà. Politicamente lo potremmo definire un conservatore moderato, con posizioni estremamente aperte in tema di diritti civili. È uno strenuo oppositore del governo e del PSD, ma è limitato dai suoi effettivi poteri. Il presidente, sebbene venga eletto direttamente dal popolo, non ha infatti la possibilità di influire concretamente sull'azione di governo, se non attraverso dei moniti generali.
Liviu Dragnea è di fatto l'uomo forte del paese. È un personaggio che è riuscito a scalare i vertici della politica nazionale partendo dall'amministrazione locale, sfruttando anche un momento di crisi della leadership storica del PSD. E' il principale sponsor della modifica dei codici, visti anche i diversi processi in cui risulta imputato. Tuttavia, negli ultimi mesi l'opposizione interna al partito sta crescendo, raccogliendosi attorno all'attuale sindaca di Bucarest, Gabriela Firea, principale antagonista di Dragnea all'interno del PSD.
Tra la politica che si muove anche in Romania c'è l'Alleanza dell'Ovest? Di cosa si tratta? Quali i suoi obiettivi? Può rappresentare un'opposizione al Governo?
L'Alleanza dell'Ovest è un patto siglato tra i sindaci di quattro importanti città della Transilvania e del Banato (Cluj, Oradea, Arad e Timisoara), che si impegnano a cooperare maggiormente nella gestione dei fondi europei e nello sviluppo regionale. Formalmente l'alleanza ha soltanto un carattere economico, volto a una maggiore cooperazione tra città contigue. Molti vi hanno visto tuttavia i prodromi di una possibile opposizione al PSD, visto che i quattro sindaci in questione non hanno lesinato critiche all'indirizzo dell'esecutivo. Allo stato attuale, tuttavia, è difficile credere che possano, nel breve periodo, costituire un serio partito di opposizione.
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