
Titolo importante quello di questa mostra su Tiziano. Preziosa anche perché focalizza l’attenzione su un argomento di inaspettata attualità.
Un centinaio di opere a cura di Sylvia Ferino offrono un percorso espositivo, la cui qualità e allestimento sono semplici quanto suggestivi.
Possiamo dire, con le parole della stessa curatrice, che Tiziano ha ricreato la donna. Che si tratti di dipinti religiosi, di ritratti, di “belle donne” o di personaggi femminili della mitologia, l’artista è riuscito a conferire loro un aspetto così vitale e luminoso, un tale spessore e un erotismo sempre così meravigliosamente sofisticato da assicurare fama eterna alla donna e a sé stesso. Come nessun altro pittore del Cinquecento, questo grande veneziano è riuscito a infondere una tale intensità nella realtà da lui percepita che, osservando i suoi quadri, si ha l’impressione che l’abbia appena reinventata per noi.
Tiziano dedicò una notevole parte della sua opera al soggetto femminile, che fosse l’amata che si nega, la promessa sposa o la consorte, l’eroina o la santa, sono tutte belle, incantevoli e sprigionano una precisa individualità. Amava le donne – e di questo danno testimonianza amici e conoscenti e la stessa mostra svela un lato intimo del pittore – e fu considerato un donnaiolo per il gran numero di dipinti che rappresentavano belle donne e, senza entrare nel vivo delle argomentazioni, molte delle sue modelle vennero considerate amanti e mantenute, e quando il pittore entrò in una età più avanzata, si ipotizzò che fossero figlie.
Le donne di Tiziano in questa mostra appaiono in un contesto profano. L’esposizione si apre con due magnifici quadri che presentano le protagoniste femminili dell’Antico e del Nuovo Testamento decisamente antitetiche tra loro. Eva e Maria hanno avuto un’influenza decisiva nel determinare il ruolo della donna nella società cristiana lungo l’intero corso della storia, incluso il Cinquecento veneziano. Accanto alla casta figura della madre di Dio – opera giovanile di Tiziano – vediamo Eva – in un meraviglioso dipinto del giovane Tintoretto – “la donna delle origini”, ritenuta unica responsabile della perdita del Paradiso. Nella Genesi ebraica la donna era equiparata all’uomo come parte della Creazione, successivamente, però, in ambito ellenistico, Eva viene sottomessa a Adamo. A partire da La cité des femmes (1405), opera della poetessa veneziana Christine de Pizan, le scrittrici del Quattro e Cinquecento si sono mosse in difesa di Eva contro le tradizionali accuse misogine, dando così avvio al movimento conosciuto come “querelle des femmes”

Nella prima metà del XVI secolo, rispetto a quanto avveniva in altre regioni d’Italia, le donne veneziane delle classi agiate apparivano solo raramente in veri e propri ritratti. Il sistema oligarchico della Serenissima non approvava il culto della memoria intrinseco nel ritratto, in quanto aveva grande importanza nel sistema di trasmissione del potere dinastico, e, soprattutto, veniva vietato alle donne un certo qual culto della personalità.
Al contrario, nelle città rette da signorie principesche si allestivano gallerie con i volti dei membri della famiglia, a partire dagli antenati. E gli stessi ritratti reali di donne dipinti da Tiziano ritraevano personalità non veneziane, come Isabella d’Este, marchesa di Mantova e sua figlia Eleonora Gonzaga, duchessa di Urbino, e accadeva anche che Tiziano in realtà non avesse mai visto di persona queste nobildonne e le dipingesse grazie a immagini già esistenti. Questo accadde quando Tiziano fece un ritratto a Isabella d’Este, una delle donne più influenti del Cinquecento. All’epoca la marchesa aveva sessant’anni ma Tiziano fece un ritratto di lei giovane e bella, e la marchesa fu assai compiaciuta del ringiovanimento e ringraziò il pittore.
Altri ritratti ancora vennero identificati come donne della famiglia di Tiziano, forse sua sorella o le figlie Emilia e Lavinia.
In quegli anni, inizi XVI secolo, nell’arte veneziana si diffonde con successo un tipo di pittura a metà strada tra il ritratto reale e quello ideale. Le “Belle veneziane” sono donne affascinanti che guardano l’osservatore con occhi vivaci, giocano con i gioielli o con i capelli, indossano abiti sontuosi e compiono gesti che possono apparire invitanti. Questi dipinti, in anni recenti alla fine del XX secolo, sono stati oggetto di studi e reinterpretazioni. Sono cortigiane o nobildonne appena maritate? Attributi e gesti sembravano indicare sia l’una che l’altra. Si nota la presenza degli anelli gemelli che simboleggiano il fidanzamento, e anche la raffigurazione a seno scoperto, a lungo ritenuta prova evidente di amore venale, grazie a recenti riletture, interpreta questa posa non come un invito al sesso ma come il casto desiderio di “aprire il cuore”, mostrando con piena sincerità il proprio sentimento. Infine, nella pittura veneta ci sono significati nascosti lasciati volutamente in ambiguità.
