
Finalmente ci siamo. Anche i concerti sono ripartiti e che emozione ritrovarsi davanti a un palco. Circondata da una folla di sconosciuti che, per il solo fatto di essere lì, non si percepiscono come estranei.
Era dal 2019 che non andavo ad un concerto e confesso che ne sentivo tantissimo la mancanza. Quante notti quest'inverno ho trascorso a chiedermi quando avremmo rivissuto questa vibrazione collettiva.
In particolare, poi, riprendere con il concerto dei Subsonica non ha storia. Perché, diciamolo, loro la storia musicale la stanno scrivendo e quest'anno festeggiano i 25 anni di carriera, di successi e di musica, caratterizzati dalla continua sperimentazione, ricerca, apertura mentale e, nello stesso tempo, da una grandissima coerenza e impegno, fonte inesauribile di energia e vitalità.
A metà degli anni Novanta, in una Torino in cui già circolavano – negli ambienti underground -sonorità alternative, provenienti per lo più dalla Jamaica e da Londra, i componenti della band si sono incontrati, riconosciuti e uniti per portare alla ribalta dei suoni che erano sconosciuti al panorama ufficiale della musica italiana. Una boccata d'ossigeno essenziale in un momento in cui i cantautori iniziavano a lasciare spazio ai dj. Anche perché, i Subsonica pur guardando sempre alle ultime tendenze non hanno mai rinunciato ai testi, tanto profondi quanto ermetici, capaci di “entrare” dentro a persone di generazioni, città e culture diverse.
Devo ammettere che, appena hanno iniziato a suonare, mi sono resa conto che la cosa più difficile sarebbe stata rimanere seduti, dal momento che la musica dei Subsonica è indissolubilmente legata al movimento. E, in effetti, del movimento c'è stato, seppure sempre nel rispetto delle regole. Anche perché, sarà stata l'atmosfera surreale dal retrogusto post-apocalittico (tipica di questo periodo), la location suggestiva, la luna piena ma sicuramente questo concerto è stato nuovo. Diverso. Più umano. Quella distanza che prima c'era tra band e pubblico sembrava pressocché azzerata, come se ci fosse una sorta di silenziosa complicità tra tutti, per cui eravamo più vicini.
Infatti, non è stato solo un concerto, ma un dialogo vero e proprio, in cui sono intervenuti tutti i membri della band, introducendo i brani sempre in un contesto ben preciso. Parlo di dialogo perché dopo tanti mesi di lockdown, il “botta e risposta”, il confronto è stato eccezionale.
Il concerto è stato proprio un viaggio sonoro che ha ripercorso la storia del gruppo, a cominciare dal primo album, l'omonimo Subsonica del 1997. Per continuare con diverse tappe musicali che non necessariamente hanno seguito un ordine cronologico.
Poi, dato che i grandi artisti sono tali proprio perché sono aperti al confronto, non sono mancati i tributi a due maestri, diversi ma ugualmente importanti, purtroppo entrambi recentemente scomparsi: Franco Battiato e Claudio Coccoluto.
Il primo, per usare le parole di Samuel: “Ha trasmesso loro come anche una semplice canzone possa diventare un'opera d'arte”; mentre Claudio Coccoluto che, dagli anni Novanta con il suo sound ha rivoluzionato le notti romane, è stato essenziale per comprendere la potenza della cassa dritta e farla diventare una componente della loro musica.
Infine, si sa, la musica può essere anche veicolo di crescita e messaggi positivi. A tal proposito, Samuel ha ricordato il valore della memoria che, proprio attraverso le note, può e deve essere coltivata e trasmessa. Ha ricordato i vent'anni dagli eventi di Genova, per non dimenticare le efferatezze e le speranze di quei giorni. La follia collettiva, cui non siamo immuni neanche oggi, e la tragica fine di Carlo Giuliani. La memoria può diventare una lente attraverso cui analizzare il presente per viverlo al meglio e a pieno. Così, i Subsonica hanno anche lanciato il messaggio fondamentale del momento, per uscire da questa crisi, per ritornare a ballare, a mischiarci, a “limonare” nelle discoteche: #vaccinatevi perché, al di là di tutto, è l'unica scelta ponderata e possibile da prendere.
Ludovica Palmieri
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