
Un titolo impegnativo: Smisurata preghiera. È stato uno spettacolo tra musica e poesia quello proposto ieri da ATIR nell’ambito della rassegna Estate Sforzesca del Comune di Milano. In scena Stefano Orlandi e la sua band per un omaggio a Fabrizio de André. Non un concerto fatto di cover, ci ha tenuto a precisare l’artista, ma il tentativo di dare un’impronta personale. Cerco di guardare l’opera del cantautore che propongo dal mio punto di vista, e lasciarmi sollecitare dal modo in cui ho vissuto il mio rapporto con lui, per non tradirmi e non tradirlo.
E che nell’ora e mezza di concerto non ci sia stato tradimento possiamo confermarlo. Non era impresa certo facile perché De André non è certo un autore facile. Ma Orlandi è riuscito ad avvicinarsi all’artista genovese con umiltà, con coraggio e forse anche con un briciolo di incoscienza. Ha proposto arrangiamenti nuovi e un’interpretazione sui generis. Accostando costantemente, in un delicato e impegnativo contrappunto la voce di Fabrizio De André alla voce dei grandi della poesia.
A fare da cornice a Stefano Orlandi e alla sua band la splendida bellezza del Cortile delle Armi del Castello Sforzesco. Dove lentamente il rosa del tramonto si è spento nel buio della notte, e accesi i fari sul palco, abbiamo ascoltato in rapida successione i versi di Baudelaire e della sua Reversibilità, a cui è seguita la canzone Smisurata preghiera, scritta per Tenco che si suicidò a Sanremo. Fanno ancora accapponare la pelle i versi di Faber Non c’è l’inferno nel mondo del buon dio.
Quindi è stata la volta di Padre Davide Maria Turoldo che nel suo viaggio di fede e poesia non smette di guardare in faccia la morte, con coraggio e fermezza come d’altronde recitano i suoi versi Uomini, morirete/di morte… a cui De André risponde con la meravigliosa La guerra di Piero, splendida ballata antimilitarista a passo di Giava, l’antica danza, che è quasi un leggero valzer.
Non sempre abbiamo condiviso gli accostamenti proposti da Stefano Orlandi come nel caso della poesia di Baudelire che racconta di un’amore sognato: Tu ignori dove vado, io dove sei sparita, / so che t’avrei amata, e so che tu lo sai!
Questi versi non sembrano accostarsi alla potente, allegra e irriverente Bocca di Rosa. Ma Orlandi ci aveva avvisato. Si tratta della sua sensibilità ed è una sensibilità che ci guida con mano sicura nei mondi poetici che ci apre. A patto di non cercare nella sua voce le stesse suggestioni che da giovani e adolescenti trovavamo in De André. Per riuscire a trasmetterci l’autenticità e la meraviglia di Faber doveva essere rivisitato.
Abbiamo ascoltato con immenso piacere i versi di Saba nella sua Città vecchia e nei suoi versi
Qui degli umili sento in compagnia / il mio pensiero farsi / più puro dove più turpe è la vita
Parole a cui De André risponde con la suggestiva Città vecchia, e con lo stesso titolo. Ma d’altronde solo un genio come Faber poteva rivisitare senza copiare ma riconoscendo il giusto omaggio. E noi non possiamo altro che inchinarci a Saba, a Faber, e ai suoi versi in musica se non sono gigli son pur sempre figli vittime di questo mondo.
In entrambi: Saba e Faber ritroviamo il profondo rispetto per gli ultimi e l’assenza di un giudizio moralistico. E se ci inchiniamo a Saba e De André ringraziamo Orlandi e la sua band per averci fatto scoprire queste segrete simmetrie.
Una band di tutto rispetto quella che accompagnava ieri sera Orlandi. Alla fisarmonica c’era Giulia Bertasi brava e di una bellezza asciutta, alle percussioni c’era Giuilio Bortolato, giovane e timido ma in grado di tenere il passo con artisti navigati come Ermanno Librasi ai fiati classici e a quelli etnici, Massimo Betti alla chitarra, e Stefano Fascioli al contrabbasso.
