
È da Nuoro che arriva l'ennesimo grido d'allarme sul disastro della sanità pubblica. Nasce da una iniziale poco creduta notizia che poi però è stata confermata e rafforzata da altri pari esempi. Si tratta di pazienti la cui vulnerabilità oncologica li obbliga a sedute di radioterapia nel tentativo di ostacolare il cancro che li ha aggrediti. È una patologia che li espone per primi ai servizi del Sistema Sanitario Nazionale (SSN). Servizi che non gli risparmieranno disagi e dolori, da vivere anche nelle loro famiglie, ma che vengono affrontati aggrappandosi all'efficacia di cure che sanno che potrebbero essere non sufficienti. Quando però alla cura si accompagnano negligenze che non consentono di sperare perché non è possibile erogarle, significa semplicemente che il cancro ha vinto senza che si tenti di opporsi ad esso.
Elisa Campisi ce ne parla sul Corriere non mancando di sottolineare le note emozionali e la fin troppo educata segnalazione di chi deve già sopportare gli insulti di malattia e terapie a cui è costretto aggiungere l'umiliazione dell'accusa di falso. I documenti e la situazione erano invece reali, e il paziente Gian Michele Angheleddu, di 51 anni, tra le lacrime ha dovuto pure ammettere che si trattava, oltre la sua, di condizione che aggredisce altri pazienti pure in condizioni peggiori. Era accaduto che gli erano state negate le prescritte radioterapie invitandolo a recarsi fuori regione. All'assessore non è quindi bastata la brutta figura di una falsa accusa infamante rivolta al paziente, non è servito neppure tollerare la negligenza che obbliga tali pazienti a liste di attesa lunghe per malati oncologici e che poi induce il consiglio di andare a curarsi altrove e lontano dai propri affetti. L'assessore è ancora impegnato a svolgere un lavoro per il quale, quando si fallisce, sarebbe meglio lasciare ad altre competenze la possibilità di fare meglio ma, sappiamo, queste sono cose di altri tempi.
Sempre sulla questione delle cure radioterapiche, grazie all'attività di assistenti sociali che non demordono, si sono aggiunte altre testimonianze di uguale impatto, con esibizione di documenti di luglio ed agosto in cui l'invito a curarsi fuori regione era inconfutabile. Circa le scusanti e le argomentazioni politiche che tentano una giustificazione di quel che non è giustificabile, si entra nel paradosso di quanto non dovrebbe essere messo neanche in discussione adducendo rinnovi strumentali. Evidentemente non si è in grado di schedulare la sostituzione di attrezzature come si dovrebbe.
Sono ineccepibili le conclusioni della radiologa Maria Maddalena Giobbe, anche presidente dell'Ordine dei Medici di Nuoro: «la situazione è diventata insostenibile, per i pazienti quanto per i medici». Per i tempi di attesa sempre la dottoressa ribadisce che «non sono compatibili con la cura e neppure tollerabili. Nel caso specifico del San Francesco [l'ospedale di Nuoro, ndr] io non so come è andata, ma obiettivamente sei mesi non erano compatibili con la patologia del paziente e se gli è stato suggerito di andare fuori, secondo me, vuol dire che era necessario» [1].
C'è anche dell'altro oltre i comportamenti dell'assessorato alla sanità in Sardegna. Forse solo meno grave perché non ci sono malati che rischiano la vita, ma si ha comunque una connessione preoccupante con l'intero mondo scientifico e con la salute. È Andrea Capocci che sul Manifesto riporta di una inchiesta sulle presunte truffe legate a reperti fotografici usati in modo non corretto.
L'imprecisione, a nostro avviso di una certa gravità, in cui è incappato Orazio Schillaci, ministro della Sanità riguarda un documento scientifico la cui redazione era sotto la sua responsabilità. Durante controlli che normalmente non vengono eseguiti, attraverso l'utilizzo di un software austriaco in grado di individuare immagini gemelle, è emerso che immagini sospette, meritevoli di successive conferme, sono state pubblicate su lavori scientifici come quello del 2021 su Journal of Clinical Medicine di cui Schillaci risulta responsabile di metodologia e stesura, supervisione, ideazione. Nel lavoro viene inserita una immagine di tumore alla prostata già usata in altra pubblicazione del 2019 con l'indicazione che l'ha attribuiva ad un tumore al seno. Sempre la stessa immagine, sempre a firma di Schilllaci, pubblicata su riviste diverse come International Journal of Molecular Sciences, ma assegnata a tumori diversi: una volta della prostata una volta del seno. Prima di diventare ministro della Sanità il prof. Schillaci è stato preside della Facoltà di Medicina dell'Università di Tor Vergata, dopo è diventato rettore dell'ateneo. È ovviamente presto per stabilire con precisione cosa realmente sia accaduto ma il numero di anomalie che riguarderebbero almeno una decine di pubblicazioni tra il 2018 ed il 2022, lascerebbero supporre l'esistenza di un sistema censurabile al quale faceva ricorso un certo numero di persone coinvolte. Sono al vaglio anche altre immagini apparse sulla rivista Cancer Research Reports del 2020 e sul Journal of Clinical Medicine del 2020. È ovvio che anche le riviste dovranno dare spiegazioni. Per adesso il sig. Ministro ha dichiarato di non essere a conoscenza di queste cose non essendo un esperto di microscopia, mentre un suo collaboratore ha ammesso gli errori dichiarando trattarsi di incidenti. Per noi resta comunque la responsabilità di chi dirige pur se per negligenza avalla errori commessi da suoi collaboratori [2].
