
Di passaggio a Milano da Bucarest, in febbraio ho visitato la mostra “Saul Steinberg Milano New York”, ora prorogata fino al 1° maggio alla Triennale di Milano. Ero incuriosita da questa figura di artista, ebreo rumeno di nascita e americano d'adozione, difficilmente inquadrabile in un genere specifico, che ha trovato nel disegno e nell'illustrazione la propria cifra, lavorando però con tecniche diverse e utilizzando talvolta anche materiali come la carta o la stoffa. Egli stesso amava ricordare come il mondo dell'arte non sapesse bene dove collocarlo. Le 350 opere, tra cui molti disegni sia a matita che a penna, illustrazioni ad acquerello, maschere di cartone e collage, sono esposte nel suggestivo spazio della Curva al primo piano della Triennale.
Colpisce come attraverso l'utilizzo di una linea, a volte tracciata senza mai staccare la mano dal foglio, Steinberg fosse in grado di rappresentare situazioni e problemi complessi, come la violenza e la distruzione che la guerra porta con sé. Tra le opere più interessanti c'è “l'alfabeto di guerra”: ad ogni lettera corrisponde una vignetta su un tema o un personaggio legato al secondo conflitto mondiale. Nella sua concezione, la linea riesce a ben rappresentare anche le parole e i discorsi delle persone: i politici si esprimono tramite volute di fumo, gli avvocati attraverso labirinti, i bambini invece con tratti morbidi e tondeggianti. Altro soggetto caro a Steinberg sono gli animali, che spesso assumono sembianze umane (e viceversa). Ci sono poi alcune scene di vita quotidiana di New York o Milano, tra cui spicca il famoso disegno in china e acquarello della Galleria Vittorio Emanuele. A metà percorso si trovano le maschere fatte con le buste del pane di carta marrone, che lui e i suoi amici indossavano per poi farsi fotografare e che rappresentano le maschere che tutti portiamo per adeguarci ai sistemi sociali e politici in cui ci muoviamo. Nucleo centrale della mostra sono i leporelli del Labirinto dei Ragazzi, installazione realizzata a Milano nel 1954 in occasione della decima Triennale. Si tratta di lunghe strisce di carta con i disegni preparatori che poi, ingranditi, vennero incisi sui muri curvi del labirinto e sono oggi parte delle opere donate alla Biblioteca Nazionale Braidense dalla Saul Steinberg Foundation. Alla fine della mostra si trovano alcune copie del “New Yorker”, la rivista con cui iniziò a collaborare negli anni Quaranta realizzandone molte copertine tra cui una delle sue opere più celebri: la copertina del 29 marzo 1976 View of the world from 9th avenue.
La linea capace di raccontare, di diventare una vera e propria storia sostituendosi quasi alla scrittura, un tratto pungente, divertente, ironico, solo apparentemente leggero: questo in sintesi il lavoro di Steinberg. Le opere esposte alla Triennale sono accompagnate da molti apparati documentali e fotografici che aiutano il visitatore a esplorare il suo percorso umano oltre che artistico e che lo conducono attraverso un viaggio lungo tutto il Novecento.

Sono tornata in Romania con il desiderio di ritrovare i luoghi in cui Steinberg ha vissuto da bambino e da ragazzo. La sua storia inizia nel 1914 a Ramnicu Sarat, una cittadina a 150 chilometri a nord est di Bucarest che conserva ancora oggi il bel municipio in stile francese. L'anno seguente la nascita di Saul, la famiglia decide di trasferirsi nella capitale dove, da dopo la guerra, s'installa in una casa in Strada Palas. Inutile però cercare oggi la piccola casa bianca che Saul, artista famoso nel mondo ma quasi dimenticato in patria, disegnerà più volte durante la sua carriera. Attraverso qualche ricerca è facile scoprire che si trovava nel pittoresco quartiere Uranus, caratterizzato da strette stradine antiche, pavimentate in pietra, abitato per decenni da artigiani e piccoli imprenditori. Proprio il quartiere che nel 1984 è stato interamente demolito per fare spazio al folle progetto di Ceaușescu di costruire un nuovo centro politico amministrativo dominato dalla mastodontica Casa del Popolo, che oggi ospita il Parlamento rumeno. Ma mentre negli anni Ottanta la casa dove era cresciuto Saul veniva distrutta, egli era molto lontano dalla sua terra natale: si trovava a New York dove sarebbe morto nel 1999.