Betti e Fascioli hanno avuto l’arduo compito di realizzare gli arrangiamenti originali lavorando su una musica che solo apparentemente è semplice, come può esserlo in certe ballate, ma tocca punte di grande sperimentazione come in canzoni come Crueza de ma che abbiamo avuto il piacere di riascoltare.
Potremmo continuare ad oltranza il gioco delle simmetrie, passando da Caproni a Tagore, ma l’unico consiglio che ci sentiamo di dare è non perdersi il prossimo concerto di Stefano Orlandi che non è nuovo a rivisitazioni come quella di ieri sera, avendo proposto con la stessa classe, altri due artisti di grande spessore come Jannacci e Gaber.
Un artista da tenere d’occhio Stefano Orlandi, e non fatevi ingannare dalla sua aria semplice, quasi dimessa. Sul palco è un vero entertainer , in grado di dialogare con il pubblico e la sua band, senza perdere per un attimo il filo del discorso poetico che sta dipanando.
Ma ieri sera la bellezza della serata estiva, della musica e di una Milano ricca di iniziative ci ha riservato un’altra piacevole sorpresa: l’incontro con Serena Sinigaglia, direttrice artistica dell’ATIR Teatro Ringhiera con cui ci siamo intrattenuti in un piacevole chiacchierata.
Che dire di Serena Sinigaglia? Affascinante, con la sua chioma di capelli rossi, selvaggi e disordinati. Affascinante con i suoi dubbi e le sue certezze, protesa a cercare il bene e la verità. Affascinante nel suo tentativo di trovare un porto sicuro in cui far approdare l’ATIR, il teatro che ha fondato anni fa, e che da troppo tempo vaga in cerca della sua sede definitiva.
Donna in viaggio Serena che crede nel bene e dubita della sua possibilità.
Donna e artista affascinante che dubita ma non smette di cercare.
È forse questo il senso della laicità? Non trovare ristoro ma non smettere mai di creder nell’uomo? Sapere il male ma tentare il bene? È forse questo che in fin dei conti ci rendeva prezioso De André e ce lo faceva amare? È questo che accomuna Stefano, Fabrizio, e Serena?

Ma ecco come Stefano Orlandi aveva definito qualche giorno prima la laicità, sua e quella di De André, in una dichiarazione che non è solo una dichiarazione d’amore nei confronti di De André, ma lo è nei confronti dell’uomo. E parlando di De André ne racconta, quasi citandolo, l’intima cifra spirituale.
Uno non può essere completamente ateo, se credere nell’uomo, nelle relazioni, e De André credeva nella bontà. Ai suoi personaggi, ai diseredati che racconta, dà una seconda chance. Dà un senso alla vita dei tanti che per molti magari un senso non ce l’hanno. Pensiamo ad esempio alla Canzone di Marinella scritta a seguito dell’assassinio di una giovane prostituta che era stata scaraventata in un fiume di Genova… Faber scrive la canzone per darle una degna sepoltura. De André aveva capito che l’uomo è al centro della spiritualità.
E qui la riflessione su Fabrizio De André si mischia al sentire di Stefano Orlandi, che ci ha raccontato del suo rapporto con il sacro, con la spiritualità. E non poteva essere altrimenti, visto che il concerto si apre con Preghiera in gennaio.
Poi ognuno la spiritualità la vive come vuole. Ha avuto la fortuna o sfortuna di essere nato in Italia, con una storia e una cultura, e quindi avere una religiosità e una spiritualità che deriva anche da questa. Però al centro c’è l’uomo. E se un uomo è nato da un’altra parte, in Africa, piuttosto che in Sud America o altrove, avrà un suo modo dettato dalla cultura e dalla storia di vivere la sua spiritualità e la sua religiosità. Quindi è l’uomo che determina tutto. E l’uomo che è al centro di tutto. Questo è anche l’anarchismo di De André.
È vero! È una smisurata preghiera il concerto di Stefano Orlando.
Un concerto in cui si incontra l’arte, e si incontra l’uomo, con i suoi fantasmi e con la sua bellezza.
Gianfranco Falcone
www.disaccordi.it
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