Urban center: una sede per l’Urban sharing (2)

car sharing città mappa

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È necessario qualche chiarimento sulla generalizzazione del precedente richiamo all' e al connesso . Un seguito che non è semplicemente il supplemento a quanto già precisato. Che intende, invece, in modo più dilatato, specificare che certi strumenti di innovazione tecnologica sono spunti per più grandi concetti di apertura rispetto a diverse relazioni interpersonali e collettive. Come itinerari in progress e non vincolati all'uso circostanziato, che, invece, in genere se ne fa. Una estensione che si applica a contesti sempre più grandi, con concetti sempre più significativi, simbolici e coinvolgenti. Dall'Urban Center al “Global Center”. Dall'Urban sharing al “Global sharing”. Spazi di confronto senza confini e fuori del tempo.

L'Urban Center in molte città è ancora confinato in uno spazio di incontro fisicamente e concettualmente limitato (“a episodi“), su questioni solo urbanistiche. E sulla “città per parti“.
Si ritiene, invece, che una siffatta struttura debba ampliare il suo riferimento e il dibattito conseguente, configurando specifici “luoghi aperti” alle intere questioni urbane e territoriali. E non solo. Introducendo aspetti generali della società sotto tutti gli altri aspetti. Anche nel caso di eventuali ribaltamenti di ciascuna civiltà rispetto alla precedente. Come anche ora sta avvenendo.
Interessi che naturalmente dalla città si prolungano al suo primo territorio di riferimento (città territorio), quindi alla rete prolungata dei territori limitrofi e anche più lontani (rete lunga dello spazio nazionale, comunitario, mondiale-globale, etc.). Fino allo spazio immateriale-virtuale in quanto tale.
Quindi spostandosi in un contestuale riferimento della “politica generale” (“politica” nella sua accezione vera), utilizzando le città come “cellule elementari” di un più grande organismo complessivo e complesso, nel quale le varie popolazioni si incontrano e delineano nuove società e culture.  Le “città per il tutto“. Passando dalla cultura dell'episodico a quella del “continuo“,  globale; da spaziale a concettuale puro; da locale a totale. E oggi anche viceversa. Le trasformazioni in atto delle città sono le esatte rappresentazioni micro-sceniche di un più grande palcoscenico globale e contrario. Corrispondenza interscalare quasi perfetta.
È, quindi, un discorso di ampliamento e di unificazione generale, in opposizione alle iniziative di una tecnologia viceversa corta, introversa, unidirezionale. Che usa i suoi micro-strumenti nella risoluzione interna dei problemi ad “uno ad uno“. Non utilizzando una maggiore forza estensiva, estroversa, intesa come “moltiplica” dinamica. Dentro macro-obiettivi più generali, secondo unità interculturali e filosofiche adeguate ai nuovi tempi. Qualcuno sostiene che la filosofia occidentale, che da Cartesio in poi ha separato l'intelletto dal mondo fisico esterno, generando una cultura doppia, umanistica e scientifica, guarda ora ad una filosofia organicistica (modello orientale), dove tutto è in una unità inscindibile.

Allo stesso modo gli inizi dell'Urban Sharing sono ancora una banale generalizzazione della “condivisione” (sharing) di strumenti tecnologici specifici, isolati, applicati alla città. Secondo i nuovi concetti sopra espressi, invece, si intende come “condivisione generale” l'evoluzione unitaria di tanti strumenti particolari. Fino al concetto ultimo di sublimazione massima dell'antico modello dello “” e del condividere. A partire sempre dal solito modello cellulare elementare, la città, come aggregato minimo indivisibile. Eternamente consacrata all'immagine sintetica di qualsiasi società in successione naturale.
Sia pure con stadi diversi di città-territorio esteso (non la città-territorio di alcuni decenni fa), di città virtuale, di città globale, di città mondiale.
Sempre che le attuali tecnologie prorompenti, che ora ci stanno appiattendo, non disgreghino prima del tempo la città in tanti modi virtuali (le tante città virtuali) di stare insieme, evanescenti, divaricati-divaricanti. È una cultura diversa da quella delle “città ideali” di un tempo. In tal caso ideale e virtuale veramente stanno su universi diversi.
C'è chi assicura che la città resisterà nell'eterno immaginario umano, anche nel futuro della nuova era millenaria, che ci sta avvolgendo in modo inconsapevole ed impressionante. Ci salveremo soltanto se riporteremo la nuova cultura globale all'unita' del ““, di cui già si parla.