L'infanzia e l'adolescenza trascorse in Romania sono per Saul, come ha più volte ricordato, un incubo. Un violento antisemitismo imperversa in quegli anni nel paese e il liceo Basarab (tutt'oggi prestigiosa istituzione scolastica cittadina), pur contando quasi una metà di studenti di origine ebraica, non ne è certo esente. Terminato il liceo nel 1932, Saul si iscrive alla Facoltà di Lettere e Filosofia, ma il clima si fa sempre più irrespirabile: sono gli anni in cui il movimento fascista e ferocemente antisemita della Guardia di Ferro guidata da Corneliu Zelea Coreanu prende piede, esercitando un certo fascino anche su molti intellettuali di primo piano. Si preparano le violenze che verranno descritte nel diario dello scrittore Mihail Sebastian (Jurnal 1935-1944, Humanitas 2005), altro ebreo rumeno la cui storia varrebbe la pena di raccontare.
Steinberg parte per Milano dove si iscrive ad Architettura. Al capoluogo lombardo, allora centro internazionale in grande fermento per il disegno industriale, l'architettura e la moda, dedicherà, come si è visto, moltissimi disegni. Quello milanese è per lui un periodo appassionante e indimenticabile. Il suo ritrovo preferito è il Bar del Grillo di via Pascoli, dove trascorre il tempo con tanti amici, primo tra tutti Aldo Buzzi. A Milano Steinberg si guadagna da vivere disegnando vignette umoristiche per “Il Bertoldo” di Guareschi e poi per “Il Settebello” di Zavattini. Fino a quando le leggi razziali promulgate nel 1938 sconvolgono di nuovo la sua esistenza. Riesce a rimanere in Italia fino alla laurea, ma non può più lavorare per Il Settebello e viene quindi aiutato dagli amici Gio Ponti, Luciano Pozzo e Aldo Buzzi. Ma dopo aver terminato gli studi viene arrestato e, trascorso qualche giorno nel carcere di San Vittore, è internato a Villa Tonelli di Tortoreto per un mese. Rilasciato, raggiunge gli Stati Uniti nell'estate del 1941. Durante la seconda guerra mondiale presta servizio come ufficiale nei servizi segreti della marina militare e viaggia moltissimo, dall'Africa all'estremo oriente, senza mai smettere di disegnare con il suo tratto inconfondibile vignette di propaganda antinazista e antifascista e scene di guerra. Nel secondo dopoguerra la sua fama di illustratore di vignette mute si consolida: è in quegli anni che comincia la già citata collaborazione con il “New Yorker”. Il suo legame con gli amici milanesi non venne mai meno, come dimostrato dalle Lettere ad Aldo Buzzi (Adelphi 2002) che ripercorrono tutta la seconda metà del Novecento, fino alla morte di Steinberg. Nel 1974, Aldo Buzzi e Saul Steinberg registrano la prima di una serie di conversazioni autobiografiche che, sbobinate e trascritte, sono state pubblicate postume con il titolo Riflessi e ombre (Adelphi 2001).
Non sembra che Saul abbia mai fatto pace con il suo passato e con le sue origini rumene. Non amava parlare la sua lingua madre né ricordare la parte della vita trascorsa nel suo paese: l'antisemitismo “mi ha fatto rinunciare per sempre a quella fottuta nazione, rimanendo fedele solo al paesaggio, all'odore, alla casa di Strada Palas”, ha affermato in una delle conversazioni con Buzzi. E infatti Steinberg, come già ricordato, ha spesso disegnato quella casa, evidentemente amata. All'inizio degli anni Ottanta, però, un amico gliene fece avere una fotografia. Saul ci rimase male nel constatare che molto era cambiato, tanto da chiedere ad altri amici di fotografarla nuovamente d'inverno, in modo che la neve, coprendo macchine e strisce pedonali, rendesse meno evidente il cambiamento. Allora fu sollevato nel vedere il cortile, il numero civico e il campanello: gli sembrò (ma era un'illusione) che tutto fosse quasi inalterato, cinquant'anni dopo la sua partenza. A un certo punto sentì il desiderio di tornare a Bucarest per rivedere direttamente quella casa, il cui pensiero gli suscitava una struggente nostalgia nonostante il rancore verso la Romania. Ma, scrive con amarezza a Buzzi il 15 aprile 1989 riferendosi al fatto che tutto era ormai stato raso al suolo dal dittatore Ceaușescu: “il mio piano per liberarmi dal peso del passato è già stato risolto, in modo drastico, e non ho alcun desiderio di visitare l'imbecille futuro”.
Giuliana Arena
Triennale – Milano
Saul Steinberg Milano New York
fino al 1° maggio 2022
Saul Steinberg Milano New York
Un progetto di: Triennale Milano e Electa
A cura di: Italo Lupi e Marco Belpoliti con Francesca Pellicciari
Allestimento: Italo Lupi, Ico Migliore, Mara Servetto con Migliore+Servetto Architects
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