
A proposito della Turchia, lo scrittore premio Nobel per la letteratura Orhan Pamuk ha detto, alla presentazione del suo ultimo libro a Istanbul, che “quarant’anni fa non avrei mai immaginato che il mio Paese potesse arrivare a una situazione così terribile sia a livello politico sia economico” [1].
In un’intervista alla Reuters il sindaco di Istanbul e possibile sfidante del presidente Tayyip Erdoğan, Ekrem Imamoglu, ha parlato della crisi economica e politica determinata dalle scelte del presidente. Ha visto aumentare le file per l’acquisto del pane nonostante “il suo comune venda pane a 1,25 lire turche (9 centesimi di dollaro), circa la metà del prezzo nelle normali panetterie e ha quasi raddoppiato la produzione di pane a circa 1,5 milioni di pani al giorno per soddisfare la domanda. Ma ha detto che le code indicavano che questo non era abbastanza” [2].
Una delle cause dirette di questa situazione è la costante crescita dell’inflazione, la perdita di valore della lira turca, i salari e gli stipendi con sempre meno potere d’acquisto con la conseguenza di un allargamento delle fasce di povertà in Turchia.
Per quanto il Fondo Monetario Internazionale abbia accreditato alla Turchia una crescita del Pil del 9% per quest’anno, la lira turca continua a perdere valore nei confronti di dollaro e euro. Dall’inizio dell’anno ha perso il 80% e l’inflazione è salita ad oltre il 21%. Una concausa nemmeno troppo marginale è stata la scelta della Banca centrale, su pressioni e cambi al vertice imposti Erdoğan, di tagliare per l’ennesima il tasso di interesse con la “necessità” secondo il governatore Sahap Kavcioğlu ”di promuovere investimenti, produzione e crescita, mentre mira a raggiungere l’obiettivo della stabilità monetaria attraverso la riduzione del deficit di conto corrente” [3].
La strada della diminuzione dei tassi in presenza di inflazione elevata è una scelta di politica monetaria molto sui generis secondo le teorie economiche e le conseguenti politiche adottate dagli Stati e dalle banche centrali. La perdita di valore della lira turca che ieri toccava il minimo storico con il dollaro dopo un altro tonfo nella giornata, ha sì fatto crescere le esportazioni (beni e servizi turchi costano meno) o provocato fenomeni come l’afflusso di cittadini bulgari nelle città di confine per acquistare ogni tipo di merce facendo la fortuna di negozianti e in generale dell’economia di quell’area di confine. Ma non basta perché questa politica lascia per strada difficoltà economiche per le classi meno abbienti e ora anche una parte della classe media.
In prima linea ci cono anche gli operatori sanitari e medici che il 15 dicembre scorso hanno scioperato chiedendo migliori condizioni salariali vista la spinta inflazionistica. Per di più il mondo della sanità turca deve gestire un aggravamento della pandemia con quasi 20.000 nuovi casi di Covid-19 e 180 morti al giorno. Secondo il principale sindacato medico, l’Associazione medica turca (TTB) “molti medici hanno cercato di lasciare il Paese a causa dei bassi salari, dei lunghi orari e del rischio di violenza, ha aggiunto. Più di 100.000 medici sono stati aggrediti fisicamente e verbalmente negli ultimi 11 anni e almeno 10 sono stati uccisi dai pazienti” [4].
Come spesso accade, a pagarne le conseguenze di situazioni critiche sono gli ultimi. La Turchia è il paese con più alto numero di migranti e rifugiati sul proprio territorio (il presidente ha parlato di 5 milioni) e “il tema dei migranti e dell’immigrazione illegale è molto sentito in Turchia e negli scorsi mesi si sono verificati episodi di violenza con masse di nazionalisti che hanno attaccato quartieri abitati da siriani ad Ankara e Smirne. Gran parte della popolazione turca esprime frequentemente frustrazione per la presenza di migranti nel contesto di un’economia sempre più fragile […]. Molti turchi ritengono che il paese non possa permettersi di continuare a dare aiuto, mentre gran parte della popolazione già soffre per problemi economici” [5].
Mentre Erdoğan continua a chiedere di avere fiducia nelle scelte economiche del governo a Istanbul e in altre città, anche in quelle roccaforte del partito Giustizia e Sviluppo al potere, aumentano le file davanti ai negozi alimentari e alle stazioni di servizio di persone che temono ulteriori e più pesanti aumenti di prezzi. Ed è sempre più facile leggere di manifestazioni di protesta contro la povertà, l’aumento dei prezzi e contro lo stesso presidente. Presidente che ha visitato il Qatar anche con l’obiettivo di cercare liquidità per il suo paese ma non ha ottenuto accordi significativi per l’economia turca.
La risposta ai lavoratori è stato l’annuncio dato dallo stesso presidente che dal prossimo 1 gennaio il salario minimo mensile verrà aumentato del 50% e cioè diventerà di 4.250 lire (275,44 dollari) che però in termini reali sarà molto meno dato l’aumento dei prezzi.
Ece Temelkuran giornalista, scrittrice e attivista turca in una conversazione con https://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/2021/12/14/pamuk-mai-pensato-la-turchia-potesse-cadere-cosi-in-basso_4b0505aa-6558-4639-993d-ab6096f59435.htmlMegan Gibson ha riferito che “oltre alla crescente pressione sulle famiglie, Temelkuran ha affermato che c’è una crescente sensazione che ci sia una corrente sotterranea di violenza che attraversa il paese. Piccole proteste sono scoppiate nelle ultime settimane, portando ad arresti a Istanbul e Ankara. Si teme che ce ne saranno di più e che non saranno pacifici. «Mancano 15 minuti al collasso, il collasso totale». «Quello che vedo oggi in Turchia è molto simile a quello che avevamo visto in Venezuela qualche anno fa» [6].
Le elezioni presidenziali sono lontane, ma Erdoğan non può reggere per lungo tempo una tale situazione dove il consenso continua a scendere anche tra i suoi sostenitori.
Pasquale Esposito
[1] Pamuk, ‘mai pensato la Turchia potesse cadere così in basso‘, 14 dicembre 2021
[2] Mehmet Emin Caliskan e Daren Butler, Turks wait in line for cheap bread as inflation eats into earnings, 8 dicembre 2021
[3] Valeria Talbot, Giochi pericolosi ad Ankara, 10 Dicembre 2021
[4] Murad Sezer, Turkey’s medical workers protest low wages, harsh conditions, 15 dicembre 2021
[5] Filippo Cicciù, Essere migranti in Turchia, sempre più difficile, 30 novembre 2021
[6] Megan Gibson, “There’s 15 minutes until collapse”: Ece Temelkuran on fears that Turkey’s economic crisis could turn violent, 14 dicembre 2021
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