
Mentre si consuma il dramma della Grecia dopo la scia di errori, connivenze e premeditate scelte politiche e finanziarie dei governi europei, Germania in testa, in Ucraina continua ad esserci di fatto uno stato di guerra sul campo e una guerra fredda tra USA (con l'Europa che ne ha la procura) e Russia. Era dalla scontro sugli euromissili negli anni tra il 1982 e il 1987 che non si verificava un così alto livello di crisi tra le parti. Come ha spiegato l'ex-ministro francese Jean-Pierre Chèvenement «il futuro dell'Ucraina – adesione alla Nato o neutralità – è inseparabile dalla riconfigurazione dei rapporti di forza su scala europea e mondiale. Già nel 1997, Zbigniew Brzezinski scriveva che il solo modo di impedire alla Russia di tornare a essere una grande potenza era la sottrazione dell'Ucraina alla sua influenza».
Una crisi evitabile continua Chèvenement, «sarebbe bastato un piccolo sforzo dell'Unione europea, al momento del lancio del partenariato orientale (2009) negoziando un più ampio accordo con l'Ucraina, in modo da renderlo compatibile con l'obbiettivo del partenariato strategico Unione europea-Russia del 2003»[1].
Certo la Russia ha alzato il tiro con l'annessione della Crimea ma non si può partire da lì per le valutazioni.
Il fragile cessate-il-fuoco, siglato con gli accordi di Minsk II del febbraio scorso, è frequentemente violato. Anche di recente scontri si continuano a verificare nei pressi della città di Marinka, 30 km da Donetsk e intorno dove si sono ammassate truppe e artiglieria pesante che non dovrebbe esserci per l'accordo di cui sopra. Morti da una parte e dall'altra e accuse reciproche di violazione dei patti.
Inoltre la decisione del Parlamento ucraino del 21 maggio 2015 che annulla i trattati di cooperazione militare con la Russia, compreso quello relativo al transito di rifornimenti e personale militare sul suolo ucraino potrebbe aggravare la situazione perché impedirebbe il supporto alle truppe presenti in Transnistria dove tra oltre a truppe russe ci sono 402 peacekeepers russi, 492 militari transnistriani, 355 moldavi e 10 osservatori ucraini del contingente congiunto per il mantenimento della pace [2].
Secondo un sondaggio (maggio-giugno 2015) realizzato dall'Istituto ucraino di politica internazionale il 46% dei cittadini di Francia, Germania, Italia, Polonia, Regno Unito e Spagna pensa alla guerra quando si nomina l'Ucraina, mentre il 18% la associa alla Russia e il 9% alla povertà. Un'associazione che però sembra non scuotere le coscienze in Europa vista che sono pochi coloro che lottano concretamente per una pace definitiva e quanto pochi entri nel dibattito comune una guerra in un continente che ha provato a darsi istituzioni comuni anche per evitare che si ripeta la barbarie delle due guerre mondiali.
Per i promotori del sondaggio una delusione perché «si chiedevano se la rivoluzione di Maidan avesse reso l'immagine dell'Ucraina più europea. Corruzione, oligarchi e povertà sono i motivi più citati da chi è contrario all'ingresso di Kiev nell'Unione» [3].
La guerra si sta portando dietro anche un notevole aggravamento delle già traballanti finanze ucraine. La Standard & Poors ha ulteriormente ridotto il rating del paese e le previsioni sono di un nuovo ribasso per un inevitabile default che la Goldman Sachs prevede a luglio. Del resto lo ipotizzano il primo ministro ucraino Arseniy Yatseniuk che con un tweet ha annunciato l'impossibilità di pagare i debiti esteri per 40 miliardi di dollari e la ministra delle Finanze Natalia Yaresko che non potrà staccare l'assegno di 120 milioni di dollari riguardanti Eurobond emessi dal governo ucraino. La Russia ha già annunciato che non ci saranno dilazioni né tantomeno ristrutturazioni dei 3 miliardi di dollari che Kiev deve a Mosca entro dicembre prossimo [4]. L'Europa che farà in questo caso? Nulla fino a che non si smarcherà dal ruolo di paladino dalla politica di contenimento del nemico russo voluta da Washington.
