The Zen Circus. Canzoni contro la natura. Rock d’assalto e senza tregua contro la stupidità umana

the zen circus canzoni contro natura
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Quando penso alla storia musicale de e in particolare agli ultimi tre lavori, penso alla figura di artista a cui fa riferimento un personaggio de Il torto del soldato di : «l'artista deve essere umile di fronte alla realtà per la responsabilità di rappresentarla, anche se sfigurata». L'umiltà sta nella convinzione che alla base del racconto dell'esistenza, singola e più spesso collettiva e generazionale, c'è la convinzione assoluta che, come diceva Monicelli, “la speranza è una trappola” e “l'innocenza non esiste” aggiungerei da Nati per subire. E forse la stupidità umana è il caposaldo di questa convinzione e contro la quale , e Massimiliano “” Schiavelli continuano a battersi con questo “rock da sussidio di disoccupazione”.

The Zen Circus qualche giorno fa hanno pubblicato , l'ottavo disco della loro carriera, il terzo in italiano dopo (2009) e Nati per subire (2011), e per portalo alla luce hanno fatto a meno di tutti dal produttore al fonico. Il suo  fluire è determinato dall'istantaneità, marchio di fabbrica di una band che sul palco riesce sempre a trascinare verso di sé il pubblico.

È un'opera di grande spessore perché si muove anche con altri spartiti e che in qualche momento va anche oltre la spontaneità. , a metà dell'opera, è un saggio di quanto creativi possano essere gli Zen senza che sia un esercizio di stile. Poetico per quel capovolgimento della figura di Dio, “Voi credeste io fossi fatto/ A vostra immagine e somiglianza/ Perché lo avete letto sul libro/ Che vi siete scritti da soli/ Io non ho mai avuto un figlio/ Come potrei io che sono un tiglio” e per quei tre minuti strumentali che nascono in sordina e vedono arrivare i cori battenti con un rock progressivo prima e space poi che personalmente mi riconduce ai di Resistance.
Il disco si apre con l'arpeggio di chitarra di Viva e il suo folk-rock sempre coinvolgente, compreso un chiaro omaggio a , per raccontare quanto sia sfaldata la società e quanto le persone normali vivano un'esistenza grama. Anche la successiva Postumia conduce i vessilli, musica e parole, degli Zen; tre minuti e mezzo che suonano bene e c'entrano un tema, ricorrente e che viene usato per giustificare nefandezze sociali, quello delle sovrapposizioni e dei conflitti tra generazioni con il sottofondo dell'assenza della speranza perché “il futuro me lo bevo per non pensarci”.
Un altro gioiello è Canzone contro la natura con quel tambureggiare iniziale e lo sventagliare delle chitarre del ritornello a indicare la strada ad un atto di accusa contro l'umanità che ha violentato la natura e con uno sviluppo orwelliano di animali organizzati per sterminarci. Il titolo si ispira alle parole di pronunciate durante un'intervista a Pasolini e che al termine del brano stesso potete ascoltare in tutta la loro profondità e verità.
E poi Vai vai vai! Tra folk, punk e divertissement che in qualche momento mi ricorda Il bandito e il campione di Francesco De Gregori, mentre il brano è ancora più esplicito nella citazione perché c'è Il Pescatore di Fabrizio De André della PFM.

Dalla frontiera sud degli Stati Uniti giunge Dalì, la storia di un senza tetto a rappresentare i tanti homeless e anarchici emarginati e dimenticati, “alla fine un dissidente per sua stessa vocazione è destinato alla persecuzione”.
Degna chiusura dell'album è la splendida ballata, nata nel ricordo di una serata unica alla baia del Silenzio, Sestri Levante con un linguaggio e liriche meno immediate ed esplicite, ma altrettanto coinvolgente.
Ancora un lavoro da incorniciare per questo gruppo bandiera dell'indie nostrano.
Non vi curate di noi e ascoltate!
Ciro Ardiglione

genere: folk-rock
The Zen Circus
Canzoni contro la natura
etichetta: La Tempesta Dischi
data di pubblicazione:  21 gennaio 2014
brani: 10
durata: 40:59
cd: singolo

[1] Erri De Luca, “Il torto del soldato”, Feltrinelli, pag. 66

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