Sicurezza sul lavoro: le disposizioni emanate e quelle mancate

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Gli ultimi dati sull’andamento dell’economia italiana, ci confermano una ripresa dei ritmi produttivi e dei consumi tali da determinare un incremento del PIL per l’anno in corso del 5,9% e più del 4% nel 2022 secondo l’OCSE[1] e se si guarda alle ultime rilevazioni ISTAT il tendenziale per l’anno in corso è pari a +6,1%.

A questi indubbi segnali positivi, e come per una sciagurata legge del contrappasso, fa da riscontro un dato che definire allarmante è riduttivo. Le morti di uomini e donne sul lavoro continuano ad aumentare.
Ormai l’annuncio quotidiano di decessi è diventato più simile ad uno scontato bollettino di guerra che ad una notizia dal carattere eccezionale. Con una media di 3 morti al giorno, nei primi nove mesi dell’anno si sono registrati 772 decessi con un incremento delle denunce all’INAIL per infortunio, rispetto all’anno precedente, dell’8,5% [1].
D’altronde il recente appello del presidente dell’Ordine dei Tecnici della Prevenzione, Di Giusto ha evidenziato la carenza di almeno 1.400 unità necessarie per lo svolgimento del loro lavoro che, tra inevitabili pensionamenti, pastoie burocratiche, porta questi ispettori a poter visionare la stessa azienda una volta ogni 28 anni.
Non si può escludere che anche la ditta in provincia di Prato dove è morta a poco più di 20 anni Luana D’Orazio potrebbe non aver mai ricevuto la visita degli ispettori. Quel macchinario che l’ha uccisa era stato modificato, e quindi manomesso, soltanto nella speranza di aumentare la produzione, di una percentuale quasi ridicola dell’8%. Inoltre, la ditta non aveva fornito neanche gli indumenti idonei a quel tipo di lavoro esponendo ancora di più la dipendente al verificarsi dell’evento mortale. E tutto questo in spregio delle più elementari norme di prevenzione, oltre al manifesto disprezzo nei confronti della vita umana.
Un aspetto importante del sistema prevenzione, potrebbe essere individuato anche nelle modalità di approccio al lavoro, dove si evidenzia la quasi inesistente percezione del pericolo che troppi, imprenditori e lavoratori, manifestano. Questo dato allarmante è quanto risulta dall’indagine c.d. “INSuLA 2” svolta dall’INAIL proprio sulla percezione dei rischi da parte dei lavoratori e analizzato su di un campione di 8 mila lavoratori e 1.000 datori di lavoro. L’indagine evidenzia una “elevata preoccupazione per il rischio stress-lavoro e altri rischi psicosociali. La maggior parte dei rispondenti percepisce poco o per niente la presenza dei rischi per la salute e la sicurezza sul lavoro nella propria azienda. Si sente poco o per niente esposta ai rischi per la SSL (Servizi Sicurezza Lavoro-N.d.r.), ha poca o per niente paura di ammalarsi o di infortunarsi a causa del proprio lavoro” [2].

Sempre l’INAIL pone in evidenza un altro dato che molto spesso viene dimenticato o accorpato alla percentuale globale degli incidenti, senza essere quindi mai analizzato nella sua drammatica incidenza. Sono gli incidenti in “itinere, cioè quelli che possono accadere nel tragitto casa/lavoro e ritorno. L’Istituto ci dice che nel periodo gennaio/agosto 2021 sono aumentati in maniera abnorme, passando da 38.000 a 45.821 con un incremento pari al 20,6%.

Di fronte queste cifre lo stesso presidente Mattarella si è espresso in maniera categorica inviando un messaggio al presidente dell’ANMIL (Associazione Nazionale Mutilati Invalidi sul Lavoro) nel quale afferma: ”Le tragedie a cui stiamo assistendo senza tregua sono intollerabili e devono trovare una fine, rafforzando la cultura della legalità e della prevenzione. Le leggi ci sono e vanno applicate con inflessibilità”.

