
Tord Gustavsen nasce a Oslo nel 1970, inizia a suonare il pianoforte a soli 4 anni, studia all'Università di Oslo e al Conservatorio di Musica di Trondheim, diventa una figura di rilievo nel panorama jazzistico norvegese e finalmente, nel 2003, incide il primo album a suo nome per l'importante etichetta discografica ECM (Editions of Contemporary Music) fondata da Manfred Eicher e diventata ben presto prestigioso punto di riferimento per tantissimi musicisti di jazz e non solo. Seguiranno altre 7 incisioni per la ECM fino al recente Opening, registrato a Lugano nell'ottobre 2021 e messo sul mercato lo scorso mese di aprile.
Opening conferma ancora una volta l'uniformità compositiva ed esecutiva di Gustavsen che riesce miracolosamente a rinnovarsi (in questo album aiutato anche dall'ingresso del contrabbassista Steinar Raknes al posto di Harald Johnsen e dall'introduzione di qualche nuovo effetto elettronico) mantenendosi nel solco ben definito e riconoscibile della sua modalità espressiva.
La musica di Gustavsen appare sempre ispirata, rigorosa, essenziale. Nelle sue note non c'è mai compiacimento o ridondanza; c'è solo costante tensione emotiva, desiderio di comunicazione e condivisione di sensazioni e sentimenti, evocazione di ricordi e atmosfere. Nella musica di Gustavsen, nella sua caratteristica semplicità espositiva, troviamo poesia, luce, silenzio, intimità, colori.
L'album si apre con The circle, una melodia dolce e suadente che ci trasporta immediatamente lungo i fiordi norvegesi, ci mostra paesaggi incorrotti ed emozionanti, ci incanta con la visione di foreste, ghiacciai, cascate, fiumi, cieli dai colori intensi e luminosi. Segue Visa från Rättvik, un brano appartenente alla tradizione scandinava qui proposto in una versione che privilegia l'effetto sonoro all'esposizione melodica. Il terzo brano, Opening, che dà il titolo all'album, rappresenta un momento di intenso lirismo, una ricerca melodica di vago sapore mediorientale che è un viaggio interiore, una riflessione esistenziale, una poesia malinconica e struggente. Con i successivi The Longing e Shepherd Song Gustavsen torna a immergerci nei paesaggi incantati e incontaminati della sua terra con una musica evocativa e sempre sottilmente nostalgica.
Riporto alcuni versi del poeta norvegese Rolf Jacobsen (1907-1994) che possono ben commentare questi due brani e che, a loro volta, possono essere adeguatamente accompagnati da questa musica:
Immagini di terre sconfinate,
fughe di sabbia, bronzei cieli
dureranno fino alla fine dei tempi, il vento
solleva il granello di sabbia e lo posa su un sasso,
la pioggia lo lava via.
………………………………………………….
Un giorno verrà come una rosa, un altro come il fuoco.
Ogni cosa ha il suo tempo.
…………………………………………………
Presto il fiume porterà via le mie immagini,
pendii di montagne, case riflesse nell'acqua, un volto amato
porterà via, al mare. Tutto sarà cancellato
senza parole e il pianeta si piega
piano verso la notte, verso il giorno.
Da qualche parte il vento mormora già il mattino nei boschi,
da qualche parte il contorno di un monte
scivola lento nella notte.
Segue Helensburgh Tango, un brano dal sapore elegiaco, quasi liturgico, che del tango citato nel titolo sembra evocare più la triste atmosfera che la tipica scansione ritmica. La successiva Re-Opening costituisce, a mio avviso, il capolavoro dell'album, con la sua struggente melodia e le dolenti variazioni sulla stessa offerte dal pianoforte sempre delicato, a volte rarefatto, di Gustavsen. Si passa quindi all'espressionistica Finding II e alla splendida ballad Stream, permeata di dolce e serena malinconia.
A commento di quest'ultimo brano voglio citare alcuni versi di un altro importante poeta norvegese, Olav H. Hauge (1908-1994):
Fosco giorno d'autunno, nevischio.
Un morbido grigio disegno,
tracciato come in un sogno.
I pini han raccolto cotone di cielo
e infilato i fiocchi tra i capelli,
e le betulle tendono i rami sottili
delicatamente, delicatamente…
Su pozze ghiacciate scrivono gli uccelli
su nuove lavagne.
L'album prosegue con Ritual, il brano che maggiormente si discosta dalla consueta modalità espressiva di Gustavsen. Qui il suo mondo sonoro si arricchisce grazie agli inconsueti effetti elettronici introdotti da Raknes, senza perdere comunque il suo specifico carattere evocativo. Opening si chiude con due brani non originali che sembrano voler costituire, da parte di Gustavsen, un omaggio alla tradizione e alla musica colta della sua terra. Il primo, Fløytelåt/The Flute, appartiene al compositore e pianista norvegese Geirr Tveitt e il trio riesce a rivestirlo della sua tipica e inconfondibile nostalgica sonorità. L'altro, Vær Sterk, min sjel, è un brano scritto dal compositore norvegese Egil Hovland, del quale Gustavsen e i suoi sodali offrono un'interpretazione intensa che ne sottolinea l'ispirazione mistica e che quindi ben si inserisce nel repertorio del trio.
Restiamo in Norvegia con la citazione di una frase del pittore Edvard Munch (1863-1944) in merito all'opera d'arte che ben può riferirsi all'album Opening del Tord Gustavsen Trio e alla musica di Gustavsen in generale:
Un'opera d'arte è come un cristallo: come il cristallo deve possedere anche un'anima e il potere di continuare a brillare.
Mi pare che Opening possieda queste caratteristiche. Buon ascolto!
GianLuigi Bozzi
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