Un mondo che continua a produrre sperequazioni

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Tra ricchi e poveri la forbice si allarga. Dal Global Wealth Report pubblicato il diciannove ottobre dal Credit SuisseResearch Institute al Rapporto dell'Onu sullo sviluppo umano 2011 presentato il primo novembre la conclusione è la stessa.
Si tratta di due analisi completamente diverse, ma quella della sperequazione sempre maggiore è un'evidenza dolorosa.

Italia. Roma, via Acaia. Letture di strada. Settembre 2010. Foto Pasquale Esposito

Una tendenza globale alla quale non sfuggono nemmeno i paesi facenti parte dell'OCSE. A maggio 2011 in un Forum venivano presentati i dati del periodo che va dalla metà degli anni ottanta al 2008. Le disuguaglianze crescevano nella gran parte dei paesi sviluppati.
Dei ventisette paesi analizzati solo otto, tra cui la Francia, il reddito del decile più povero è cresciuto ad un tasso più alto di quello più ricco. Negli altri diciannove dove accade il contrario ci sono due paesi come Israele e Giappone il reddito del decile più povero diminuiva in termini reali.
La Germania ha registrato un tasso di crescita del reddito del decile più ricco dell'1,6% contro uno 0,1% di quello più povero. Si tratta di una percentuale di 16 volte più alta. In Svezia la differenza a vantaggio dei redditi più ricchi è stata di 6 volte e in Italia di 5,5 volte. L'evidenza numerica ci conduce dritti alle politiche economiche e sociali adottate dalla rinascita delle politiche neoliberiste.

Sudafrica. Dal parrucchiere. Agosto 2009. Foto Lorena Franzini

Le cose non cambiano come si diceva quando si analizza la . Il Global Wealth Report è appunto un'analisi della ricchezza dell'intera popolazione mondiale adulta e cioè di circa 4,5 miliardi di persone. La ricchezza è data dalla differenza netta tra asset finanziari e non finanziari (le proprietà sostanzialmente) e debito. A metà del 2011 la ricchezza globale è stata calcolata essere di 231 mila miliardi di dollari. Ebbene l'1% della popolazione detiene l'eticamente indicibile percentuale del 38% della ricchezza totale. Dei quasi 29 milioni di adulti con oltre un milione di patrimonio il 37,2% vive nell'Unione europea e il 37% negli Stati Uniti. E' una ricchezza che continuerà a crescere e il motore avrà le migliori performance in Cina, India, Brasile e Africa. Se potremmo assistere ad un assottigliamento delle differenze con i paesi sviluppati il divario tra le persone rischia comunque d continuare a peggiorare.
Secondo John Leeil reddito netto di oltre 400 milioni di persone ha subito una stagnazione nell'ultimo decennio, e i livelli assoluti di sono effettivamente aumentati nello stesso periodo>> [1].


Cina. Shanghai. Trasporti pesanti. Foto Massimiliano Scanavini 2006

Una prospettiva che potrebbe riguardare l'intero pianeta secondo quanto sostenuto dall'ONU alla vigilia del G20 di Cannes tutto focalizzato sui debiti europei Grecia e Italia in testa.
Il Rapporto 2011 sullo sviluppo umano, documento del Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo (Undp), è stato intitolato significativamente “Sostenibilità ed equità: un futuro migliore per tutti”. Nella sostanza secondo l'agenzia è ineludibile un'azione globale con efficaci misure contro il cambiamento climatico e le profonde disuguaglianze se non si vogliono perdere i progressi fatti.
Il Rapporto analizza, tra le l'altro, i livelli di scolarizzazione, le aspettative di vita e il reddito pro capite (Indice di sviluppo umano, Isu) in 187 Paesi del mondo (non ci sono Somalia e Corea del Nord). Al primo posto si conferma la Norvegia seguita da Australia e Olanda, mentre agli ultimi  tre posti Burundi, Niger e la Repubblica democratica del Congo. L' con 28 paesi sugli ultimi trenta ancora una volta è lo specchio delle ingiustizie perpetrate ai danni delle sue popolazioni.
Se il valore medio dell'Isu è cresciuto del 42 per cento dal 1970 la distribuzione del reddito è peggiorata in molte parti del pianeta come l' dove le disuguaglianze sono le più presenti.
Sono 1,3 miliardi di persone che vivono con 1,25 dollari al giorno o meno. Secondo il Rapporto i progressi potrebbero essere rallentati o invertiti entro il 2050 senza nuove misure, in particolare quelle che combattano i danni ambientali e che istradino la crescita verso uno sviluppo sostenibile. La distruzione dell'ambiente pesa proporzionalmente molto più sui Paesi poveri. E quanto più le risorse naturali saranno depredate tanto più sarà difficile uscire dall'idigenza.
Pasquale Esposito

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