Una volta nella vita di Marie-Castille Mention-Schaar

Una volta nella vita film

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Siamo al , , : una miscela esplosiva di etnie, confessioni religiose e conflitti sociali.

Una volta nella vita Noémie Merlant
Nella classe peggiore della scuola la professoressa di storia, Anne Anglès, invece di capitolare come molti altri colleghi di fronte a questi adolescenti disperati e disperanti, propone loro un progetto comune: partecipare a un concorso del Ministero dell'Istruzione sul tema del . Una missione pressoché impossibile per una classe a maggioranza musulmana, dove la lascia indifferenti quando non palesemente negata. Dapprima reticenti, gli allievi accettano la sfida…

INVANO
Invano giace il derelitto
invano si lamenta la sua voce.
Forse morirà: è bello oggi
il mondo, vero ?
Anonimo

foto dal set una volta nella vita
Esce oggi 27 gennaio 2016, in occasione della giornata della memoria, questo film ispirato ad una storia vera. Partiamo dall'antefatto: nel 1961, in Francia venne istituito un concorso rivolto alle scuole, il “Concours National de la résistance et de la déportation”. A questo concorso partecipano ogni anno classi di studenti liceali e di scuole superiori. Nell'anno scolastico 2008/2009 il tema proposto fu: “I bambini e gli adolescenti nel sistema concentrazionario nazista” e a vincere fu proprio la classe che viene raccontata in questo film. Gli studenti, molti dei quali musulmani oppure assolutamente ignoranti riguardo al passato, che ritengono lontano e inutile da ricordare, vengono spronati dalla docente di storia dell'arte ed educazione civica, la professoressa Anna Anglès, a prendere contatto con questa storia.

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Affrontare il sistema concentrazionario nazista e leggerlo come metafora del meccanismo oppressivo delle strutture organizzate, è naturalmente chiedere troppo a questo film, che giustamente racconta altro. Il tema di quell'anno scolastico avrebbe potuto aprire una riflessione sul , dove venivano deportati i bambini e che il nazismo utilizzava come specchio delle allodole per la Croce Rossa, che visitava il campo ignorando (o facendo finta di ignorare) il reale ruolo del Campo.
Invano, la poesia che avete appena letto, è una delle poesie dei bambini di Terezin.

Questo lavoro evita delle riflessioni troppo profonde e lavora sopratutto su un piano: quello di raccontare come un gruppo di adolescenti di una classe ritenuta piuttosto problematica, riesca a prendere contatto con un passato troppo spesso rimosso. E' quindi anche un film sul ruolo degli insegnanti e in tal senso segue le strade fin troppo battute, del maestro che riesce ad aprire nuove ipotesi di riflessione ai propri allievi. Ad essere sinceri, non svolge questo compito con molta originalità, anche se ha dei guizzi interessanti. E' inoltre presente la riflessione della società francese sul concetto di laicità, che è tutto descritto nella prima scena, dove ad una ex allieva che vuole entrare a scuola per ritirare il proprio diploma, viene impedito di entrare se prima non toglie il velo. E si scopre che nelle aule delle scuole francesi non si può entrare con il velo in testa, ma neanche esponendo il crocifisso al collo.


Il film è girato nella vera scuola di Créteil e alcune immagini la mostrano vuota, senza studenti, professori, persone. La scuola vuota quindi non serve, anche se è bella, pulita e limpida. Tutte le strutture sociali sono la somma degli spazi fisici e delle relazioni che le persone vi stabiliscono al proprio interno.
Anche il titolo assegnato alla versione italiana del film, pare accentuare il concetto della diffusione della cultura come possibilità di emancipazione, mentre invece il titolo francese “Les héritiérs”, gli eredi, intende spostare maggiormente l'attenzione sul fatto che i giovani, siano essi ebrei, musulmani o cattolici, sono eredi della memoria, che è compito degli adulti trasmettere.

Il film nasce per l'impegno e la determinazione di uno di quegli studenti, , musulmano, che questa esperienza ha cambiato, e che interpreta uno degli studenti. Si è appassionato agli studi,  ha scritto una sceneggiatura che è piaciuta alla regista, che poi ha lavorato sul film.
Ma qui il lavoro mostra i suol limiti. Gli studenti sono veri studenti e si preferisce rinunciare alla freschezza delle riprese in diretta, chiedendo ai ragazzi di recitare una parte. Va detto, a merito della regista, che le riprese sono state montate in ordine cronologico, proprio per raccontare meglio lo sviluppo delle relazioni all'interno del gruppo classe, ma il limite della finzione è fin troppo evidente. Dal punto di vista cinematografico il lavoro gestisce in maniera un po' troppo frettolosa la trasformazione di una classe di cialtroni adolescenti passivi in un gruppo di lavoro paraziendale, e qui mostra delle evidenti ingenuità e semplificazioni. Ma il film, per quanto eccessivamente didascalico, è comunque interessante. Anche perchè è il frutto di una sceneggiatura di uno di quei ragazzi.

