Turchia. Referendum, crocevia per il futuro

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Nei tribunali di alcune città come Ankara, Istambul, Izmir, Diyarbakir numerose associazioni hanno presentato, da qualche giorno, denunce per incriminare i responsabili [1] dei crimini commessi dai militari, in particolare dopo il golpe del 12 settembre 1980.
Se come molto probabile non saranno processati e condannati per quei reati sono andati in prescrizione, i militari, con le nuove regole costituzionali votate con il del 12 settembre 2010, saranno assoggettabili alla magistratura civile che li potrà giudicare per i reati commessi contro la sicurezza nazionale e l'ordine costituzionale. Evidentemente una parte dei turchi che hanno approvato le modifiche non hanno dimenticato i lutti e le sofferenze di quegli anni [2].

. Istanbul. Uno sguardo sul riposo. Luglio 2008. Foto Bianca Tor

Il referendum ha registrato una massiccia affluenza alle urne: circa il 77% dei quasi cinquanta milioni aventi diritto. L'astensione era fortemente sostenuta dal curdo BDP (Partito della pace e democrazia) perché le proposte non riguardavano quegli articoli della costituzione che afferiscono all'unitarietà dello stato e della nazione turca con un un'unica lingua. Il boicottaggio nelle aree curde del sud est è riuscito avendo ribaltato quasi le percentuali dei partecipanti.
Il “SI” ha vinto con circa il 58% dei voti, percentuale questa considerata al di là delle attese. Il maggiore sostenitore e beneficiario del cambiamento della costituzione è stato il premier Recep Tayyip che sostenuto dal suo partito, il filo-islamico Akp (Giustizia e Sviluppo), combatte contro l'apparato militare con l'obbiettivo di ridimensionarne il potere nella vita politica e sociale del paese. Il partito del “NO” era sostenuto dall'ultra-nazionalista MHP (Partito del movimento sociale) e dal CHP () fortemente preoccupato della deriva che possa prendere la Turchia sempre più controllato da un partito islamico. Un'altra parte della società civile, soprattutto metropolitana, come le associazioni gay, femministe, lesbiche e l'area socialista hanno votato no per la pochezza delle modifiche.

In effetti, se i nuovi emendamenti costituzionali consentiranno di votare in Parlamento una costituzione sostanzialmente diversa e più democratica rispetto a quella ratificata nel 1982 dopo il golpe, in molti ambienti si evidenzia il pericolo di un accentramento nelle mani dell'Akp che, controllando il potere legislativo e l'esecutivo, potrebbe pesantemente indirizzare anche il potere  giudiziario. Secondo Soli Ozel analizzando gli emendamenti <<è evidente che la relazione tra potere esecutivo e giudiziario non sarà di facile risoluzione. Il referendum apre molti buchi che dovranno essere riempiti da nuove leggi e nuove regole. Al governo bisogna dare il beneficio del dubbio, anche se i dubbi sulle sue intenzioni restano legittimi>> [3]. Una lenta e inesorabile deriva islamica potrebbe essere facilitata anche da un'opposizione che sta perdendo consistenza.

Con il referendum sono stati approvati ventisei articoli. Novità di rilievo sono appunto quelle inerenti all'ordinamento giudiziario. La giustizia ordinaria, come si diceva all'inizio, potrà chiamare in giudizio i militari. I giudici della Corte Costituzionale avranno quattro membri permanenti e diventeranno diciassette sei in più degli attuali. L'organo di autogoverno della magistratura la Commissione Suprema della Magistratura (Hsyk) porterà il numero dei suoi componenti da sette a ventidue e di questi quattro saranno nominati dal Presidente della Repubblica e sedici dai magistrati. Nella Commissione membri di diritto resteranno il ministro della Giustizia e il suo sottosegretario.
Altri cambiamenti riguarderanno i diritti individuali e collettivi. L'intento è quello di tutelare meglio le donne, gli anziani, i bambini e i disabili. I dipendenti pubblici potranno scioperare per motivi politici, sarà consentita la negoziazione di un contratto collettivo di lavoro, il singolo avrà diritto di ricorrere all'alta corte e sarà emanata una legge sulla privacy.

Erdogan ha ottenuto un'altra vittoria che con tutta probabilità lo accompagnerà al terzo mandato con le elezioni del 2011. E' anche una vittoria diplomatica visto il plauso ricevuto dagli USA e dall'Europa che considera le modifiche costituzionali la strada giusta per l'approdo a Bruxelles.
Questo referendum è anche la vittoria della borghesia musulmana che appoggia la politica economica liberale del premier. Con il sostegno di una politica estera moderata, il governo sta sostenendo l'apertura dei mercati alle aziende turche ed in particolare alle Tigri dell'Anatolia. Nemmeno vecchi dissapori o storici nemici, come la Serbia, fermano questa espansione verso i paesi vicini con in testa l'Iran [4].

Turchia. Istanbul. Attività commerciali. Luglio 2008. Foto Bianca Tor

Occorre attendere mesi per una verfica se la direzione sarà essenzialmente verso un modello più democratico delle istituzioni e nei diritti dei cittadini oppure verso un'ingerenza delle regole religiose nella vita politica e sociale.
Pasquale Esposito

[1] “Cases line up against those responsible for coup”, http://english.sabah.com.tr, 14 settembre 2010
[2] Il golpe del 12 settembre 1980, guidato dal generale Kenan Evren, inondò la Turchia di violenze che furono particolarmente brutali contro il popolo curdo. Si contano, tra l'altro cinquanta impiccagioni, centinaia di richieste di condanna a morte, centinaia di migliaia di arresti con quasi due milioni di persone indagate e con decine di migliaia di condanne per appartenenza ad organizzazioni illegali.
[3] Intervista a Ozel è professore di relazioni internazionali e di scienze politiche alla Kadir Has University di Istanbul, “Ora il premier non ha più rivali”, www.ilsole24ore.com, 14 settembre 2010
[4] Per un recente e immediato resoconto sul tema cfr. Alberto Negri, “Sapore di Iran nel boom turco”, Il Sole 24 Ore, 12 settembre 2010, pag. 8

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