Sapremo approfittare della pandemia per invertire la rotta verso il Pianeta?

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La crisi sanitaria e la depressione economica che stiamo vivendo potrebbero essere un’occasione unica per cambiare rotta e proteggere il Pianeta dai rischi concreti di una vita radicalmente diversa da quella che abbiamo vissuto in questi decenni. E non è nemmeno scongiurato il rischio di una vera e propria estinzione nel giro di qualche decennio, questo perché potrebbe esserci una reazione a catena non controllabile.

La dimostrazione che consumando e viaggiando meno si possono ottenere dei risultati concretamente immediati. Del resto il notevole aumento degli spostamenti, anche per turismo, sta nuovamente allarmando le autorità sanitarie e politiche che si stanno affrettando ad irrigidire alcune disposizioni.

Proprio a causa della pandemia e delle disposizioni che hanno confinato ampi strati di popolazione, secondo il Rapporto di Climate Action Tracker, le emissioni mondiali di CO2 sul Pianeta, quest’anno, dovrebbero scendere tra il 4 e l’11% rispetto al 2019, mentre nel 2021 la forchetta va da un 1% al di sopra a un 9% al di sotto dei livelli del 2019. Ma come si legge nel Rapporto «non c’è niente da celebrare, come mostra il nostro studio, se le strategie di sviluppo a basse emissioni di carbonio non saranno implementate nei pacchetti di stimolo economico per la ripresa dalla COVID-19 dopo una pandemia, le emissioni potrebbero rimbalzare e persino superare i livelli precedentemente previsti per il 2030, nonostante la minore crescita economica» [1].

E al di là di molti proclami, anche in Italia e in Europa, temiamo che la sterzata non ci sarà per rincorrere con ogni mezzo una ripresa totale. E questo, sempre guardano al Rapporto, nonostante il “costo” da pagare per la transizione ecologica sia irrisorio a livello mondiale – ricordiamoci che occorrono iniziative coordinate e globali – e cioè di 1.000 miliardi l’anno, l’equivalente dell’1,2% del PIL mondiale. Investimenti utili a portare le emissioni a 24-27 miliardi di tonnellate equivalenti di CO2 all’anno nel 2030 e con una crescita della temperatura di 1,5 gradi.

Il mio pessimismo deriva dal fatto che di recente abbiamo sprecato una grande occasione per invertire la rotta rispetto ad una società che corre verso il consumo e una sempre maggiore disuguaglianza: la crisi finanziaria iniziata sul finire del 2007. Come scrive Sonia Sodha «per un po’, sembrava che potesse succedere qualcosa: gli economisti avevano progettato indici globali di “felicità” e l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha dichiarato una “giornata di felicità mondiale”. Ma non solo non è cambiato nulla: è stato utilizzato come copertura politica per le agende più oscure. Il Bhutan ha adottato una misura per la Felicità Nazionale Lorda nel tentativo di commercializzarsi globalmente come paese “felicità”, mentre si sovrappone la sua storia di violazioni dei diritti umani e pulizia etnica. Nel Regno Unito, David Cameron si è impegnato a creare un indice nazionale di benessere mentre riduceva i servizi di salute mentale, i servizi per i giovani e i centri per l’infanzia». Non solo ma «i nostri sistemi politici ed economici sono completamente indisposti ai cambiamenti radicali di cui abbiamo bisogno per promuovere il benessere sulla ricchezza e proteggere il pianeta. Il breve termine è ovunque, dai politici che affrontano le elezioni ogni pochi anni ai direttori d’azienda che devono tenere conto dei risultati trimestrali» [2].
Come dice lei bisognerà rivedere la prospettiva temporale per renderci parteci di quanto accade nel futuro e per le nuove generazioni. Ma temo non basti se non si ridimensionano i poteri economici e finanziari.
Pasquale Esposito

[1] https://climateactiontracker.org/documents/706/CAT_2020-04-27_Briefing_COVID19_Apr2020.pdf
[2] Sonia Sodha, “We’ve got to start thinking beyond our own lifespans if we’re going to avoid extinction”, https://www.theguardian.com/commentisfree/2020/aug/16/weve-got-to-start-thinking-beyond-our-own-lifespans-if-were-going-to-avoid-extinction, 16 agosto 2020

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