Quando si parla di sanità pubblica non bisogna dimenticare che le responsabilità risiedono in tutti i Governi degli ultimi anni che, a parte quello in carica durante la pandemia, hanno ridotto i finanziamenti disponibili a tutela della salute. Sulla situazione attuale però, proprio la pandemia aveva consentito di leggere segnali importanti che è da superficiali ignorare, per non pensare al peggio, ma sicuramente non serio farlo quando si dovrebbe; è proprio in periodi favorevoli agli investimenti infatti che ci si dovrebbe premunire per il futuro. In sanità non è andata proprio cosi visto che la gestione finanziaria del Paese si è ottenuta sempre tagliando fondi nei capitoli che garantivano la salute [3].
Dopo quanto è accaduto con l'esplosione del contagio da Wuhan però, sono scattati programmi e stanziamenti imponenti che avrebbero dovuto orientare verso la soluzione di ricerca di personale, strutture e mezzi tecnologici per rafforzare una sanità rivelatasi carente. Invece anche dalla destra dell'esecutivo Meloni, che pure di annunci ne aveva diffusi quando non aveva responsabilità dirette di governo, sui circa 40 miliardi di tagli che dal 2010 ad oggi si sono osservati, non è giunta, almeno non ancora, nessuna ipotesi di adeguamento per le necessità emerse.
Il personale, spesso vessato e malpagato, continua la sua fuga verso ipotesi di lavoro più rispettato e pagato, riforme sul corso di laurea in medicina non sono state formulate, e, consapevoli che la formazione di un medico avviene in anni non avrà un impatto risolutivo immediato. Anzi, non essendo neanche iniziata, sarà sempre più spostata nel tempo. Nel frattempo comunque quel che incide sono i dati numerici inconfutabili: nel 2025 considerando l'inflazione si avranno 75 miliardi disponibili mentre nel 2006 ne erano 90. Nozze con fichi? Coperta corta? Tant'è!
La differenza di spesa pro-capite tra i paesi appartenenti all'organizzazione per Cooperazione e Sviluppo Economico (OCSE) e l'Italia inducono chiaramente a cosa si andrà incontro come spiega Nino Cartabellotta, medico e presidente della Fondazione GIMBE: «Gli effetti del definanziamento in sanità sull'organizzazione dei servizi si vedono dopo qualche anno. Quelli sull'accesso alle cure dopo lustri.Le conseguenze su salute e aspettativa di vita dopo decenni».
In un decennio questo è quanto avvenuto: medici ospedalieri 4.800 in meno, 9.000 infermieri in meno, che trovano conferme sbilanciate nei 111 ospedali in meno e nei 30.492 posti letto in meno; poi ancora 8.000 in meno tra medici di famiglia e guardie mediche mentre di contro nel privato le Regioni pagano 993 enti privati che prima erano 443.
Ovviamente un'analisi delle prestazioni tra pubblico e privato mostrerà che le prestazioni sanitarie, nella stragrande maggioranza dei casi risolte e pagate ai privati convenzionati, sono quelle meno complesse e più redditizie mentre a carico del pubblico restano i servizi più costosi. Servizi ad esempio come la medicina trasfusionale o di pronto soccorso sono essenziali nei processi salvavita e sicuramente generano costi nei bilanci ma si tratta di prestazioni non mediabili come dovrebbe trattarsi per ogni prestazione ad uguale finalità. I tagli però significano inefficienza sanitaria, cure negate o posticipate in modo inappropriato, salute che diminuisce e di conseguenza significa che anche l'economia ne risulta perdente in una popolazione che gode minor salute. E, secondo l'Istat, sono oltre quattro milioni le persone che rinunciano a curarsi per le liste di attesa esasperanti nella sanità pubblica e, ovviamente, per costi fuori portata della sanità privata.
È del tutto evidente che la parte ricca del paese cercherà economicamente di risolvere favorevolmente la ricerca di prestazioni sanitarie richieste. Sulla qualità di esse occorrerà però un distinguo cui non si potrà sfuggire cioè: se il livello generale delle prestazioni sanitarie a causa di tagli, mancanza di adeguamento tecnologico di uomini e mezzi, liste di attesa sempre più difficilmente compatibili con le esigenze, si sposterà verso il basso, si è così sicuri che anche a pagamento si possa ottenere una sanità del livello adeguato? E quale risulterà il servizio ottenuto dai fruitori nei Pronto Soccorso che non potranno sottrarsi al generale assottigliamento di mezzi e personale che già è intollerabile oggi e non vede miglioramenti all'orizzonte?
