The Story of Film. Un tuffo nella magia del cinema attraverso il suo inarrestabile sviluppo in oltre un secolo di vita

the story of film

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In uscita il 25 settembre nelle sale italiane (poche sale!), The Story of Film è un mastodontico documentario in quindici episodi (due ogni martedì per sette settimane), della durata di un'ora circa ciascuno (per un totale di 900 minuti), che racconta il cinema ed il suo sviluppo dalle origini ai nostri giorni.


Jane Campion

L'incipit è straordinario: una delle scene più crude e realistiche mai realizzate sullo schermo. Lo sbarco in Normandia filmato da Spielberg in (1998), con una macchina a mano che da sotto il pelo dell'acqua riprende le pallottole che, avvolte da un rumore sordo, si conficcano nei corpi esanimi dei soldati americani; e che esce poi dall'acqua testimoniando il caos ed il frastuono degli spari e delle esplosioni, delle urla concitate e dell'avanzare dei mezzi da sbarco in mezzo al fuoco nemico, quasi catapultando, così, con la sua eccezionale verosimiglianza, lo spettatore in mezzo alla battaglia che si sta combattendo.
Ma di lì a poco si fa un (enorme) salto temporale all'indietro e si passa alle origini di questa storia fantastica che è l'evoluzione del mezzo cinematografico; si va cioè laddove tutto è cominciato!


Jaffir Panahi

Ed allora un insieme di ricordi che fanno parte del background di ogni cinefilo (chi non ha mai sentito parlare dei fratelli Lumière o degli effetti che la proiezione di Arrivée d'un train à La Ciotat ha avuto sul pubblico di allora, il quale, vedendosi arrivare un treno incontro, immaginò che questo stesse veramente per travolgerli?), un nutrito gruppo di “amici” del passato, che ha accompagnato ed indirizzato la formazione culturale ed umana, oltre che cinematografica, di ognuno di noi, riemerge vorticosamente dal nostro vissuto in una successione che toglie il respiro: dal kinetoscopio di Thomas Alva Edison e William Dickson del 1891, al cinematografo dei fratelli Lumière ed alla prima proiezione pubblica di immagini filmate con questo strumento (La Sortie de l'Usine Lumière à Lyon) il 28 dicembre 1895, a Parigi; dai primi “effetti speciali” con il cinema di Georges Méliès (come la scomparsa improvvisa del soggetto filmato dal quadro, dovuta ad un'interruzione fortuita nel corso di una ripresa), alle innovazioni della scuola di Brighton; dal primo rudimentale esempio di montaggio in The Life of an American Fireman del 1902 di Edwin Stanton Porter (notoriamente il cinema delle origini rispecchiava il punto di vista dello spettatore a teatro e dunque la cinepresa veniva solitamente piazzata in un punto fisso non troppo distante dalla scena ed il racconto filmico non si avvaleva di un vero e proprio montaggio di inquadrature), all'uso del montaggio alternato (allo sviluppo contemporaneo, cioè, di due differenti episodi che avvengono simultaneamente, con un passaggio alternato dal primo evento al secondo). Ed ancora: dal primo piano, alla carrellata; dall'uso del montaggio parallelo (così per le quattro diverse storie di intolleranza facenti capo ad epoche differenti raccontate “parallelamente” da David Wark Griffith in Intolerance del 1916), alla realizzazione di quello che viene considerato il primo lungometraggio compiuto della , The Bird of a Nation (1915), sempre di Griffith, e soprattutto all'analisi di quelle che sono le conseguenze sociali, nonché l'importanza e la forza di questo nuovo strumento. Si fa infatti esplicito riferimento alla smisurata crescita del Ku Klux Klan, movimento prima di allora quasi del tutto scomparso, proprio a seguito dell'uscita e del successo del film. L'opera, notoriamente, oltre a stupire per la capacità di adoperare tutti gli accorgimenti tecnici sperimentati fino a quel momento e presentarne di nuovi (realizzandosi così, come si diceva prima, quello che è stato considerato il primo vero lungometraggio della storia del cinema), indigna per il punto di vista fortemente razzista con cui è stata concepita.


