
Oggi dovrebbe concludersi il cosiddetto “blocco dei Tir”. Un ordinario paradosso italiano di cui si è capito poco, per le notizie contraddittorie sull'argomento e sulle motivazioni della protesta. Fa eccezione un articolo (24 gennaio 2012) del vice direttore del Corriere della Sera Dario Di Vico, abbastanza chiaro e documentato, che spiega alcuni punti essenziali.
Il quadro italiano del settore (un milione di addetti!) è deprimente. Negli ultimi dieci anni tutti i governi si sono occupati dei problemi della categoria, sono stati impiegate ingenti risorse economiche (anche con una condanna europea per aiuti impropri), sono stati annunziati e sottoscritti Patti per la logistica e numerose riforme del settore.
In vari momenti politici e sotto l'influsso di tendenze anche contrastanti l'attività è stata variamente disciplinata passando da regolamentazioni a tariffe vincolate a regimi totalmente liberalizzati e ad esempio nella “governance” del ministero dei Trasporti è attiva un'istituzione con reminiscenze ……. sovietiche denominato “Comitato centrale dell'albo dell'autotrasporto” e un'altra più democristiana denominata “Consulta Generale per l'autotrasporto e la logistica”. Centinaia di membri ma, forse proprio per questo, poca sostanza .
L' Albo dei Trasportatori prevede, in questa fase, un accesso regolamentato e limitato ad aziende con precise caratteristiche professionali ed economiche. Nonostante ciò il quadro attuale vede ancora un numero eccessivo di aziende, più di 110.000 anche se i ritmi di esclusione si sono molto accelerati (ma per problemi economici più che altro). I problemi sono: un livello di intermediazione e concorrenza (spesso sleale) insostenibile, oltre che illegalità e carente preparazione dei manager.
L'intermediazione e la scarsa remunerazione dell'attività sono alimentate sia dalla polverizzazione e dall'eccessivo numero di imprese, sia dal fatto che oltre il 40% delle 110.000 imprese iscritte non è strutturata per esercitare l'attività e si dedica solo al brokeraggio e alla rivendita dei trasporti. Per cui un viaggio spesso è rivenduto al ribasso due o tre volte e alla fine chi lo esegue lavora in perdita e difficilmente riesce ad incassare più dei costi variabili – carburante, autostrade e qualche volta personale – . La pluralità di soggetti e l'intermediazione comportano inoltre una debolezza strutturale nei riguardi della domanda alla quale la categoria non ha mai saputo reagire adeguatamente.
Tutto questo si è aggravato con la caduta della produzione e degli scambi, dalle pesanti restrizioni del credito, dall'allungamento dei tempi di pagamento con conseguenti erosione della già scarsa liquidità. È peggiorato anche dal fatto che Aziende di trasporto comunitarie e non, che devono recarsi in Italia, ci restano e operano sul territorio, con prezzi spesso scandalosi che sono permessi da salari più bassi e norme di sicurezza più blande, ma qualche volta solo da un organizzazione aziendale migliore.
Una situazione difficile.
La rappresentanza sindacale ufficiale è costituita da 13 organizzazioni di dimensioni molto diverse e ispirazione difforme che hanno cercato di negoziare con i governi che si sono succeduti ottenendo risultati, per la verità mai decisivi; per cui secondo le dichiarazioni di Assotir Trasfrigoroutesono trascorsi tre anni di “pace sociale”, senza che nessuno dei problemi strutturali che sono alla base della crisi dell'autotrasporto italiano fosse portato realmente a soluzione ed è bastata una scintilla a dar fuoco al malcontento>>.
La destabilizzazione è partita da un iniziativa di Unatrans rappresentativa della maggioranza delle organizzazioni (Confartigianato Trasporti, , Fai, Fiap L., Sna/Casartigiani, Unitai), che ha (ad esclusione di Cna Fita) proclamato un fermo di una settimana per gennaio, per mettere alla prova il nuovo governo e rassicurare i propri iscritti dell'impegno sul campo e dell'incisività delle azioni. La piattaforma di richieste elencava essenzialmente risultati di accordi precedenti, chiedendo rassicurazione circa i provvedimenti attuativi,
il vice ministro Ciaccia, ha aderito a tutte le richieste. E così sono stati rafforzati tutti gli impegni:
– Rimborso pedaggi aiuti finanziari ormai consueti al settore sui pedaggi autostradali 400 milioni previsti dalla Legge di Stabilità per il 2012 e conferma dell'”eco bonus” per autostrade del mare per 30 milioni.
– Costi minimi di sicurezza che prevedono che nella contrattazione del prezzo non si può superare il limite rappresentato da costi incomprimibili della sicurezza
– Accise e cioè la possibilità del recupero trimestrale (fino ad ora annuale) delle accise sui carburanti (gli autotrasportatori sostanzialmente sono esentati dal pagamento per cui non pagano queste tasse).
Si tratta di misure sufficienti a interrompere la crisi del settore? Certamente no! Ma la risposta del governo è stato l' accoglimento di tutte le richieste dei sindacati e il fermo è stato sospeso dall'Unatras.
Nonostante ciò, qualcuno ha deciso di cavalcare la tigre e il malcontento di una categoria allo stremo: “Trasporto Unito”, piccola sigla che sulla carta rappresenta una frazione di aziende inferiore all'1 % , ha potuto e voluto confermare la protesta con le conseguenze sotto gli occhi di tutti.
Tale conferma si è sommata alla cosiddetta protesta siciliana dei “forconi” amplificandone gli effetti.
E anche se l'adesione ideologica all'iniziativa è stata limitata, le imprese hanno preferito non rischiare danni ai camion da parte dei manifestanti ai picchetti e sono state costrette in questo modo ad incrementare i disservizi. E qualche tir che blocca un accesso può provocare code mostruose e non è facile intervenire con la forza pubblica. I danni al sistema, i danni ai consumatori e il clamore sono stati notevoli. E alla fine ci sono stati denunziati, morti e feriti.
Si sono anche consolidati collegamenti dei manifestanti con altre categorie in crisi come pescatori e agricoltori ma anche alleanze spurie con movimenti nati dalla contestazione. E qualche voce parla di partecipazione attiva di organizzazioni criminali come mafia e camorra.
Che cosa è stato ottenuto con una settimana di proteste che hanno provocato gravi danni all'economia e disagi a tutti i consumatori? Sul piano concreto nulla in più di quello che aveva portato alla sospensione! Infatti il ministro Passera ha solo confermato gli impegni già presi.
Probabilmente sul piano del consenso l'azione di “Trasporto Unito” ha raccolto consensi immediati, che difficilmente conserverà se non riuscirà a costruire e difendere una piattaforma radicale che possa soddisfare le frange che hanno aderito al fermo. Alcuni punti dichiarati nel corso della settimana appaiono quantomeno di difficile attuazione.
Si preannunzia il caos prossimo venturo? E' possibile ma certo non si avviano a soluzione i problemi di una categoria.
Francesco de Majo
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