
Dopo l'esperienza in Stefano Pozzi Australia, non appena rientrato in Norvegia, Stefano si propone per un corso di oltre un anno alle Svalbard, isole del mare Glaciale Artico. Viene preso e dopo un significativo anno di studio teorico e pratico diventa guida artica. Per ottenere questa abilitazione bisognerà sottoporsi a training duri ed esercitazioni tra le quali sarà necessario diventare abili nel tiro al poligono ma anche nel riuscire a superare prove di soccorso che prevedono finanche il recupero di persone accidentalmente cadute in crepacci; bisognerà essere preparati ad avere e saper utilizzare cibo, che deve essere ovviamente preventivamente disidratato prima della partenza, e bisognerà anche utilizzare fornelletti speciali per l'utilizzo in quelle condizioni così limitative. L'uso di idonei abbigliamenti si impone ma ancora più utile è poterlo fare ricorrendo ad un uso di teli di plastica e lana che devono essere utilizzati, alternandoli, in modo da isolare l'umidità dai sacchi a pelo o dalle calzature perché, se si consentisse ad essa di congelare, nei sacchi o nelle calzature, il loro uso risulterebbe inevitabilmente compromesso e metterebbe a rischio l'intera spedizione.
Isole Svalbard, operazione salvataggio con elicottero. Foto Stefano Pozzi
Prima dell'esame finale con il quale si ottiene l'abilitazione ad esercitare la professione di guida artica, bisogna avere un congruo periodo di tirocinio da espletare presso una agenzia di professionisti dove Stefano viene seguito e valutato. La parte pratica per lui è rappresentata da una esperienza operativa di due settimane in Nepal. Solo dopo si sottopone all'esame finale che riesce a superare brillantemente.
È facilmente immaginabile come debba essere impegnativa anche se affascinante una simile esperienza. Si vive in ambienti che possono avere temperature vicine ai meno 40°C, all'Artico, dove vive una popolazione di tremila orsi polari, superiore a quella degli umani residenti, e dove, per legge, si può uscire dai centri abitati solo se armati per potersi difendere dalle aggressioni di quegli esemplari confidenti, purtroppo sempre più numerosi. Si pensi che a scuola, una delle prime pratiche di insegnamento agli studenti è l'uso delle armi.
Vengono anche utilizzati strumenti dissuasori di tipo acustico o luminoso che però possono non funzionare con alcuni esemplari, così come può accadere che gli impianti di isolamento degli accampamenti, che dovrebbero tenere lontane le incursioni degli orsi, non abbiano effetto e ci si ritrova un'intrusione in tenda di una bestia feroce, tra le più fameliche, di qualche centinaia di chilogrammi di muscoli, gran nuotatore tra i ghiacci.
Isole Svalbard, l'orso polare all'accampamento. Foto Pete Lambert
Purtroppo non è inusuale, anche se raro, che le cronache debbano riportare notizie di incursioni con pericolo di vita per gli occupanti degli accampamenti. Come si vede dalle foto, è stato necessario evacuare un campo a causa di un orso insensibile ai dissuasori pure utilizzati in abbondanza. Si è trattato dell'incontro più emozionante. Anche se non l'unico, che Stefano ha avuto con il carnivoro più vorace e pericoloso che esista. E' accaduto durante uno dei campi scuola che Stefano, con i suoi colleghi ed insegnanti, un gruppo di oltre 20 persone, stava tenendo su un ghiacciaio. Il campo base, contenente tutto l'occorrente per la spedizione, era stato posizionato ai piedi del ghiacciaio. Durante le ore di lezione un'orsa non di dimensioni enormi ma molto pericolosa perché, come riferisce Stefano, dal carattere confidente, si mostrava per nulla preoccupata dalla presenza del gruppo e dalle pratiche dissuasive che, i componenti del gruppo a questo preposti, stavano mettendo in atto da parecchi minuti. Era un'animale dalle movenze buffe ma anche di gran eleganza, dall'aspetto “simpatico” e non certo premonitore dell'enorme pericolosità e ferocia di cui può essere capace; proprio da questo deriva il pericolo maggiore, si resta come ipnotizzati dalla bellezza e maestosità dell'esemplare trascurando la gravità che può scaturire dalla sua ferocia. Sembrava fosse consapevole che nessuno gli avrebbe fatto del male e mostrava il solo interesse nello sfamarsi del burro che le provviste della spedizione tenevano opportunamente conservate nelle apposite casse per la conservazione del materiale organico. Questo orso confidente ha riempito di eccitata partecipazione emotiva, non solo il gruppo, ma finanche un loro docente dall'esperienza indiscussa, avendo fatto parte della prima spedizione norvegese ad aver scalato l'Everest e tuttora presidente delle guide alpine di quel paese. Per ben due volte il plantigrado ha fatto visita all'accampamento, avvicinandosi a meno di 40 metri da alcuni partecipanti la spedizione, incurante dell'attività dissuasiva che gli era riservata e costringendo tutti ad allontanarsi per un ricovero sicuro in un rifugio. La seconda volta è stato ancora più preoccupante della prima, quando il gruppo era tornato, in formazione ridotta, nel tentativo di smantellare quanto restava del campo dopo l'incursione. È stato così che il responsabile della spedizione è stato costretto a chiedere l'intervento dell'elicottero per poter allontanare la belva e mettere Stefano, i suoi colleghi ed il campo in sicurezza.