Il termine di condivisione in generale ha sempre significato l'atto primitivo di utilizzare qualcosa in comune, ma anche di elaborare e condividere concetti, idee, immagini, ed è in questo ultimo modo, impalpabile, che vogliamo intendere l'Urban Sharing. Si tratta di un percorso lungo ma  “conclusivo“, quasi filosofico, sintetizzato nell'unità di tanti strumenti particolari di “condivisione” utilitaristica, ricomposti insieme in un unico funzionamento ricondizionato.
La bibliografia del grande Urban Sharing nel senso anzidetto, non è molta, perché siamo ancora legati alla “condivisione frazionata“.
Lo sharing urbano delle origini è nato anche con un fine pratico, giustificato nella definizione di tante “sostenibilità” anch'esse frazionate, e, quindi, tante “” differenziate sotto aspetti multipli, tra loro variegati. Anche in questo caso l'Urban Sharing generalizzato vuole concorrere a restringere le tante sostenibilità in una “sostenibilità unitaria“, quindi in un'unica “sostenibilità globale” delle “Città sostenibile delle mille città sostenibili“. Sommatoria unificante.
Riportiamo alcuni esempi, che “migliorano“, ma non modificano la struttura-base della “città moderna“, che è rimasta, purtroppo, ancora quella che era, solo con “qualche innovazione“. Il più generale concetto di Urban Sharing è, invece, quello alla scala integrata, individuando i massimi sistemi per modificarla e trasformarla nella nuova “città contemporanea” della condivisione infinita.
Citiamo il sistema del “” (auto condivisa), servizio comune di utilizzo di un'automobile su prenotazione. Si fa strada anche il car sharing urbano-metropolitano pendolare tra privati (), previo scambio di informazioni via internet al momento. Con ampliamento anche agli spostamenti interurbani (). Il vantaggio è la semplificazione del traffico urbano interno e autostradale esterno. L'auto si sposta da bene di consumo a “strumento di servizio“. Analoghi sono i servizi di “bike sharing” e “scooter sharing“. Tutto senza ancora modificare la struttura urbana.
Tutti questi casi di facilitazione di accesso e di circolazione urbana e territoriale, si stanno, a loro volta, organizzando in più generale principio di ““, secondo un nuovo e più attuale concetto di “mobilità” in senso assoluto, che sta offrendo una mano notevole ai nuovi modelli di Urbanistica generale, superando i pregressi concetti di “traffico” (Piani della mobilità legati ai Piani strategici generali, piuttosto che Piani del traffico tradizionali).
Il metodo della condivisione applicato alla città avviene, poi, anche sul piano immateriale degli “sharing informatici“. È il caso della “” (economia della condivisione), che utilizza la tecnologia in modo “relazionale”, socio-economica. In termini di piattaforme digitali, con servizi di valore aggiunto, come prassi di scambio e di condivisione di beni materiali ed immateriali, servizi o conoscenze. Fino a considerare la sharing economy come il massimo livello di Urban sharing. A nostro avviso quest'ultimo concetto rappresenta, viceversa, il vero livello ultimo di condivisione della città, qualunque sia la sua evoluzione già in atto o futura. Da intendere come metodo-sintesi per discutere e delineare i progetti urbani e territoriali globalmente intesi.
Chiamiamolo come si vuole, allora, Urban sharing, Strategia urbana, Rigenerazione urbana, Globalizzazione cellulare urbana, etc., etc. Basta che rappresenti unitariamente il tutto.

Un fenomeno analogo allo sharing declinato in tutte le forme, è quello delle “parole derivate”  tramite il prefisso “co-“. : lavoro condiviso; co-housing, inteso come contenitore di alloggi individuali, ma con spazi e servizi condivisi; co-design, progettazione partecipata, ovvero, ancora, co-pianificazione, pianificazione coordinata tra soggetti vari, al fine di ottenere un quadro condiviso già a monte delle previsioni oggetto di piani generali, etc., etc.

Lo stesso processo di “Smart City” rientra in una analoga logica, particolare e generale, inteso come sistema “intelligente” di uso in comune della città. Preferiamo pensare all'Urban Sharing in quanto allusione massima alle attività intellettuali di confronto, piuttosto che affidarsi al concetto della “intelligenza” artificiale.
Tutte queste forme di sharing e di co-condivisione si inseriscono ancora come forme estranee nel corpo delle città attuali, sia pure “semplificandole” e innovandole. Lasciandole, però, tali e quali rispetto alla loro precedente struttura. Tutti questi processi diventeranno, invece, vere proiezione urbane globali, solo se le città cambieranno piano piano nel loro intimo e nella loro sostanza.
Spesso mi sorprende l'idea fantascientifica (ma non troppo) dell'avvento futuro di macchine volanti (forze elettromagnetiche ed altro), abbandonando i sistemi stradali attuali, e cambiando totalmente l'aspetto delle città moderne. Come quando gli antichi calessi di un tempo hanno dovuto farsi da parte, lasciando spazio totale alle automobili impertinenti. Che hanno spiazzato tutto.
Si tratta, alla fine, di una serie di tessere da incastrare l'una nell'altra, per definire un nuovo immenso puzzle urbano, e oltre, con questo introducendoci sempre di più in un discorso di politica generale astratta (pura), guardando nel cannocchiale lungo delle nuove città.
continua
Eustacchio Franco Antonucci

Bibliografia minima
Cos'è un Urban center? – Osservatorio urban-center
Mobilità urbana e mobility sharing – Ciitadinanza attiva
Le politiche pubbliche al tempo della sharing economy – open.Toscana.it
Pagina Facebook – Urban sharing – la città condivisa – www.facebook.com/Urban-Sharing-La-città-condivisa-462846110452268/

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