Chi sicuramente interverrà, anche se non potrebbe visto che si tratta di un paese in guerra, è il Fondo Monetario Internazionale (FMI). E qui, come ha spiegato molto bene Matteo Zola, entriamo in un ginepraio di mafia, corruzione e interessi economici e politici che coinvolgono tutti gli attori in campo.
Christine Lagarde, capo del FMI, che si è opposta ferocemente alla negoziazione con il governo greco qui potrebbe venire in aiuto, indiretto, dei creditori che oltre alla Russia vede in prima fila, tra i privati, quasi tutte corporation americane (Franklin Templeton, la società di investimento TCW; il gestore di Baltimora T. Rowe Price) restie a qualsiasi ristrutturazione. I fondi potrebbero essere erogati a fronte delle solite riforme, in parte già iniziate con i tagli alla spesa pubblica e le privatizzazioni, ma la guerra nell'area più ricca del paese, il bacino minerario del Donbass, non potrà far crescere l'economia e quindi sarà impossibile pensare alla restituzione. È di questi giorni la notizia della rottura delle trattative anche per la fornitura di gas russo.
Saranno ragioni politiche a prevalere, quelle che non sono prevalse per la Grecia.
Inoltre il FMI ha incaricato, su iniziativa della Germania, e qui il pensiero torna alla Grecia, tre esponenti del mondo economico ucraino con l'obiettivo di stabilire come destinare i fondi erogati. «Come spiegato da Pierluigi Mennitti su Il Foglio di questa “troika informale” fanno parte Dmitry Firtash – oligarca del gas e dei media legato alla mafia russa e recentemente arrestato a Vienna -; Rinat Akmetov -”l'oligarca degli oligarchi” i cui interessi si concentrano nel Donbass – e Viktor Pinchuk, oligarca “pro-europeo” che fece i soldi ai tempi di Leonid Kuchma, il padre-padrone dell'Ucraina nei primi anni novanta, di cui sposò la figlia. Attorno a questi tre personaggi si raccoglie una serie di consulenti francesi, tedeschi, austriaci e britannici, raggruppati nell'Agenzia per la modernizzazione dell'Ucraina […] La “troika informale” è composta da oligarchi ucraini che hanno forti legami con il Cremlino: la RosUkrEnergo di Firtash, che importa gas dalla Russia, è controllata al 20% da Gazprom, agenzia energetica pubblica russa. Firtash, però, è anche consulente economico del presidente ucraino Poroshenko. Akmetov è l'oligarca dell'acciaio, il più potente e influente fra gli oligarchi ucraini, con interessi nel Donbass occupato dai filorussi, già fedele alleato di Yanukovich, che aveva interessi economici nella regione di Slaviansk […] non due schieramenti contrapposti, che combattono a supporto del fronte militare, ma una rete di interessi condivisi e inestricabili che va da Berlino, a Vienna, a Kiev a Mosca e che, dietro il paravento della guerra del Donbass, cerca solo di dividersi il potere economico e l'influenza politica» [5].
Pasquale Esposito
[1] Jean-Pierre Chèvenement, “Crisi Ucraina, una prova di verità”, Le Monde diplomatique/il manifesto, giugno 2015, pag. 24. Un interesante articolo che parte dalla ricostruzione degli eventi principali.
[2] Per una disamina dei rischi che si corrono dopo questa decisione del Parlamento ucraino cfr. Mirko Mussetti, “Il casus belli perfetto: la Transnistria tra Russia e Ucraina”, www.limesonline.com, 29 giugno 2015
[3] “Sondaggio: per gli europei Ucraina significa guerra”, it.euronews.com, 24 giugno 2015
[4]“Spettro default anche per l'Ucraina”, www.rainews.it, 25 giugno 2015
[5] Matteo Zola, “UCRAINA: La “troika informale”, quando il FMI si avvale dei mafiosi”, www.eastjournal.net 22 giugno 2015
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