Artico, beluga. Foto Pete Lambert
È chiaro che la fauna a queste latitudini non è molto numerosa nella stagione invernale: l'unico uccello stanziale presente è la pernice artica. Un volatile dalla natura gregaria molto affascinante e dal mimetismo accentuato, con la livrea grigio/bruna in estate che muta in quella bianca invernale con le piume che coprono anche la parte terminale delle zampe. Per gli uccelli migratori vi è invece una consistente popolazione nel periodo estivo. Molto ricca anche la presenza della volpe artica, esemplari bellissimi dalla pelliccia ovviamente importante, che si contano in numero considerevole per un ambiente che può sostenerlo in assoluta tranquillità data la sua estensione. Considerevole anche la presenza delle renne. Nella parte marina di queste isole è facile incontrare i bianchi cetacei beluga così come foche e i mastodontici trichechi che possono sfiorare i duemila chilogrammi di peso ma, sicuramente, l'aspetto più importante per il visitatore è reso dallo spettacolo unico delle aurore boreali che rendono affascinante, da sole, qualsiasi viaggio in queste lande.
È evidente che una guida artica ha su di se importanti responsabilità ma anche una grande soddisfazione che gli viene attribuita dai suoi ospiti ai quali non mancherà di rimanere affascinati da queste esperienze, dal panorama, e dai possibili incontri con la fauna descritta. A tutto questo fascino si accompagna il fatto che, l'inospitalità dei luoghi, carica le guide di impegni dal rigore certosino poiché un errore da parte di chiunque nella spedizione, può comportare il fallimento ed il ritorno indietro immediato . L'uso e la scelta corretta dei materiali è propedeutico a qualsiasi attività, inoltre le regole che impongono giustamente di non lasciare nessun materiale organico, che altrimenti non sarebbe mai decomposto per le temperature che, a queste latitudini, impediscono ai batteri di lavorare. Non è per nulla difficile intuire le difficoltà che accompagnano la presenza degli umani in questi posti; si pensi a quanto possa essere difficoltoso soddisfare i propri bisogni fisiologici e…riportare indietro, nei luoghi preposti, il proprio prodotto.
Isole Svalbard, dalla tenda. Foto Stefano Pozzi
Tra le maggiori difficoltà per una guida artica e per le persone che si affidano a lui per quelle escursioni, è da ascrivere il fatto di dover convivere con quelle temperature impossibili. Dormire in una tenda, anche con l'utilizzo di tutti i materiali adeguati, può essere difficoltoso perché in questa condizione si ha la stessa temperatura esterna che il sacco a pelo e gli strati di lana e plastica opportunamente alternati possono contrastare solo in minima parte; meglio sarebbe costruire un igloo oppure sfruttare una caverna, i cui ingressi posizionati in basso rispetto alla zona da sfruttare per riposare, consentirebbero di farlo a temperature vicine allo zero. Chiaramente costruire un igloo, o una caverna, ha tempi ben diversi a quelli del montaggio di una tenda ed è cosa inopportuna per chi deve muoversi in continuità. A queste difficoltà però si potrà avere immediato compenso con la soddisfazione di aver vissuto esperienze semplicemente uniche ed irripetibili per la stragrande maggioranza degli ospiti delle guide artiche.
Non sappiamo se in questo caso, come nel precedente racconto sui lupi in estinzione, una lettrice che sappiamo culturalmente ispirata, e che ci ha fatto inorgoglire, parlerà di questi esempi come quelli di “…eroi silenziosi che contribuiscono a migliorare le sorti di questo pianeta”. Probabilmente no. Però sarà possibile che, nell'ipotizzato futuro mondo, di fantasia ma non troppo, si avrà certezza che anche Stefano, e tanti altri come lui, siano dotati del gene dell'avventura nella sua forma dominante.
Va detto comunque, come dice Stefano, «viaggiare è confrontarsi col mondo ma soprattutto con se stessi. Raccomando a tutti coloro che han desiderio di mettersi in gioco, di lasciare a casa preconcetti e timori, di aprirsi al mondo ed ai suoi meravigliosi luoghi e persone. non servono soldi, allenamento o predisposizione, solo coraggio e voglia di fare».
Emidio Maria Di Loreto
Tutte le foto sono di Stefano Pozzi ad esclusione di quelle dell'orso polare scattate da Pete Lambert. Ringraziamo Stefano per aver voluto condividere le sue esperienze con noi ed i lettori e Pete per le foto.
info: stefano.guidaartica@gmail.com
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