
Il mondo del calcio proprio non riesce a tenersi lontano da quella pozza di acqua stagnante che sono gli scandali o le gestioni societarie che definirle opache è veramente un eufemismo. Sembra quasi che da tempo tutto ciò che riguarda quello che noi nostalgici ci ostiniamo a chiamare calcio, non possa fare a meno per la sua sussistenza di servirsi di raggiri, truffe, scandali, corruzione e ogni altro strumento quasi sempre al di fuori degli schemi legali.
L’indice di inquinamento è ormai a livelli altissimi tanto che due autori come Carlo Canepa – collaboratore con il CRESA (Centro Ricerche Epistemologia Sperimentale e Applicata) – e Luciano Canova – docente di economia e divulgatore scientifico – hanno pubblicato un libro, La scienza dei gol, dove, e qui risiede l’originalità del lavoro, non si indaga sui vizi di questa disciplina sportiva bensì è lei ad essere presa come paradigma per poter spiegare il vantaggio che può offrire la corruzione nei diversi settori economici [1].
In sostanza, spiegano gli autori, il mondo del calcio offre un laboratorio naturale per spiegare quella che potremmo chiamare una economia della disonestà. Questo è possibile perché in tutto il mondo, le regole del gioco sono sempre le stesse e ciò rende il calcio facilmente confrontabile con situazioni e contesti che invece quasi sempre si presentano molto diversi tra loro da un punto di vista culturale. Il calcio, insomma, con tutto il suo pesante bagaglio corruttivo, ha molto da offrire agli analisti economici e delle altre scienze sociali, anche perché come osservano Canepa e Canova «il calcio è un gioco, ma anche un fenomeno sociale. Quando miliardi di persone si preoccupano di un gioco, esso cessa di essere solo un gioco» [2].
Gli autori non ci dicono cosa possa essere, ma proprio perché oltre essere semplicemente un gioco è anche un qualcos’altro, molte volte di difficile definizione, basta vedere l’organizzazione della struttura che gestisce il fenomeno sportivo per iniziare ad intuire molte cose. Questa è sostanzialmente paragonabile ad una piramide composta da tre livelli – mondiale, continentale e nazionale – al cui interno permane una certa autonomia nella gestione dei propri interessi. Le varie federazioni nazionali – come ad esempio la Federazione Italiana Gioco Calcio (FIGC) – vengono raggruppate in singole associazioni continentali come la UEFA nel caso dell’Europa. Compito delle sei federazioni presenti nel mondo, è quello di organizzare competizioni ufficiali per nazionali e club.
A coordinare le varie attività delle federazioni, occupando il vertice della piramide istituzionale, c’è la FIFA che governa di fatto tutti gli sport del calcio (a 11, a 5, fino al beach soccer) compresa la manifestazione più prestigiosa e cioè il Mondiale che si svolge ogni quattro anni e coinvolge più di 200 nazioni.
È evidente che gestendo l’evento sportivo più redditizio al mondo, più delle Olimpiadi, qualunque scelta venga fatta non può non essere vista attraverso la lente del profitto, del guadagno e del potere. E proprio questa logica, ad esempio, che ha portato all’assegnazione dell’ultimo mondiale al Qatar scatenando una dura contestazione di molte federazioni che però non sono riuscite a sfondare il muro dell’indifferenza anche quando, in un recente passato, forse il più grande giocatore di tutti i tempi, Maradona, ha definito la FIFA come il «parco gioco dei corrotti, habitat naturale di mafiosi, ladroni, dittatori e ignoranti» [3].
E la realtà di questi giorni sembra proprio convalidare, se mai ce ne fosse stato bisogno, la presenza di troppi coni d’ombra che ormai risiedono in pianta stabile sulle gestioni finanziarie ed economiche dei club, almeno quelli europei.
L’ultimo scandalo in ordine di tempo riguarda uno dei club più iconici di Spagna, il Barcellona, contro il quale è stata sollevata l’accusa di aver pagato fra il 2016 e il 2018, con regolare fattura, poco meno di 1,400 milioni di euro ad una società riconducibile a Josè Maria Enriquez Negreira, all’epoca dei fatti vice presidente del Comitato tecnico arbitrale della Liga spagnola, «per assicurarsi che non venissero prese decisioni arbitrali nei suoi confronti e che tutto fosse neutrale» come si legge nella relazione dell’Agenzia tributaria dopo i controlli effettuati dal Fisco sulla società di Negreira [4].
