
La guerra commerciale tra USA e Cina, di fatto, non si è mai arrestata, nemmeno dopo la tregua siglata tra il presidente cinese Xi Jinping e Donald Trump al G20 di Buenos Aires dello scorso novembre, quando sono stati sospesi per tre mesi gli ulteriori dazi sull'export cinese.
Questa guerra, in quanto guerra di dazi, è una copertura di un più ampio scontro a livello globale e quindi non è facilmente destinata ad assopirsi. Come scrive Romano Prodi «non è soltanto una guerra commerciale ma una guerra per la supremazia tecnologica e scientifica del pianeta. Anche se forse avremo molti alti e bassi nel commercio, la guerra si presenta inevitabile nel raffinatissimo campo della produzione dei semiconduttori di ultima generazione che sono i componenti fondamentali di tutte le tecnologie del futuro, dalle reti 5G all'Intelligenza artificiale» [1].
La vicenda dell'arresto in Canada della top manager e figlia del fondatore del colosso cinese Huawei ne è un'evidenza. In un dettagliato articolo Anne McElvoy dopo aver raccontato dei risultati raggiunti dalla Huawei spiega come diversi governi occidentali – oltre agli USA, Gran Bretagna, Canada, Giappone, Nuova Zelanda e Germania – siano preoccupati della funzione di cavallo di Troia della società e stiano alzando barriere. Ma la stessa società da una parte professa la sua innocenza e dall'altra sembrerebbe aver accettato di fare “modifiche tecniche” per andare incontro alle preoccupazioni britanniche. Sta di fatto che «Huawei preoccupa l'Occidente in parte perché la Cina spinge in 5G e l'intelligenza artificiale (AI) minaccia di soddisfare la promessa dell'era di Krusciov di “raggiungere e superare” i suoi progressi tecnologici»[2].
Lo stesso Trump sembrerebbe intenzionato ad emettere un ordine esecutivo che, senza individuare le aziende Huawei e ZTE, impedirebbe l'acquisto dall'estero di apparecchiature fabbricate «da produttori di telecomunicazioni stranieri che presentano rischi significativi per la sicurezza nazionale» [3].
Se andiamo oltre alle questioni sui dazi e delle tecnologie ci si rende conto che il confronto che si sta inasprendo è sul ruolo globale della Cina vs gli Stati Uniti. L'opinione del direttore del Lau China Institute al King's College di Londra, Kerry Brown è chiara e semplice: «Gli Stati Uniti di oggi guardano a una Cina che ha fatto progressi di gran lunga maggiori di quanto ci si aspettasse non solo dal punto di vista economico ma anche in campo tecnologico. In passato, i cinesi hanno parlato del periodo dal 2000 in poi come di un'opportunità strategica, in cui l'America era distratta da problemi in Medio Oriente e altrove. Ora, che piaccia o no, Pechino ha l'attenzione totale di Washington. E per molti intorno a Trump, dal suo consulente per la sicurezza Bolton al suo consulente economico Navarro, questo momento è un'opportunità strategica per affrontare la Cina prima che diventi troppo potente, troppo dominante, e che cominci a costruirsi un reale vantaggio tecnologico» [4].
E sarà perché «l'Occidente dovrà bilanciare i timori sulla sicurezza con la certezza che il commercio globale è la chiave della nostra prosperità» che l'Unione europea sta forse cercando di avere una posizione che pensa meno allo scontro, quando ad accordi? Non esattamente perché in Europa, come nel caso degli accordi per la nuova via della seta, le nazioni tendono a far da sé, come del resto preferisce Pechino, mentre l'Ue vorrebbe essere l'unico interlocutore per negoziare al meglio. Sta di fatto però che alcuni documenti riservati svelati dal New York Times mettono in luce una posizione della Ue più morbida, a tratti conciliante con la posizione di Pechino per quanto riguarda il commercio mondiale [6].
Tornando proprio al tema del commercio e dei dazi nel loro essere parte di un confronto ben più importante e che non finirà nei prossimi mesi, il prossimo 7 gennaio una delegazione statunitense andrà a Pechino per preparare il prossimo round di negoziati. Forse la notizia più interessante è quella riportata dall'Agenzia Nova a proposito di eventuali interventi dell'Assemblea nazionale del popolo per una riforma «tesa a proibire i trasferimenti forzati di tecnologie dalle aziende straniere operanti in Cina a quelle autoctone» [7].
E se non dovesse bastare questo per far scendere il livello del confronto potrebbe esserci l'andamento al ribasso della fiducia degli investitori che anche a causa della guerra dei dazi sta mettendo a dura prova Wall Street.
Pasquale Esposito
[1] Romano Prodi, “Il dominio globale/ E la Ue resta a guardare la sfida finale tra Usa e Cina”, https://www.ilmessaggero.it/editoriali/romano_prodi/unione_europea_usa_cina-4195747.html, 28 Dicembre 2018 2
[2] Anne McElvoy, “With China, we don't need a trade war but a truce on tech”, https://www.theguardian.com/commentisfree/2018/dec/28/huawei-west-trade-war-tech-china-shenzhen, 28 dicembre 2018
[3] Alice Scarsi, “USA vs China: Trump to BAN Huawei from US market as TRADE WAR ESCALATES”, https://www.express.co.uk/news/world/1064368/donald-trump-usa-china-trade-war-Huawei-zte-ban, 28 dicembre 2018
[4] Kerry Brown, “USA-Cina: sarà tregua?”, https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/usa-cina-sara-tregua-21859, 27 Dicembre 2018
[5] Anne McElvoy, ibidem
[6] Simone Pieranni, “Quei leaks che raccontano le prove di alleanza anti-Trump tra Ue e Cina”, https://eastwest.eu/it, 27 Dicembre 2018
[7]
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