
Liriche che si muovono e che muovono riflessioni e domande su un mondo in caleidoscopico mutare. Una provocazione grottesca. Non si può accantonare un titolo come la Terza Guerra Mondiale soprattutto perché soprassedere significherebbe non tener conto che «il filo conduttore dei testi è un'ipotetica (ma non troppo) terza guerra mondiale, da noi invocata provocatoriamente come unico modo per ritornare ad essere davvero complici, per capire chi è amico e chi nemico [è quello che canta Andrea Appino di fatto nella title track, ndr], per liberarsi da sovrastrutture inutili che ci imbrigliano fino a renderci impotenti» e del resto «amiamo il grottesco e allora domandiamo: quanto ci farebbe bene una bella guerra mondiale vera, non quelle fatte di migranti e popoli meno importanti, quelle in cui non puoi uscire di casa perché c'è un cecchino?».
Una provocazione c'è anche nella musica di questo nono album dei The Zen Circus, ancora Andrea Appino, Karim Qqru e Massimiliano “Ufo” Schiavelli. Un disco che si apre al pop come per Ilenia con quell'accattivante ritornello, ma non rinuncia a tenere lo sguardo su orizzonti di altra natura come nella conclusiva Andrà tutto bene. Nei suoi oltre dieci minuti che si chiudono inaspettatamente, e chiudono degnamente lo sviluppo creativo dell'album, in particolare per il lungo passaggio elettronico strumentale da macerie sonore e voce desertica, prima degli ultimi secondi in cui la band chiede con quel po' di fiato che resta il silenzio.
Un disco pieno dal quale l'ascoltatore può estrarre fotografie di disagio sociale, di contestazioni, di comunità diverse, di bassezze spregievoli ma anche con le donne protagoniste.

L'anima non conta, è uno dei simboli di questa attenzione al pop. Un brano che nelle note racconta di tanti passaggi della musica italiana, di quella innovazione cantautoriale e rock che fa ancora cantare molti italiani. E potrebbe farlo, se fosse adeguatamente supportata, anche questa. Geniale il passaggio successivo con Zingara (il cattivista), con una partenza affidata alle parole disturbate di quel brano che vinse l'edizione 1969 del Festival di Sanremo ma che è un vero attacco ad una serie di luoghi comuni, pratiche di consumo e razzismo diffuso. Un rock cadenzato, quasi ballabile, dove pure ci sono segni di arrangiamenti di pregio nonostante la tracotanza delle parole di Appino e prima della chiusura di un parlato su un tappeto acustico, c'è bisogno di uomini con un senso morale e allo stesso tempo capaci di utilizzare il loro primordiale istinto di uccidere senza sentimenti senza passione senza giudizio senza giudizio perché è il giudizio che ci indebolisce.
Appiccicoso il ritmo e i passaggi delle chitarre di Terrorista che mi hanno rimandato a certi passaggi, l'attacco in particolare, di percussioni e chitarre di Backspaser dei Pearl Jam; altro bel brano con quel “punk lento”, ricco di arrangiamenti pop e cavalcate tipiche del loro repertorio è l'ironica San Salvario.
E un grazie anche per le molte donne protagoniste di questo album, come mai era accaduto prima.Su tutte Non voglio ballare che potrebbe essere la giusta colonna sonora di un film cult generazionale o di un romanzo versione attuale e italica di Alta fedeltà di Nick Hornby.
Non vi curate di noi e ascoltate
Ciro Ardiglione
genere: combat folk
The Zen Circus
La Terza Guerra Mondiale
etichetta: La Tempesta
data di uscita: 23 settembre 2016
brani: 10
durata: 47'24”
album: singolo
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