
Sono trascorsi oramai cinque anni da quando la crisi finanziaria globale ha visto il suo momento più rappresentativo: il fallimento del colosso statunitense Lehman Brothers Inc. Mentre le borse di mezzo mondo in questi giorni si ritrovano a festeggiare con massimi assoluti, in Europa non è cambiato molto. Da mesi la Slovenia, entrata per prima tra i paesi dell'Est nell'area Euro fin dal 2007, continua ad essere assimilata a Cipro per la crisi finanziaria in cui si trova. Ancora no l'ha fatto e spera di non farlo, come ha affermato la premier Alenka Bratusek, ma potrebbe dover richiedere il salvataggio Ue con tutto quanto ne consegue in termini di ulteriore austerità.
A luglio dopo il vertice dell'Eurogruppo la Slovenia si vide recapitare due richiami da Bruxelles per la necessità di fronteggiare la crisi finanziaria in atto da mesi. Il governo di Lubiana avrebbe dovuto intraprendere iniziative necessarie per la diminuzione del deficit di bilancio e per risanare il settore bancario. Di recente alla Slovenia per il rientro dal deficit è stata concessa una proroga di due anni fino al 2015.
La crisi finanziaria mondiale e una pessima gestione delle banche ha fatto crollare prima il sistema bancario e poi l'economia reale. Le stime parlano di crediti in sofferenza (non esigibili nella sostanza) per un ammontare di circa 7,5 miliardi di euro, corrispondenti al 21% dell'intero Pil della Slovenia.
Anche l'economia reale ha subito un tracollo un Pil in calo e una disoccupazione sopra il 12%. Il debito pubblico dall'essere quasi inesistente nel 2008 al 60% attuale. Alla fine di luglio il deficit totale era di 1,3 miliardi di euro, cifra che era programmata per la fine dell'anno e così, come in un film già visto, il parlamento è dovuto ricorrere a una manovra finanziaria aggiuntiva.
Già nel 2012 il governo precedente aveva istituito una “bad bank” per trasferirvi gli asset dubbi, inesigibili, ma la Commissione europea, sospettando che il valore dei crediti a rischio fosse maggiore ha chiesto un audit indipendente sul sistema bancario sloveno, ritardando il trasferimento dei crediti.
La risposta del governo di Bratusek non è stata diversa da quelle messe in atto, per scelta o per imposizione, da tutte le nazioni in difficoltà. Stiamo parlando di taglio degli stipendi pubblici, aumento delle imposte, (s)vendita delle aziende di stato (il pubblico ha un peso ancora preponderante nell'economia slovena) come la compagnia di bandiera Adria Airways, Telekom Slovenije, la più grande impresa di telecomunicazioni, la banca Nova Kreditna Banka Maribor e un'altra dozzina di società. Anche l'Italia potrebbe partecipare al banchetto delle privatizzazioni slovene visto che Save sembra interessata all'aeroporto di Lubiana e viste le aperture del nostro governo nell'aprire Piazza Affari per un prossimo road show.
Il 6 settembre scorso il governo ha annunciato la liquidazione di due banche tra le più piccole del paese, Probanka e Factor banka, potrebbe risultare non indolore per le finanze e l'economia del paese perché va ad aggiungersi a quanto già fatto e perché l'esborso di mezzo miliardo di euro non basterebbe a coprire i depositi dei clienti.
E su tutto incombe il rischio di una crisi politica dovuta all'eventuale abbandono della coalizione di governo del partito dei pensionati (Desus) il cui segretario è il ministro degli esteri Karl Erjavec. Motivo? Una legge finanziaria per il 2014 che preveda tagli alle pensioni. Se non saranno i pensionati state pur certi che, per salvare la finanza e l'austerity europea, qualche altro ceto debole pagherà la crisi. Basta dare uno sguardo in giro per l'Europa e non solo.
Pasquale Esposito
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