
Sono giorni che la tensione, non solo verbale, tra la Grecia e la Turchia è alta con un continuo scambio di accuse sullo status delle isole del Mar Egeo situate a poche miglia dalle coste dell’Anatolia. La Turchia chiede alla Grecia di de-militarizzare quelle isole che furono cedute alla Grecia in base ai trattati del 1923 e del 1947, secondo Ankara, a patto che non avessero installazioni, armamenti e truppe.
Atene sostiene che le regole dei trattati di pace firmati dopo le due guerre mondiali non sono quelle e che la Grecia da decenni tiene militari sull’isola per difendersi.
Il ministro degli Esteri turco Mevlut Cavusoglu ha più volte detto che il suo Paese – in caso di un continuo processo di militarizzazione delle isole – avrebbe iniziato a mettere in discussione la sovranità greca sulle isole stesse.
ll presidente turco Tayyip Erdogan durante il suo viaggio diplomatico nei Balcani, lo scorso 6 settembre, dichiarava che «quando diciamo che possiamo arrivare di notte significa che possiamo arrivare. Perché ho detto questo? Hanno in mano queste isole e su queste isole ci sono basi e molto altro. Se le minacce illegali continuano, anche la pazienza finirà». La risposta del ministro degli Esteri greco Nikos Dendias è stata immediata: «vorrei consigliare a chi sogna attacchi e conquiste di pensarci tre o quattro volte. Siamo in grado di difendere la nostra patria e la nostra indipendenza territoriale».
Nei giorni precedenti c’erano state altre accuse reciproche quando la Turchia aveva accusato la Grecia di azioni ostili in quanto i suoi aerei da combattimento F-16 erano sono stati agganciati dal sistema di difesa aerea greco S-300. La Grecia a sua volta ha accusato più volte la sua rivale di sorvolare le isole greche. E tutto questo ricordando che le due nazioni sono dentro la NATO.
A Bruxelles sono preoccupati di questa escalation anche se è più l’attivismo di Ankara a dettare maggiori sospetti. Peter Stano, portavoce del capo della politica estera dell’Unione europea Josep Borrell ha dichiarato che «le continue osservazioni ostili della leadership politica della Turchia contro la Grecia […] sollevano serie preoccupazioni e contraddicono pienamente i tanto necessari sforzi di riduzione dell’escalation nel Mediterraneo orientale».
Va ricordato che queste ostilità devono essere collocate in un contesto di relazioni conflittuali più ampie che riguardano la divisione di Cipro divisa in una parte greca e l’altra turca, lo sfruttamento dei giacimenti di idrocarburi nel Mediterraneo orientale e i migranti.
Tralasciando in questa sede la questione di Cipro da un punto di vista politico, la Turchia non avendo riconosciuto l’attuale ripartizione del Mediterraneo orientale, nel 2019 firmava un accordo con la Libia, in cambio di aiuti militari e non al governo di Tripoli, per ridefinire le zone economiche esclusive (ZEE) con il risultato di contrapporsi alle strategie e alle zone di altri paesi inclusi Grecia e Italia.
Sulla questione migranti la Grecia ha sempre accusato la Turchia di usare uomini donne e bambini che fuggivano dalle loro terre per fare pressione su Atene e per ricattare l’Europa. A questo proposito la Grecia ha da poco deciso di allungare il muro – costruito nel 2012 e attualmente di quaranta chilometri – a 180 chilometri lungo il confine settentrionale con la Turchia per bloccare i migranti.
Pasquale Esposito
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