In questo secolo ricco di novità è interessante sapere che Venezia era la capitale dell’editoria europea del Cinquecento. Aldo Manuzio adotta geniali soluzioni tipografiche che fanno aumentare il numero di lettori e lettrici che amano i libri di piccolo formato.
L’attività editoriale si collegava a vivaci e ricchi dibattiti intellettuali.
Il mondo delle lettere e quello delle arti figurative erano strettamente intrecciati e sostenuti da un pubblico appassionato che vuol sapere di pittura, scultura, lingua letteraria e arte, mentre a tutto questo si mescolava un certo antagonismo tra Venezia e la cultura tosco-romana.
Nel corso del Cinquecento, e solo allora, erano numerosissime le pubblicazioni che vedevano protagoniste le donne, oggetto di grande attenzione anche da parte degli scrittori uomini.
Romanzi, trattati e poesie: le donne giocavano un ruolo di primo piano, erano erudite e avevano un ruolo in società grazie al fatto che esistevano famiglie “illuminate” che facevano studiare le proprie figlie.
Solo nel corso del Cinquecento le donne entrarono in numero significativo nel mondo letterario, fino a quel momento riservato prevalentemente agli uomini, ma è un fatto che molte delle loro opere saranno pubblicate postume.

Il percorso della mostra che ha un interessante allestimento con tinte vivaci, rinascimentali – una prima parte in rosso intenso, quindi in un blu saturo, per poi stemperarsi in un azzurro delicato e finire poi nei toni del grigio – ci porta a La tentazione di Adamo ed Eva di Jacopo Tintoretto e Madonna con il bambino di Tiziano Vecellio, opera realizzata tra il 1510 e il 1511 e verso le varie sezioni: i ritratti delle preziose figure femminili, le opere di altri pittori della cerchia di Tiziano come il bergamasco Giovanni Battista Moroni, Palma il Vecchio e Palma il Giovane e Giorgione.
Una sezione della mostra è dedicata alle “Coppie”, un nuovo genere che si affaccia all’inizio del Cinquecento a Venezia e da lì conquista l’Europa, dando spazio nella pittura alle effusioni e alla sensualità. Ma anche la letteratura non è da meno e Alessandro Piccolomini difende l’eros all’interno del matrimonio come presupposto per una prole felice.
Altro capitolo dell’esposizione “Eroine, e sante” ci offre l’esempio classico di Lucrezia che si toglie la vita perché disonorata e perché il disonore subito non abbia a ricadere sul marito. Ma c’è anche la bellissima Susanna e i Vecchioni di Jacopo Tintoretto, che nuda si rinfresca alla fontana. Il soggetto è biblico ma Tintoretto lo interpreta in chiave profana.
Ed ecco la sanguinaria Giuditta, tra le donne forti e coraggiose, e la seducente Salomè. E infine Maria Maddalena, la prostituta pentita, nella quale Tiziano sa mescolare bellezza e devozione, fascino e mortificazione.
In mostra anche il ritratto di Domenico Tintoretto, Veronica Franco, la più celebre poetessa veneziana del Cinquecento.
L’ultima parte della mostra racconta le donne ‘immaginarie’ in “Gli amori degli Dei”, in particolare con la vicenda di Venere e Adone e la loro tragica storia di passione e morte che, secondo il mito, è all’origine del colore degli anemoni, e una sala è dedicata a “Le conquiste di Giove”.
Chiude la mostra la sezione dedicata alle “Allegorie” dove tra le altre c’è Ninfa e pastore di Tiziano che mette al centro, anche in termini simbolici, la donna con la sua forza e la capacità di gestire la scena, e così facendo esprime la sintesi del suo “credo” e suggella il senso di questa mostra.
Ancora un commento sul rapporto tra Tiziano e i suoi “committenti”
Tiziano colloca sempre i suoi dipinti in un sofisticato contesto narrativo poetico per valorizzare il senso dell’amore e della bellezza in senso umano e filosofico. Dalle sue opere traspare il riconoscimento e la dignità dei personaggi che raffigura e in ogni presenza femminile c’è una glorificazione della donna che, nobildonna, domestica o cortigiana, presta la sua bellezza a dee e amanti di dei.
Daniela di Monaco
Palazzo Reale – Milano
TIZIANO e l’immagine della donna nel Cinquecento veneziano
fino al 5 giugno 2022
Promossa e prodotta dal Comune di Milano-Cultura, Palazzo Reale e Skira editore, con la Fondazione Bracco partner principale.
-----------------------------
-----------------------------
Se sei giunto fin qui vuol dire che l'articolo potrebbe esserti piaciuto.
Usiamo i social in maniera costruttiva.
Condividi l'articolo.
Condividi la cultura.
Grazie