La replica del club catalano è stata a dir poco surreale e contorta, infatti la dirigenza sportiva ha ammesso di essersi avvalsa di un consulente esterno al solo fine di comprendere al meglio come comportarsi ed interpretare la complessità del regolamento nelle sue varie sfaccettature, il tutto peggiorato dal fatto che, sempre secondo i dirigenti, quella messa in atto sia una pratica comune fra le squadre di calcio professionistiche.
È ancora presto per parlare di possibili sanzioni in quanto sono in corso gli accertamenti del caso, ma già è in atto un fuggi fuggi generale dalle rispettive responsabilità come ad esempio quello della Real Federación Española de Futbol (RFEF) che ha preso immediatamente le distanze da Negreira «chiarendo che non fa parte di alcuna struttura federativa dal 2018 e che è a disposizione della giustizia per offrire la massima collaborazione nel caso» [5].
A calmare gli animi è intervenuto il presidente della Liga Javier Tebas che ha puntualizzato: «Non è possibile che ci siano sanzioni disciplinari. Sono trascorsi cinque anni e questo tipo di sanzioni si prescrivono a tre anni dal verificarsi. A livello sportivo non è possibile, ma può esserlo a livello penale» [6]. Staremo a vedere, ma intanto poco prima che scoppiasse il caso Barcellona, la stampa lusitana annunciava che la magistratura aveva aperto un corposo fascicolo sulla società del Benfica accusando il club di aver beneficiato di risultati manipolati in diverse partite. Al centro dello scandalo ci sarebbe l’ex giocatore Rui Costa, attuale presidente del club in sostituzione di Luis Vieira arrestato nel corso di un’altra inchiesta per frode fiscale e riciclaggio.
L’indagine della magistratura parte quando entra in possesso di alcune mail «scambiate fra alcuni dirigenti del Benfica, che dimostrerebbero il coinvolgimento della società in un giro di partite truccate, che avrebbero avvantaggiato le Aguias (le Aquile, nome del club che le adotta come simbolo; ndr) negli scorsi anni” [7]. È interessante notare che l’indagine della magistratura portoghese prende le mosse dall’utilizzo delle informazioni contenute nel sito di Football Leaks creato nel 2015 proprio per rendere pubblici vari documenti sulla corruzione nel calcio europeo.
Ma per rimanere in ambito continentale, non va sottaciuto il terremoto che sta investendo i campioni in carica d’Inghilterra, il Manchester City, messo sotto accusa dal board della Premier League per possibili violazioni delle norme finanziarie dal 2009 al 2018. Duri i commenti di tutta la stampa internazionale, dal New York Times a L’Equipe, ma è forse il The Guardian con la penna di Barney Ronay a mettere a nudo l’essenza del problema, infatti «le accuse, se provate, minacciano di minare l’intero edificio del potere dominante del calcio inglese dell’ultimo decennio. L’idea che le regole possano semplicemente essere ignorate se si hanno i mezzi e il potere, è moralmente ripugnante. Il calcio ha smesso di essere una favola da tempo, ma se il City viene ritenuto colpevole di aver modificato i libri su una intera era di successi calcistici inglesi, avrà praticamente spento quella luce per sempre, infranto non solo le regole ma l’incantesimo, la sensazione che ciò che stai guardando è ancora a un certo livello reale, credibile e diretto» [8].
È fin troppo evidente come il virus della corruzione e, potremmo dire, quasi la predisposizione genetica almeno dei grandi club al ricorso ai sotterfugi finanziari, sia talmente pervasivo che lascia pochi margini per immaginare una inversione di marcia. Nessuno, praticamente, può dirsi indenne dal contagio neanche club dell’emisfero orientale come quelli che operano in Cina.
Il continente asiatico apre scenari del tutto diversi da quelli che siamo abituati a commentare in occidente perché il movimento calcistico cinese è nato a traino del proprio governo il quale ha provato in tutti i modi a mettere le mani sul calcio investendo miliardi, facilitando anche l’acquisto delle star europee per raggiungere un unico scopo e cioè quello di diventare una super potenza del football entro il 2050.