Queste parole sembrano aver accelerato l’approvazione da parte del Consiglio dei Ministri il 15 ottobre scorso del Decreto Fiscale 2022 collegato alla Legge di Bilancio, apparso in Gazzetta Ufficiale il 21, nel quale sono assunte anche importanti decisioni che riguardano il lavoro. Viene in pratica aumentato il numero degli ispettori del lavoro di altre 1.024 unità tramite un concorso pubblico, che vanno ad aggiungersi alle 2.561 unità attualmente in servizio; è altresì prevista la creazione di una banca dati informatica unica, che permetterà lo scambio di informazioni tra Ispettorato Nazionale del Lavoro, INAIL, Regioni e ASL.
Tra le norme approvate c’è anche l’introduzione delle sanzioni per quelle aziende che non rispettano le regole sulla sicurezza, inadempienza che può preludere a una denuncia penale con una previsione di 6 mesi di carcere qualora l’azienda continuasse la produzione.
È prevista anche una stretta sul lavoro nero: la sospensione dell’attività produttiva avverrà con il 10% di lavoratori in nero e non più con un quota del 20%. Provvedimento quest’ultimo: perché consentire ad un’azienda di continuare a produrre con il 10% di lavoratori in nero? Un errore lo si potrebbe comprendere e allora parleremmo dell’1-2%. Di che sicurezza parliamo quando il 10% è un lavoratore inesistente per lo Stato?

Si sta cercando di dare forma e forza ad una legislazione sul lavoro che attendeva da anni di essere rivista e il vero salto di qualità può essere rappresentato dall’incremento degli investimenti nei corsi di formazione e addestramento, perché non va dimenticato che il 90% delle aziende in Italia sono di dimensioni medie o piccole e il più delle volte caratterizzate proprio dall’assenza di una cultura base sulla sicurezza.

Si sarebbe dovuto mettere sul piatto anche una patente a punti per le imprese per decretarne la partecipazione o meno alle gare. Un’altra questione che non è stata posta è quella dei macchinari spesso vetusti e non a norma che andrebbero incentivati alla rottamazione. Come scrive Marco Caldiroli, presidente Medicina Democratica e tecnico della Prevenzione, “basterebbe che il legislatore emanasse norme, già pronte, sulla revisione dei mezzi agricoli e relativa rottamazione per quelli non a norma per ridurre fortemente gli infortuni mortali da ribaltamento di mezzi che non hanno, per vetustà, alcun sistema di protezione dell’abitacolo e sovente neppure le cinture di sicurezza” .

In questo quadro che sta assumendo dei contorni sempre più concreti, non bisognerà sottovalutare la piaga del caporalato nelle campagne e quello c.d. industriale che riguarda la delicata materia degli appalti. Qui sarà necessario evitare trattamenti contrattuali diversi fra lavoratori che svolgono mansioni uguali all’interno dello stesso cantiere ma che sono dipendenti di imprese diverse causa i rapporti appalto/subappalto non sempre cristallini e spesso fonte di sfruttamento dei lavoratori.

La sicurezza sul lavoro deve restituire al dipendente non solo la certezza di poter fare ritorno a casa ogni giorno ma anche di mantenere quella dignità propria di ogni essere. Accanto alle tutele e alle protezioni necessarie nel corso della vita lavorativa, come un binario parallelo, non si dovrebbe dimenticare il giusto riconoscimento del salario, che non può essere considerata materia disgiunta dalle altre garanzie che di fatto costituiscono, o dovrebbero costituire, il corredo base riconosciuto ad ogni lavoratore. In Italia si assiste invece ad una preoccupante inversione di marcia: mentre il PIL aumenta, lo stipendio diminuisce, o non cresce.
Non è un problema da poco se si tiene anche presente quanto stabilito dalla Costituzione all’articolo 36 nel quale con brillante sinteticità stabilisce che: ”Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa. La durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge”.
Quindi il dettato costituzionale non si è preoccupato soltanto di fissare un principio formale di corrispettività – cioè la quantificazione della retribuzione legata alla quantità e qualità del lavoro – ma ha voluto anche affermare un proposito di valenza universale impedendo la mortificazione dell’individuo-lavoratore.
C’è evidentemente ancora molto da fare ma forse si è imboccata la strada giusta per porre fine ad ogni compromesso, fatto sulla pelle di chi lavora, e fermare per sempre le morti ingiustificate nei luoghi di lavoro.

Stefano Ferrarese

[1] fonte OCSE – OECD.org – 21 /9/2021
[2] fonte UNPISI (Unione Naz.Personale Ispettivo Sanitari d’Italia) – 10/10/2021
[3] fonte INAIL – “ INSuLA 2” – 8/4/2021
[4] Marco Caldiroli, “Oltre il bla, bla, bla su infortuni e morti sul lavoro”, 5 ottobre 2021

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