Serve anche a poco, visto a quale risultato porta il ricorso al richiamo costituzionale in altri settori, ma quello che è il diritto alla salute sembra adesso più una presa in giro che realtà, mentre diventa sempre più una certezza la considerazione che esso non sia più percepito come un servizio per tutti ed anche gratuito, ma ottenibile da chi ha risorse economiche oppure ha potuto cautelarsi attraverso il pagamento sottoscrivendo polizze assicurative sanitarie. Anche questo tipo di precauzione ha i rischi derivanti da una revocabilità discrezionale; magari possono garantire la soluzione nell'immediatezza se la prestazione da erogare dovesse rientrare in quelle a costi sostenibili, ma ognuno per le sue esperienze si è fatta idea su come il mondo assicurativo tratta i propri fruitori nel momento del bisogno. Un tradimento insomma della Costituzione e del pensiero più nobile che i nostri padri costituenti avevano voluto e sperimentato essere la strada giusta ed etica da percorrere.
D'altronde l'invecchiamento della popolazione ed anche l'aumento di alcune patologie non renderanno più agevole la fruizione di servizi sanitari. Un esempio è quello delle percentuali in aumento del cancro tra chi ha meno di cinquant'anni [4]. Se l'età si abbassa significa che si avrà bisogno di maggiori cure e diagnosi più accurate e prevenzione efficace ed allargata.
Le analisi e le previsioni dei grafici Gimbe sono chiarissime e purtroppo indicano che neanche miracoli, forse, potrebbero con immediatezza invertire la situazione. Inoltre dicono anche in modo più drammatico che più tardi si inizia con l'investire e proporre misure di adeguamento sostenibili ed efficaci, più soggetti ne dovranno subire nel tempo le conseguenze che tradotto significa rinunciare a salute ed in alcuni casi ridurre il proprio tempo terreno. Si tratta di numeri di una Sanità che collassa; probabilmente anche più preoccupanti di quelli cui esporrebbero gli effetti di una pandemia.
Resta da risolvere solo un quesito che è politico e che come tale espressione di decisioni che appaiono in questo momento della storia del Paese più orientate a definire i miglioramenti di alcuni ma non della collettività, men che meno di quelli ai margini della comunità che pochi non sono. Quali e quante risorse destinare per far tornare ad essere il nostro uno dei migliori sistemi sanitari nazionali come decretava nel 2000 l'Organizzazione Mondiale della Sanità che ci collocava al secondo posto dopo la Francia?
Si prendano i soldi da chi non è abituato a pagare e dai grandi patrimoni, le grandi nuove rendite acquisite finanziariamente o energeticamente ad esempio, oppure dalle ipotesi di opere faraoniche, ponte sullo Stretto, inutili per lo scopo e dannose per l'ambiente come la pista di Cortina (si pensi a questo proposito che esiste una soluzione facile, utilizzare la pista di Innsbruck disponibile a due passi). Il recupero delle somme potrebbe continuare con la tassazione sui profitti web mediati che finiscono all'estero o quelli addirittura non ben definiti che finiscono in tasche sconosciute alla fiscalità. E nell'immediato forse si potrebbe far ricorso al fondo sanitario europeo del Mes, come spiega Alberto Bruschini, «per la ”missione salute” nel PNRR sono previsti 15,6 miliardi, in larga misura destinati alla realizzazione di infrastrutture e all'acquisizione di tecnologie, insufficienti a riequilibrare le carenze crescenti. I 37 miliardi del Mes sanitario, sarebbero necessari per integrare le risorse del PNRR in modo da realizzare un programma sanitario nazionale di lunga durata, rivolto a ripristinare, su livelli accettabili, le retribuzioni del personale, nonché i servizi resi dai sistemi sanitari regionali, ottimizzandoli con il rilancio degli investimenti, tra cui la formazione di personale specialistico» [5].
Di soluzione ce ne sono ma la destra al Governo ha altro a cui pensare.
Emidio Maria Di Loreto
[1] Elisa Campisi, Sardegna, lettera choc al paziente oncologico: «Sei mesi di attesa per la radioterapia, deve uscire dalla Regione», 5 settembre 2023.
[2] Andrea Capocci, Il Manifesto, Immagini truccate e ricerche riciclate. A firmarle è Schillaci. https://ilmanifesto.it/immagini-truccate-e-ricerche-riciclate-a-firmarle-e-schillaci, 14 settembre 2023.
[3] Bancomat di Stato. I tagli continui alla Sanità italiana dal 2010 a oggi
[4] Francesca Cerati, Cancro tra gli under 50: aumento del 79% negli ultimi 30 anni, 6 settembre 2023
[5] Alberto Bruschini, «Il governo dimentica la sanità. Nel bilancio neanche una parola su come salvare il Ssn», 12 settembre 2023
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