L’obiettivo era, e forse lo è ancora, di sfruttare il calcio come un veicolo perfetto per ostentare al mondo la potenza del Paese e chiudere definitivamente il cerchio dopo aver già raggiunto risultanti eclatanti nelle gare olimpiche.
Per capire il fenomeno calcio in Cina basta ricordare che «alla fine del 2019, infatti, 27.000 scuole offrivano una educazione calcistica speciale a circa 27 milioni di studenti, cifre che si pronosticava potessero raggiungere il picco, rispettivamente, di 50 mila istituti e di 50 milioni di alunni entro il 2025. Portando, oltretutto, alla costruzione e alla ristrutturazione di 40 mila campi da gioco» [9].
Ma le sorti del calcio cinese, legate indissolubilmente alle scelte economiche del governo, hanno subito un drastico ridimensionamento che ha bloccato di fatto la sua ascesa. Questo però non ha impedito la crescente diffusione di scandali per corruzione, partite truccate e fallimenti societari sospetti. Ultimo a finire sotto indagine il presidente della CFA, la Federcalcio cinese, per “gravi violazioni di legge e disciplina”. In poche parole, corruzione. Sullo sfondo di questa ormai traballante realtà, non si contano le indagini giudiziarie su fin troppe società una volta leader sui mercati calcistici internazionali ed ora impossibilitati a pagare gli stipendi dei suoi tesserati.
Sul versante del calcio africano, dopo l’elezione a presidente della Confédération Africaine de Football (CAF), l’organo di governo del calcio, di Patrice Motsepe, si addensano nuvole di dubbi circa la regolarità della sua elezione, in quanto gli ultimi candidati di peso si sono eclissati con motivi vari lasciando di fatto campo libero al primo miliardario di colore nella storia del Sudafrica. Per molti osservatori africani e non, questa «è stata una operazione cosmetica, benedetta dal presidente della Fifa, Gianni Infantino, che spera di trarne i dividendi alle prossime presidenziali della Fifa, intercettando un ampio consenso nella sempre “pesante” confederazione africana»[10].
Il quadro complessivo che si ricava è desolante ed evidenzia sempre di più il rafforzamento delle gerarchie fra i club più importanti capaci addirittura di modificare con corruzione ed arbitri finanziari i connotati del gioco del calcio. Il tutto a danno di quella enorme galassia che ormai può essere vista solo come un universo residuale, quello dei tifosi.
Stefano Ferrarese
[1] Carlo Canepa e Luciano Canova “La scienza dei gol”, ed. Hoepli gennaio 2016, pagg.176
[2] Luca Aterini, https://greenreport.it/rubriche/la-scienza-dei-goal-e-la-corruzione-nel-calcio-come-in-economia/, 16 febbraio 2023
[3] Salvatore Toscano, https://www.lindipendente.online/2023/01/03/la-fifa-e-le-istituzioni-del-calcio-globale-il-parco-giochi-dei-corrotti/, 18 febbraio 2023
[4] https://www.true-news.it/sports/scandali-nel-calcio-europeo-il-barcellona-pagava-il-vice-presidente-degli-arbitri, 16 febbraio 2023
[5] Francesco Castorani, https://www.90min.com/it/posts/tutto-quello-che-c-e-da-sapere-sul-caso-negreira-che-coinvolge-il-barcellona, 16 febbraio 2023
[6] Riccardo Tanco, https://www.calcioinpillole.com/caso-barcellona-parla-tebas-i-blaugrana-non-sono-punibili/, 16 febbraio 2023
[7] Valerio Moggia, https://www.minutidirecupero.it/benfica-rui-costa-scandalo-partite-truccate.html, 8 gennaio 2023
[8] Barney Ronay, https://www.theguardian.com/football/2023/feb/06/if-manchester-city-are-guilty-they-have-betrayed-football-as-a-spectacle, 6 febbraio 2023
[9] Mattia Fabbro, https://www.socialmediasoccer.com/it/articolo/ascesa-e-picco-del-progetto-calcistico-cinese.html, 2 novembre 2022
[10] Vincenzo Lacerenza, https://www.nigrizia.it/notizia/patrice-motsepe-eletto-presidente-della-lega-del-calcio-africano, 16 febbraio 2023
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