
Nel 2011 stavo facendo l’Erasmus a Bruxelles, fu li che conobbi Geert Goiris, un fotografo belga che ci diede come compito quello di fotografare le comunità di immigrati, cercando di individuare come manifestavano la loro doppia identità in un paese straniero, attraverso quali rituali.

Foto Andrea Falcone
Partendo da questo progetto divenni un grande ammiratore di Geert, attratto dal magnetismo delle sue immagini. Ebbi la fortuna di accompagnarlo in vari viaggi a caccia di immagini, uno dei più bei viaggi, da cui feci ritorno solo due anni più tardi, fu quello che mi portò a Santiago del Cile, per una residenza artistica del MAC, Il Museo di arte contemporanea di Santiago.

Geert Goiris è un moderno cacciatore di immagini, lavora con la fotografia riprendendo il sottile confine che esiste tra realtà e finzione.
Le sue immagini sono caratterizzate da incontri con situazioni che appaiono essere fuori da ogni classificazione temporale e spaziale.

La sua tecnica di lavoro dona un effetto surreale alle immagini, utilizzando esposizioni molto lunghe Goiris traccia lo scorrere del tempo sulla lastra fotografica, dando luogo a risultati inaspettati e dettagli impossibili da cogliere per l’occhio umano.
Nella nostra ricerca ascoltavamo tutti gli aneddoti che gli abitanti ci raccontavano sui luoghi che visitavamo, le cose “strane” che erano successe nei posti che visitavamo, come ad esempio una casa schiacciata da un masso, una scogliera che veniva usata dal plotone di esecuzione dai militari di Pinochet, i cimiteri dei minatori del Salnitro o il ponte sacro agli indigeni degli altipiani deserti, si diceva che fosse stato creato dal divino in una notte, per permettere alla tribù di attraversare immuni dalle piene l’altro capo del fiume.
Appuntavamo tutti questi posti su una mappa e ne andavamo alla ricerca, chiedendo informazioni, aneddoti, storie di vita che potessero essere di ispirazione per generare un racconto attraverso le immagini, per far si che dalle immagini trasparisse l’atmosfera che respiravamo.

Decidemmo di fare un viaggio verso il nord, nel deserto di Atacama, attratti dai racconti di città fantasma che venivano usati come centri di detenzione durante la dittatura; dai geoglifi che gli antichi avevano disegnato nel deserto per incutere timore alle popolazioni rivali che si avvicinavano al loro villaggio; dai cimiteri, che fracassati dai terremoti restituivano corpi che non si erano mai decomposti a causa della mancanza d’acqua nell’atmosfera. Atacama è il deserto più secco del mondo, tutto si conserva, il tempo si ferma su tutto ciò che si immerge.

Ebbi un esperienza meravigliosa accompagnando Geert in questo viaggio per il nord del Cile e rimasi con il desiderio di fermarmi di più a Santiago per poter conoscere di più questa città che traspirava magia.
Trovavo in Santiago l’atmosfera che avevo sempre immaginato nella Parigi dei primi del 900, con le sue case antiche e le sue strade piene di un umanità vibrante, desiderosa di vivere, spontanea e sincera.
Alla festa di presentazione della mostra di Geert conobbi Ivan Timm, era il videomaker e il direttore di produzione di un collettivo di artisti, il Collectivo lepidoptero, lui mi propose di rimanere. Non c’era uno stipendio ma un letto in una casa occupata che, con il tempo e il duro lavoro di restauro, divenne Casa Alianto, una residenza per artisti internazionale e un centro di sperimentazione artistica nel barrio Yungay, uno dei quartieri più antichi e ricchi della città, che ora ospitava la classe popolare e i giovani artisti che non si potevano permettere di vivere altrove.


Mi fermai una anno e mezzo in casa Alianto, c’era inizialmente Papelyo, un idraulico ed elettricista molto attivo politicamente, lui era l’ingegnere della casa; poteva riparare qualsiasi cosa, Grazie alle sue conoscenze nell’amministrazione comunale era riuscito a fare arrivare nella casa acqua ed elettricità senza alcun costo, diceva che tutto questo era per “la causa”. I suoi occhi si illuminavano quando diceva che era necessario creare un sistema nuovo di collettività.
Sognavo attraverso le persone che incontrai in casa Alianto. Trovavo in loro la necessità di condividere, lottare e costruire.
Francisco Muñoz era un regista e scrittore con una sensibilità che mi ricordava i film di Jean Cocteau, facemmo insieme dei progetti per dei cataloghi di moda di vari designers di Santiago che venivano anche pubblicati sulla rivista America Exotica, la rivista del collettivo.

Io mi mantenevo facendo servizi fotografici e nel frattempo conoscevo sempre più profondamente questa città misteriosa pulsante di vita.
Che sogno Santiago de Chile. La notte mettevo sotto il cuscino un fiore di Floripondio, si dice che possa mantenere i sogni più vividi. A volte se chiudo gli occhi ancora posso vedere la Cordillera, i suoi profili innevati sembrano denti che affondano mordendo il cielo rosso della città d’estate.
Andrea Falcone
Il lavoro di Geert Goiris: https://www.geertgoiris.info/
Casa Alianto: www.facebook.com/espacio.ailanto/
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