La parte migliore, e anche la più commovente, è quando gli studenti incontrano veramente  Léon Zyguel, uno dei sopravvissuti ai lager che racconta la propria storia. Qui la macchina indugia e, con rispetto mostra i volti dei ragazzi, sempre più commossi mentre ascoltano la storia di Léon. Questo momento di verismo e di autenticità riscatta il film, che sembra non avere mai la forza di librarsi veramente. Invece in queste scene, ci si rende conto dell'importanza della trasmissione della memoria e sopratutto della necessità dello scambio culturale intergenerazionale. Si nota un cambiamento di clima, di approccio. E anche chi guarda si commuove. La stessa regista, in una intervista ha dichiarato che dopo l'incontro con Zyguel, i ragazzi che di fatto interpretavano se stessi, hanno avuto un salto di responsabilità. Di fronte alla classica domanda: “come ha fatto a resistere?”, la risposta di Zyguel abbatte qualsiasi ultima resistenza emotiva: “Grazie alla voglia che avevo di darmi delle arie con i miei amici di Ménilmontant, alla voglia che avevo di raccontare quello che avevo vissuto.” In quel momento i ragazzi ritrovano sé stessi, capiscono che a 16 anni, la loro stessa età, quella persona era stata coinvolta in un meccanismo più grande di sé, e si immedesimano nella tragedia. Capiscono che il sogno di quel ragazzino era tornare a fare il deficiente per le strade. E scoprono il Giuramento di Buchenwald, letto dallo stesso Zyguel. Nel gennaio del 2015, all'età di 87 anni, Léon Zyguel è morto, ma probabilmente sarebbe stato contento di questa sua presenza in questo film.
Naturalmente non mancano le citazioni da colui che è stato tra i più lucidi descrittori del meccanismo concentrazionario nazista, sopratutto nell'opera “I sommersi e i salvati”: Primo Levi. E forse il senso di questo film, che merita, pur con i limiti sopra esposti, di essere visto è in questa frase del grande scrittore: “Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario”.
Ma a conclusione di questa recensione è necessario citare un pezzo di una intervista effettuata alla regista, : alla domanda “Che ne è stato dei ragazzi di questa classe?” la regista ha risposto: “Malgrado fosse una classe molto difficile, di quelle che esasperano gli insegnanti, hanno conseguito tutti il diploma di maturità e la maggior parte di loro con lode. Quanto alla professoressa del film, insegna sempre nello stesso istituto.” Quindi, anche se forse troppo semplicistico e troppo schematico nello sviluppo della storia, questo film va inteso come omaggio all'impegno  faticoso e ingrato dei docenti che ancora credono al proprio lavoro e all'importanza di coltivare la memoria e renderla viva.
Francesco Castracane

Scheda del film

(Les Heritiers)
Francia 2015
durata: 105 minuti

Regia: Marie-Castille Mention-Schaar
Soggetto: Marie-Castille Mention-Schaar, Ahmed Dramé
Fotografia: Myriam Vinocour A.F.C
Montaggio: Benoît Quinon
Scenografia: Anne‐Charlotte Vimont
Costumi: Isabelle Mathieu
Suono: Dominique Levert, Elisabeth Paquotte Christophe Vingtrinier
Musiche: Ludovico Einaudi

Cast artistico:
Ariane Ascaride: Anne Gueguen
Ahmed Dramé: Malik
Noémie Merlant:Mélanie
Geneviève Mnich: Yvette
Stéphane Bak: Max
Wendy Nieto: Jamila
Aïmen Derriachi: Said
Mohamed Seddik: Olivier/Brahim
Naomi Amarger: Julie
Alicia Dadoun:Camélia
Adrien Hurdubae:Théo
Raky Sall:Koudjiji
Amine Lansari:Rudy
Koro Dramé:Léa
Xavier Maly: il Preside
con la partecipazione di Léon Zyguel

Sinossi
Ispirato a una storia vera.
Liceo Léon Blum di Créteil, città nella banlieue sud-est di Parigi: una scuola che è un incrocio esplosivo di etnie, confessioni religiose e conflitti sociali. Una professoressa, Anne Gueguen (Ariane Ascaride), propone alla sua classe più problematica un progetto comune: partecipare a un concorso nazionale di storia dedicato alla Resistenza e alla Deportazione. Un incontro, quello con la memoria della Shoah, che cambierà per sempre la vita degli studenti…

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