
E poi succede che ci ritroviamo in un’aula di un istituto superiore – ITCS Gaetano Salvemini di Casalecchio di Reno (Bo) – a parlare di mafie scoprendo negli occhi dei ragazzi che ci ascoltano la voglia di conoscere, di sapere, di capire cosa sono davvero le mafia ma soprattutto come combatterle. E poi succede che con questi ragazzi ci restiamo mesi e mesi a parlare di giustizia, di diritto alla vita, di doveri del cittadino, della forza che può avere la parola, strumento che può tagliare e far del male più di qualsiasi altro strumento. Con questi ragazzi decidiamo di raccontare le mafie, di coltivare in loro la consapevolezza che conoscere le mafie è assolutamente necessario per affrontare quel che in questi ultimi anni si è trasformato in una vera professione.
Siamo di fronte ad una più complessa macchina mafiosa ben organizzata che forma del delinquente un vero professionista dell’economia e della cultura: cinismo, conoscenza dei territori, dei mercati, investimenti mirati, rapporti con le banche, rapporti con i politici tutti elementi che lo nascondono in questa società sempre più distratta, disattenta.
Vi raccontiamo le mafie. Foto Ines Mancuso progetto grafico Giacomo Savani
E poi sono gli stessi ragazzi che ci fanno ricredere sulla lotta che hai scelto di portare avanti, sono gli stessi ragazzi che ti fanno capire che c’è bisogna di cambiare le carte da gioco e che solo attraverso una buona progettualità socio-culturale che abbia come basa l’idea di una lotta vera, quotidiana, che possa, giorno per giorno unire poliziotti, magistrati, operatori, enti, in un tavolo comune dove si possa discutere della nascita di un novo linguaggio che possa incuriosire e suscitare interesse tra i nostri giovani possa essere tra le soluzioni per risvegliare se stessi e la propria coscienza civica.
Per fare tutto ciò, per rendere concreto questo sogno, bisogna scommettere su una nuova figura di operatore culturale che possa fare della propria professione uno strumento a 360 gradi, con il quale formare giovani che a loro volta formano coetanei. Bisogna investire, tempo e risorse economiche su un nuovo modo di fare educazione alla legalità, un nuovo format che si possa rinnovare attraverso la condivisione d’idee e conoscenze.
Perché l’educazione alla giustizia e alla legalità non può essere un passatempo di un ristretto numero di persone che nel tempo libero, con scarse risorse umane ed economiche, si dedicano a temi che per la loro complessità hanno bisogno di mesi e mesi prima di poter essere assorbiti dal tessuto sociale. Non può essere il passatempo che riempie i curriculum e i portafogli clienti di funzionari, professori e gente che copre alte cariche amministrative. Non può subire i processi di scambi, favori e compromessi che la politica usa nei suoi palazzi. L’educazione alla giustizia e alla legalità ha bisogno di un protocollo che ne regoli i propri conflitti interni perché non possiamo appoggiare l’idea di una legge sul conflitto d’interesse e unirci attorno a un tavolo con direttivi di enti e associazioni che scaldano le poltrone ai partiti. Questo circolo vizioso deve essere, una volta per tutte, chiuso.
Diamo fine a questo squallore che si ciba delle stesse dinamiche mafiose, che agisce attraverso modalità e comportamenti molto più vicini alle mafie che a noi che la lottiamo.
Non è concepibile che ci siano magistrati, poliziotti, associazioni, enti che non riescono a fare il proprio lavoro. Non è concepibile che io debba aver paura che l’istruzione e la giustizia di questo paese siano messe in discussione a tal punto da renderle come corpi agonizzanti. Respirano a fatica, hanno fame, hanno sete eppure nessuno vuole cibarli. Devono morire di una morte lenta.
La lotta alla mafia ha bisogno di tempo, ha bisogna di una macchina molto più complessa e disciplinata che ne gestisca gli intenti e gli scopi. Ha bisogno di una più ampia progettualità che dia respiro a tutti, e non solo a pochi. Ha bisogno di bruciare questi piccoli orticelli nei quali i contadini si stringono contatti, risorse, strutture per amore del proprio egocentrismo. Smettetela, nessuno vi crede degli eroi.
Se abbiamo scelto di sfidare le mafie a testa alta, con orgoglio, attraverso accuse dirette, studio di fonti, ricerche sul campo, se abbiamo deciso di voler dare a questi ragazzi un insegnamento che possa portare loro e le proprie famiglie verso una più totale coscienza civica allora è arrivato il momento di fare lo stesso anche contro chi ha scelto di stare dalla nostra parte ma non ne rispetta l’etica e i doveri.
E questo lo scopo dei nostri incontri, lo scopo principale del progetto “Vi raccontiamo le mafie” che da tempo stiamo portando avanti sul territorio emiliano e che è servito a tutti i giovani partecipanti per capire cosa si muove di sporco e illecito sulle loro terre ma, sopratutto, è servito a noi operatori per capire che è l’energia di questi ragazzi che ci spinge a non cedere mai, un’energia rinnovabile nel tempo e negli spazi in cui si genera.
Vi raccontiamo le mafie
Alessandro Gallo, Alessandro Pecoraro, Maria Cristina Sarò
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