Abbas  Kiarostami e Mark Cousins

Insomma, un entusiasmante, inarrestabile processo di sviluppo di un nuovo tipo di linguaggio destinato a diventare uno dei mezzi espressivi più popolari ed utilizzati dell'ultimo secolo.
La scelta linguistica, nell'edizione italiana, è stata quella di optare per una traduzione, laddove possibile, dei titoli dei film che compaiono nel documentario; cosa che rende probabilmente più fruibile il racconto – soprattutto per chi non abbia molta famigliarità con le origini del cinema ed i suoi primi documenti – ma che disturba un po' chi invece ha imparato a conoscere ed amare il cinema anche attraverso la magia intrinseca e la musicalità insita nei titoli dei film delle origini. Ecco allora che La Lune à un Mètre (1898) del grande Méliès diventa La Luna ad un Metro e che (1903) di Edwin Porter diventa Assalto al Treno.
Ma il ciclopico lavoro di Mark Cousins, regista e critico cinematografico irlandese, rimane comunque un'occasione unica per affrontare un viaggio nella storia del cinema del tutto singolare. Mentre, infatti, il cinefilo abituato a studiare sui manuali, nella migliore delle ipotesi, può avvalersi di singoli fotogrammi riportati sulle pagine a supporto del testo scritto (immagini asservite alle parole), qui invece ci troviamo di fronte ad un autentico dominio delle immagini, seppure commentate da un'onnipresente voce narrante (parole asservite alle immagini).
Al di là del fondamentale apporto del materiale filmico, però (e delle interviste a registi, sceneggiatori, critici e tecnici del cinema), di estrema importanza appare anche il taglio dato all'opera. Il documentario infatti, oltre a segnalarsi per l'ampio respiro e la visione a tutto tondo del fenomeno cinematografico (ci si muove con fluidità sia sull'asse spaziale che su quello temporale, passando dalla Parigi di fine Ottocento, alla Hollywood degli anni Venti; dal cinema muto a quello parlato; da The Crowd di King Vidor, 1928, a Taxi Driver di Martin Scorsese, 1976), è un racconto che pur senza essere celebrativo non ha uno sguardo asettico e distaccato, ma partecipe (The Story of Film è infatti un film realizzato per formare ed informare, ma anche per appassionare ed emozionare); pur senza essere eccessivamente tecnicistico nel commento della voce narrante, spiega con chiarezza meccanismi del linguaggio (raccordi di sguardo, vari tipi di montaggio e di inquadrature) e tecniche di ripresa (la famigerata regola dei 180° o lo scavalcamento di campo). E lo fa riuscendo a mantenere la giusta tensione e senza scadere nel didascalismo o nel nozionismo fine a se stesso.
Insomma, un'occasione unica per approfondire le proprie conoscenze in materia cinematografica e rivedere alcune tra le sequenze filmiche che ci sono più care, ma al tempo stesso anche per “iniziare” chi invece sia sempre stato diffidente al cospetto di immagini troppo lontane nel tempo, magari in un bianco e nero virato seppia o blu.
La fruibilità di The Story of Film è peraltro molteplice: la scelta (necessitata, vista l'ampiezza della materia trattata) di realizzare diversi episodi all'interno del racconto (quindici, come si diceva all'inizio), interconnessi, certo, ma pur sempre separati l'uno dall'altro, comporta che si possa decidere anche soltanto di andare a vedere un singolo episodio, relativo ad un periodo della storia del cinema che ci incuriosisce particolarmente, invece che tutti quanti. Quello che credo invece sarebbe veramente un peccato fare è il non sceglierne nessuno!

Scheda del film:

Titolo originale: The Story of Film – Genere: Documentario – Origine/Anno: GB – 2011 – Regia:  Mark Cousins – Sceneggiatura: Mark Cousins – Interpreti: Mark Cousins, , , , , , Yuen Woo-Ping, , , Montaggio: Timo Langer  – Fotografia: Mark Cousins

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