
Per la prima volta dal 2003 e a pochi mesi dal centenario della fondazione della Repubblica di Turchia (ottobre 1923) il presidente uscente e leader del Partito della Giustizia e dello Sviluppo (AKP), Recep Tayyip Erdoğan rischia concretamente di dover lasciare il potere. Questo almeno «secondo le principali agenzie che hanno raccolto dati nelle ultime due settimane (Euronews, AR-G Arastirma, GEHSC, 600Vekil), si tratta di un testa a testa: lo sfidante Kilicdaroglu sarebbe leggermente in vantaggio nelle intenzioni di voto con una percentuale di preferenze che va dal 46 al 49% dei voti, mentre Edogan rimane tra il 43 e il 47%: nessuno oltre il 50%» [1].
Potrebbero non bastare le folle immense che è riuscito a radunare di recente per rassicurarlo perché la pessima gestione del catastrofico terremoto di febbraio e la situazione economica del paese sono davanti agli occhi di tutti e le sue responsabilità sono evidenti. Del resto la Turchia dovrà affrontare la ricostruzione per un sisma che oltre alle 50.000 vittime ha provocato immani distruzioni con danni per 100 miliardi di dollari.
Erdoğan spinge molto sulla retorica nazionalista e religiosa (musulmano sunnita) che consoliderebbero il progetto di una Turchia lontana da quella laica del padre della Turchia moderna, Mustafa Kemal Atatürk. Una retorica continuamente appoggiata alla crescita economica di questi vent'anni, anche attraverso l'espansione dell'industria militare, ad un maggiore benessere materiale, ad una politica estera che ha dato un ruolo importante al paese nel mondo. Una politica però sorretta da una feroce repressione che ha portato ad incarcerare un numero di persone che in Europa è solo secondo alla Russia, dalla limitazione della libertà di stampa e opinione, per non parlare della negazione dei diritti civili e delle minoranze, in particolare quella curda.
Ma, come dicevamo la questione economica, con le scelte fatte nella politica monetaria (mancato rialzo dei tassi conseguente ad un'inflazione figlia della guerra in Ucraina) da parte di Erdoğan ha messo in crisi i bilanci familiari. E poi deve fare i conti anche con la questione migranti e rifugiati che è nelle preoccupazioni della popolazione.

Le elezioni in Turchia del 14 maggio riguardano il rinnovo della Presidenza della Repubblica e della Grande Assemblea Nazionale, il parlamento del paese composto da 600 deputati. L'elezione del presidente avviene con un sistema maggioritario a doppio turno; se al primo nessuno raggiungerà la maggioranza assoluta dei voti si andrà al ballottaggio del 28 maggio.
A concorrere per la presidenza ci sono quattro candidati [2] uomini: il presidente uscente Recep Tayyip Erdoğan del Partito della Giustizia e dello Sviluppo (AKP) e che è alla guida del paese dal 2003, il laico e di centro-sinistra Kemal Kılıçdaroğlu del Partito Popolare Repubblicano (CHP) e sostenuto da altre sei formazioni del cosiddetto Tavolo dei Sei, Muharrem İnce del Partito della Patria (MP) e Sinan Oğan del Partito del Movimento Nazionalista (ATA). Gli ultimi due sono accreditati di percentuali tra il 2% e il 3%.
La questione è più complessa nell'elezione dei parlamentari dove la destra della coalizione Alleanza popolare, di cui è asse portante l'AKP, viene data in vantaggio rispetto al Tavolo dei Sei. I parlamentari verranno eletti con un sistema proporzionale e distribuiti tra i partiti e le coalizioni con il metodo D'Hondt [3]. I partiti o le coalizioni, per entrare alla Grande Assemblea Nazionale, devono superarela soglia di sbarramento del 7% a livello nazionale.
Nonostante le donne rappresentino il 50,7% dell'elettorato non se ne vedranno di molte in Parlamento. I motivi sono due e strettamente collegati: la scarsa presenza nelle liste dei partiti e la loro posizione in basso alla lista stessa che influisce direttamente sull'elezione perché i voti per i partiti vengono assegnati ai candidati proprio in base alla loro posizione nelle liste.
«Dei loro 600 candidati parlamentari , il Partito per la giustizia e lo sviluppo (AK Party) al governo del presidente Recep Tayyip Erdoğan ha nominato 113 donne, mentre il principale Partito repubblicano del popolo (CHP) all'opposizione ne ha selezionate 156 – rapporti rispettivamente del 18,8 e del 26%. Il Partito dei lavoratori della Turchia (TIP) sta mettendo in campo la percentuale più alta di candidate donne al 40,5%. Osservare il numero di donne di alto rango nelle liste di partito offre una prospettiva ancora più cupa per il ruolo delle donne nella politica tradizionale. Il CHP ha le donne al primo posto nella sua lista solo in 11 degli 87 distretti elettorali turchi, mentre l'AKP ne ha quattro» [4].
Per il leader dell'opposizione Kılıçdaroğlu in caso di vittoria bisognerà rimettere ritornare ad un sistema parlamentare, ridando anche un livello di separazione maggiore tra i poteri che, soprattutto dal 2018, sono stati accentrati nelle mani dl Presidente e dell'Esecutivo rendendo zoppa la democrazia.
In caso di vittoria, data l'eterogeneità della coalizione nata con il collante della sconfitta di Erdoğan e del suo partito, che gode anche dell'appoggio esterno del principale partito filo-curdo il Partito democratico popolare (HDP), la gestione potrebbe non essere così semplice. Per quanto la loro alleanza di Kılıçdaroğlu abbia un esteso memorandum che detta il programma, le norme per le rappresentanze nelle sedi istituzionali e le regole per redimere le controversie, i dubbi ci sono e vengono da eventi concreti. Infatti, ad esempio, «la coalizione non è stata in grado di impegnarsi a rientrare nella Convenzione di Istanbul contro la violenza nei confronti di donne e ragazze, perché uno dei suoi leader, il presidente del partito islamista Felicity Temel Karamollaoglu, ritiene che mina i valori della famiglia e promuove la comunità LGBTQ. Un altro punto critico è stata l'aspra critica delle politiche economiche dell'AKP negli ultimi due decenni, che è stata rivolta da Bilge Yilmaz, un alto funzionario dell'IYI che si candida a diventare ministro dell'economia» [5].
Tutto questo sempre che la transizione possa avvenire e non accadano eventi come quelli negli Stati Uniti e in Brasile.
Pasquale Esposito
[1]Enrico La Forgia , Cosa sapere sulle elezioni in Turchia, 10 maggio 2023
[2] I candidati devono avere almeno 40 anni e devono avere un livello di istruzione superiore. Bisogna essere presentato da un partito o da una coalizione di partiti che abbiano ottenuto almeno il 5% dei voti nelle precedenti elezioni parlamentari. In alternativa gli indipendenti, per candidarsi, devo raccogliere almeno 100.000 firme tra l'elettorato.
[3] Questo sistema prevede che si divida il totale dei voti di ogni lista per 1, 2, 3, 4, 5… fino al numero di seggi da assegnare nel collegio, e che si assegnino i seggi disponibili in base ai risultati in ordine decrescente.
[4] Andy Wilks, Women face political barriers ahead of Turkey elections, 10 maggio 2023
[5] Ragip SoyluInAnkara, Turkey elections: Can the opposition stay together if they win?, 4 maggio 2023
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