
L'idea di fondo è avvincente: rappresentare sulla scena Moana Pozzi figura iconica del porno mainstream in Italia. Dire Moana Pozzi equivale a raccontare il porno di corpi esibiti e godenti. Ma la sua è vera pornografia? È questa la domanda di fondo che Ruggero Cappuccio pone a sé stesso e al pubblico con la sua scrittura. Arrivando a rispondere con la voce di Moana Pozzi in Settimo senso, che la vera pornografia è quella di un sistema sadomasochistico che non è neanche in grado di faci godere.
Moana Pozzi, sulla scena vero e proprio alter ego di Ruggero Cappuccio, sostiene che la vera pornografia non è quella dei corpi e dei loro amplessi esibiti, è quella dei migranti lasciati morire in mare, della gente che muore di fame, dei bombardamenti.
Moana Pozzi ha segnato un'epoca e un pezzo della storia italiana, anche quella politica con il Partito dell'Amore insieme alla compagna di gang bang Ilona Staller. Moana Pozzi ha colpito per l'intelligenza, il carisma, la sensibilità. Su queste tre parole: intelligenza, carisma, sensibilità sarebbe fin troppo semplice fare facili ironie. Ma è proprio grazie a queste caratteristiche che l'attrice ha potuto trasformare in arte nudità e purezza di un corpo ostentato. Perché come ha detto lo scrittore Emanuele Trevi in un nostro incontro, la buona pornografia è arte.
Trasformare Moana Pozzi nella protagonista di una pièce teatrale è un azzardo difficile da vincere. Si tratta di un personaggio estremamente complesso, che avrebbe avuto la necessità di una scrittura altrettanto complessa, ma che nel caso specifico scade frequentemente nella verbosità.
Non sono in grado di dire molto su Euridice Axen, la protagonista dello spettacolo. Tre quarti del tempo li ho trascorsi con la scena oscurata dai tendaggi della scenografia che impedivano la vista di ciò che accadeva sul palco. Peccato che la regia non si sia accorta di questo inconveniente. Può accadere che una scenografia sia sbagliata. Può accadere ma non deve accadere. Compito primario di un regista, di una produzione, è quello di mettere il pubblico in condizioni di godere dell'evento artistico.
Più che assistere a uno spettacolo teatrale io e altri spettatori abbiamo ascoltato un radiodramma. Presumo che Euridice Axen abbia buone qualità recitative e interpretative visto il percorso artistico fin qui vissuto. Ma a mio parere in questo spettacolo non è accompagnata da una regia e da una scrittura adeguate. Mi è sembrato che alla Axen fosse richiesto anche di essere pornografica, ma non essendo nata come attrice porno, ha una certa difficoltà ad entrare pienamente nel ruolo, peraltro non sostenuto da accorgimenti che potessero aiutarla nei momenti più provocanti, volgari, sfrontati.
In Settimo senso c'è poi un problema più specifico, che non riguarda soltanto questa pièce ma il teatro in generale. I monologhi sono una brutta bestia. Possono davvero sancire il successo o l'insuccesso di carriere luminose e far precipitare nello sconforto anche attori ben più navigati.
Peccato che questo lavoro non sia stato all'altezza delle aspettative. Altre scritture di Ruggero Cappuccio erano state in grado di parlarmi al cuore e alla mente. Traccia di questa bellezza e raffinatezza di scrittura rimane nel titolo, vera e propria chiave di uscita dal non senso dei nostri tempi. Il Settimo senso diventa così possibilità trasformativa, possibilità di trovare attraverso l'esperienza vissuta il legame con il mondo e con gli altri così come recita Moana/Euridice.
Teatro Franco Parenti – Milano
13 – 18 Dicembre 2022
Settimo senso
Moana Pozzi
di Ruggero Cappuccio
regia Nadia Baldi
con Euridice Axen
costumi Carlo Poggioli
musiche Ivo Parlati
progetto luci e scene Nadia Baldi
produzione Teatro Segreto
durata 60′
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