
di Fabio Viola
23 giugno 2008
Jeremy Liew è il managing director di LightSpeed Venture Partners, un fondo di investimento specializzato nelle nuove frontiere del gaming e del social network.
Qualche giorno fa ha scritto un interessante editoriale sulle pagine di TechCrunch che offre lo spunto ad una attenta disamina dello status quo del mercato dei social games. Prima di entrare nel vivo del discorso è il caso di fissare alcuni paletti utili per circoscrivere il raggio di azione di questi prodotti che, a volte, possono essere confusi con i titoli online.
<<Innanzitutto un social game per essere tale deve essere inserito all’interno di un contesto sociale. Questo comporta che l’applicativo giri all’interno di comunità (ad esempio i social network) dove un rapporto di amicizia in essere o in divenire è parte fondamentale dell’esperienza di gioco. Basandosi su questo presupposto, questi giochi online sfruttano al meglio questo rapporto tra gli utenti gettando le basi per un nuovo tipo di esperienza dove l’elemento ludico è spesso subordinato all’interrelazione sociale>>.
Se è vero che esistono esempi “duri e puri”, vi è anche una categoria intermedia di prodotti che hanno una componente community e virale attorno ad un gameplay più single player oriented: Konkregate e Miniclip possono essere gli esempi più esaurienti.
Nel giro di un paio di anni abbiamo assistito all’ingresso nelle top chart mondiali relative al traffico web di numerosi siti di social network. Youtube, Flickr, Myspace, Facebook solo per citarne alcuni. Radunano giornalmente decine di milioni di utenti nel mondo. L’utilizzo di queste piattaforme ha portato tre immediati e percepibili vantaggi:
- Drastica riduzione dei costi di sviluppo
- Drastica riduzione dei costi marketing e di distribuzione
- Maggiore facilità di monetizzazione
Ovviamente questi tre paradigmi sono validi anche per la neonata industria dei social games che ha da poco compiuto un anno di vita. Premesso che per evitare fraintendimenti e false aspettative bisogna tener ben separati i concetti di videogioco, gioco multiplayer e gioco “sociale” la cosa migliore da fare è registrarsi su Facebook e provare titoli come Friends for Sale o Fluff Friend per rendersi conto di cosa si intende per social gaming.
Friends for Sale è una seconda pelle cucita su Facebook. Offre la possibilità di comprare e vendere i propri amici aggiungendo elementi di personalizzazione come il regalar loro “oggetti virtuali“. (Fluff) Friends è, invece, una evoluzione in chiave “pets” del concept prima esposto. Potremo allevare teneri cuccioli virtuali per poi regalarli e vestirli come meglio crediamo.
Entrando nel dettaglio dei tre pilastri prima citati:
- Costi – vi è un abisso tra i 30 milioni di dollari stanziati per creare Halo 3 o i 100 milioni di dollari dichiarati per GTA IV ed il range compreso tra i 10 ed i 100 mila dollari per costruire una killer application social network. Un top game console arriva a vendere 10 milioni di copie, un top social games totalizza milioni di utenti. E allora dove è la differenza se lo scopo finale di un gioco è quello di divertire ed intrattenere l’utente? Sicuramente la complessità di trama e di grafica è irraggiungibile, gli scenari di Halo 3 sono un lontano sogno per i giocatori on line ma al contempo un social game ha maggiori possibilità di essere innovativo e di adattarsi in corsa alle esigenze del proprio pubblico grazie alla possibilità di aggiornamenti quotidiani non essendo su supporto fisico.
- Marketing e distribuzione – sempre Halo 3 è costato ulteriori 30 milioni di dollari in marketing [1]. Questi investimenti sono obbligatori per creare attesa e desiderio verso una scatola fisica che preclude all’utente di essere provata prima dell’acquisto. Spendere 60 euro per un gioco non si fa a cuor leggero e quindi il marketing diventa insostituibile se ci si prefissa traguardi importanti. Al contempo solo pochi social games sono riusciti a superare la soglia delle 5 milioni di installazioni ed addirittura solo 3 hanno superato la soglia degli 8 milioni (Texas Hold’Em, Zombies e Friends for Sale). Ma studiando i dati il settore gaming, all’interno dei social network, è quello più gettonatato, e non a caso su Facebook nella top 10 vi sono ben 5 giochi ( Owned, Friends for Sale, Texas Hold’Em, Lil Green Patch e Scrabulous).
- Monetizzazione – a distanza di un anno i giochi su piattaforme Social Network (non solo Facebook ma anche Myspace, Bebo, Friendster, Hi5 e così via) iniziano a generare i primi ricavi anche grazie alla nascita di società specializzate in social advertising: Double Fusion, Massive e Mochi Media. Appoggiandosi ad esse gli sviluppatori possono focalizzarsi esclusivamente sul gameplay. Al pari dell’advertising la vendita di virtual items (gadget virtuali e strumenti all’esprerienza di gioco come un auto più potente, tshirt alla moda per andare in disco…) inizia a diventare un tema corrente anche nei mercati occidentali dopo esser stato, e lo è tuttora, un vero e proprio fenomeno in Asia. La community gaming Habbo Hotel sta riportando fatturati relativi ai virtual items vicini ai 50 milioni di dollari (la maggiorparte dei quali in Europa) e MapleStory realizza 30 milioni negli USA.
[1] www.techcrunch.com
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