
È una lotta all'ultimo sangue, un duello col fioretto, quello che ingaggia Renato Sarti con il vairus sul palco del suo ultimo spettacolo.
Era necessario fare il punto della situazione su ciò che è avvenuto negli ultimi due anni, con la pandemia che ha travolto tutti e ognuno. Renato Sarti lo fa scegliendo la chiave della farsa, scegliendo la chiave dell'ironia.
Anche in questo caso, pur affrontando temi recenti del passato prossimo, il lavoro sulla memoria portato avanti dal regista milanese è indispensabile. Perché noi esseri umani per quanto riguarda il ricordare (cuore), il rammentare (mente), siamo abbastanza scarsi.
Ci costringiamo a vivere in un eterno presente in cui pensiero e critica sono esclusi.
Renato Sarti invece ci ricorda le diverse pandemie attraverso cui siamo passati, Ebola, Sars, Aids, e altre esplosioni epidemiche del genere. Quasi che esse abbiano rappresentato una sorta di provino di quanto ci attendeva oggi.
Sarti ci ricorda i primi tentativi di vaccinazione che risalgono alla prima metà del Settecento, ad opera della nobildonna lady Mary Montagu. Fa un'opera di scavo e di studio in cui mette in fila uno dopo l'altro fatti, circostanze, dati, informazioni, che vanno ben al di là della retorica della politica e della retorica che appartiene alle prime donne della scienza.
Ci costringe a prendere atto che ciò che è accaduto era prevedibile. Non è stato un destino ineluttabile che è esploso all'improvviso tanto che, fatto inquietante quest'ultimo, David Quammen nel suo libro Spillover l'aveva già descritto nel 2014.

Quello a cui abbiamo assistito in prima nazionale è stato senza dubbio un duello col fioretto, ma non per questo i colpi inferti e parati sono stati meno pericolosi.
Splendido Renato che non rinuncia mai alla ferocia del clown come quando ricorda gli Stanlio e Ollio di via Melchiorre Gioia, e ne proietta i visi in modo che siano facilmente identificabili. Semmai ce ne fosse bisogno.
Il regista triestino, milanese d'adozione, porta avanti questa operazione della memoria attraverso un dialogo fitto con i diversi tipi di virus, rappresentati da palline che cascano dal soffitto. Con questi virus il regista dialoga dando voce e personalità ad ognuno di loro, mostrando così grande versatilità e capacità attoriale.
Veramente da apprezzare il lavoro fatto da Carlo Sala, scenografo che mette in piedi un insieme che sostiene alla perfezione un testo, che ho avuto il piacere di leggere in anteprima, quando lo spettacolo non era stato ancora allestito. Scoprendo quanto sia complesso per un artista e un regista passare dalla parola scritta alla parola recitata sul palcoscenico. Paradossalmente sono due universi diversi. Che Renato Sarti riesce a far dialogare alla perfezione. Tanto che il regista a fine spettacolo si è dichiarato soddisfatto dicendoci che adesso inizia a divertirsi.
Forse lo spettacolo risente di qualche lentezza, soprattutto all'inizio, quando ancora non è ben chiara la chiave con cui accostarsi a questa pièce.
Per quanto Renato Sarti ironizzi sulla decisione di proporre al pubblico due finali. In realtà questa scelta risulta pienamente convincente. Il finale di Sarti è una messa in guardia sulle responsabilità che ci attendono, se vogliamo evitare nuove pandemie e vogliamo conservare in buona salute il pianeta. Mentre il finale recitato dai virus ricorda a tratti la potenza della tragedia greca.
Teatro della Cooperativa – Milano
dal 6 al 31 Ottobre 2021
VAIRUS
La spada di Damocle
durata 80 minuti
scritto, diretto e interpretato da Renato Sarti
scena e costumi Carlo Sala
video installazioni Fabio Bettonica
assistenti alla regia Chicco Dossi
tecnica Jacopo Gussoni
produzione Teatro della Cooperativa
spettacolo sostenuto nell'ambito di NEXT edizione 2020/2021,
progetto di Regione Lombardia in collaborazione con Fondazione Cariplo
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