
Era dalla primavera del 2018 che andava avanti la guerra dei dazi tra Usa e Cina anche se i primi dazi partirono effettivamente il 6 luglio dello scorso anno [1].
Uno scambio di colpi, sia pur con qualche pausa di riflessione, tra le azioni di Donald Trump e le risposte di Xi Jinping dando scossoni ai mercati più interessati come quello tecnologico e automobilistico e a anomali movimenti dei tassi monetari. Il 15 dicembre avrebbero essere varati, da parte americana, un'altra tranche di dazi, ma da Pechino è arrivato l'annuncio dello stop ai dazi su 3.300 prodotti americani nel corso della conferenza stampa a cui hanno partecipato i negoziatori cinesi guidati dal vice premier Liu He. A stretto giro di tweet Trump ha annunciato a sua volta lo stop delle tariffe al 15% su circa 160 miliardi di dollari di prodotti cinesi e il dimezzamento delle tariffe dello scorso settembre del 15% per un ammontare di 156 miliardi di dollari.
Pur restando in piedi ancora i rialzi al 25% delle tariffe su altri prodotti cinesi come prodotti chimici e macchinari, la borsa di Wall Street ha risposto immediatamente con un nuovo record del Nasdaq visto il passo indietro su smartphone e computer e altri prodotti tech cinesi. Festeggerà tutto il sistema economico sviluppato che avrà un po' di linfa nei motori anche se quella linfa non servirà né a ridurre le disumane disuguaglianze né ad arrestare l'inquinamento umano causa del riscaldamento globale.
È anche vero che non si poteva andare ad una rottura definitiva in quanto «i costi della rottura sarebbero troppo alti per entrambi i contendenti, anche se bisogna tener conto dell'irrazionalità frequentemente presente nei comportamenti umani. Tra l'altro, le catene di fornitura a livello mondiale sono strettamente interconnesse e introdurvi dei cambiamenti significativi costa molto e richiede comunque tempi adeguati» [2].
Immaginiamo, però, che questa sia una pace armata e non la fine della guerra in quanto le questioni che ci sono dietro i dazi sono forse più importanti. Stiamo parlando della lunga lotta per il predominio mondiale sia in senso geo-politico che tecnologico.
L'accelerazione di questo passo è forse dovuta, a Washington, per l'impeachment che necessita di grandi energie in un anno di elezioni. Mentre a Pechino le ragioni potrebbero risiedere nel rallentamento della crescita, a novembre, delle esportazioni (+5,4%) rispetto a ottobre (+15,6%). E senza una crescita sostenuta anche dell'economia il governo non può affrontare i problemi, in materia creditizia, come dimostra il fatto che c'è stata la quinta banca nazionalizzata dalla primavera di quest'anno [3].
Tornando alle questioni che sottendono, nemmeno nebulosamente, i colpi inferti dalle parti al commercio tra di loro e a livello mondiale, in una lucida analisi Ely Ratner, Elizabeth Rosenberg, e Paul Scharre spiegano che la vittoria o il confronto alla pari con i cinesi passa da «ambiziosi investimenti statunitensi in innovazione scientifica, tecnologica e finanziaria, ricerca e sviluppo di alimentazione superveloce in aree critiche in cui la Cina ha guadagnato o sta guadagnando un vantaggio competitivo. […] allo stesso tempo sviluppare difese più potenti per proteggere e far avanzare i vantaggi tecnologici degli Stati Uniti. Ciò dovrebbe includere, tra le altre cose, la costruzione di una coalizione di alleati per progettare e creare nuove regole e istituzioni per il commercio, la tecnologia e gli investimenti che livellino il campo di gioco ed erodano la capacità di Pechino di trarre profitto dalle pratiche non concorrenziali» [4].
Realpolitik di dominio.
Pasquale Esposito
[1] Per un veloce riepilogo delle tappe dello scontro commerciale, cfr. Ilaria Conti “La guerra dei dazi tra Cina e Stati Uniti, tappa per tappa”, https://web.archive.org/web/20220425184438/https://www.agi.it/economia/guerra_dazi_cina_usa-6735924/news/2019-12-15/, 15 dicembre 2019
[2] Vincenzo Comito, “Vincerà la Cina?”, http://sbilanciamoci.info/vincera-la-cina/, 3 Giugno 2019
[3] Andrea Pomella, “CINA/ Crescita lenta, dazi, Hong Kong e banche: Pechino cambia strategia”, https://www.ilsussidiario.net/news/cina-crescita-lenta-dazi-hong-kong-e-banche-pechino-cambia-strategia/1959515/, 15 dicembre 2019
[4] Ely Ratner, Elizabeth Rosenberg, e Paul Scharre, “Beyond the Trade War. A Competitive Approach to Countering China”, https://www.foreignaffairs.com/articles/united-states/2019-12-12/beyond-trade-war, 12 dicembre 2019
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