
Ottobre riserva abitualmente delle belle settimane dal punto di vista atmosferico. Ottobrate che possono avere anche il merito di abbinare una vivace luce solare che, intervallata a velature ed a brezze piacevoli, permettono di passeggiare senza soffrire il caldo violento di altri mesi della bella stagione più vocati alle vacanze.
Ne approfittiamo anche per poter godere di una veloce presenza su un Gargano non certo affollato come nei mesi estivi che mai avrebbero permesso, per traffico e presenze, la veloce escursione a Vieste.

Rally della Porta del Gargano programmato negli stessi giorni ma che non interferisce con il viaggio. Se avessimo ritardato però saremmo rimasti bloccati per lo svolgimento della gare su tornanti che sembrano disegnati proprio per quell'attività. Nastri di asfalto nel verde dei pini di Aleppo della costa e delle piantagioni di ulivi disseminate ovunque. Ma sono le faggete e i boschi di lecci, cerri, querce e roverelle dell'interno ad essere ben noti per i grandi regali di boletus edulis, i più pregiati tra i porcini, che elargiscono in queste settimane. Ovviamente tante altre specie sono prelevabili come i cantarellus cibarius, i galletti, parimenti ambiti ai porcini per la ricercatezza del gusto ed i facili abbinamenti nelle pietanze che risultano arricchite e ricercate da questi regali del sottobosco.

Quasi una comodità, quindi, attraversare per noi il Gargano, praticamente senza traffico, increduli se torniamo a paragonare le presenze estive del passato a questa esperienza. All'apparire delle bianche costruzioni di Peschici e poco dopo di Vieste ci rendiamo conto di aver raggiunto senza troppo viaggiare la nostra meta. Agevole anche trovare un parcheggio malgrado una consistente presenza di turismo straniero sia ancora presente che però non ritarda un giro nella parte vecchia della città. Vieste presenta il suo biglietto da visita ben diverso da quello notato qualche decina di anni addietro in una delle prime vacanze che l'esuberanza giovanile ci concedeva e pure in modo parsimonioso. Tutto molto pulito ed ospitale, adesso, localini curati dovunque con personale attento malgrado tanti esercizi avessero già dichiarato, con la chiusura, che il lavoro effettuato potesse considerarsi appagante e ben remunerato. Insomma una vocazione turistica ben riposta nei servizi che apprezziamo fin dall'aperitivo consumato per giunta con una vista proiettata su un mare cristallino a perdita d'occhio. Dalla scogliera sotto al belvedere, affonda i suoi bracci di legno un trabocco, la macchina da pesca detta “ragno colossale” cara a D'Annunzio, che contraddistingue in modo molto più numeroso anche l'omonima costa immediatamente precedente il promontorio garganico.

L'ora per il pranzo non riserva difficoltà particolari di scelta volendo degustare del pesce. Optiamo per un locale a ridosso del centro storico, dal nome che significa tradizione cosa che non ci disturba, anzi! La Vecchia Vieste, è per noi abbastanza attrattivo come lo sono pure i locali ricavati in antiche mura dove si intravede un gran lavoro di esperti scalpellini come quelli che operano nella vicina Monte Sant'Angelo. Renato e Andrea ci accolgono in sala con attenzione e competenze subito rilevabili, e ci illustrano le pietanze alla carta ed i piatti del giorno che risultano essere legati al pescato. Ma sono le scelte in generale dei prodotti utilizzati che non possono che virare verso la cucina del territorio dalla quale scegliamo, per cominciare, un polpo scottato su purea di patate violetta e spuma di bufala. Segue un piatto del giorno come primo rappresentato da gnocchetti, probabilmente di semola e patate, con vongole veraci e porcini. A piccoli porcini ridotti a turgide lamelle, segno di freschezza irrinunciabile per zona e periodo, il merito di innalzare sensibilmente la qualità della pietanza. Hanno diffuso il loro profumo verso
pescatrice in guazzetto con panocchie o canocchieil degustatore prima ancora che il piatto raggiungesse il tavolo.
Altro primo assaggiato, sempre preparato in casa da semole pugliesi, spaghettoni di pasta fresca, troccoli alla Vecchia Vieste con cristalli di pane profumato, cozze e filetti di molluschi. Molto buoni i troccoli, che come l'altro primo lasciano intuire una valenza ricca dello chef Michele Lanave, ma non all'altezza degli gnocchetti, al nostro gusto. Come secondo chiediamo il pescato del giorno, ci viene servito un trancio di rana pescatrice in guazzetto, ben guarnito di pannocchie e cozze che però in questo periodo sono piccole e bisogna accontentarsi. I prodotti del pescato sono tutti freschissimi e della qualità attesa ed il sughetto molto invitante per tuffarci a volontà del pane bruschettato che non chiedeva altro che quello.
Curata carta dei vini con grande attenzione anche alle terre di Champagne e di Franciacorta con bollicine a metodo classico, cremant e charmant e gli immancabili prosecchi. Tante le etichette importanti tra i bianchi più ricercati dell'Italia enoica ma optiamo per una scelta meno scontata e più autarchica. Vogliamo valutare il Catapanus D'Alfonso Del Sordo di San Severo, l'etichetta proposta dal ristorante come vino della casa che nel nostro caso serve anche ad omaggiare le origini delle nostre amiche Anna e Luigia. Il Catapanus deriva dall'antichità bizantina, porta il nome di un delegato dell'imperatore cui erano riservati i controlli civili e militari sull'intero territorio. Il vino che adesso lo individua invece proviene da uve di Bombino bianco in purezza, coltivate nella tenuta Capponetta, in territorio di San Severo, allevate a tendone pugliese.
Nella storia quest'uva ha trovato identità controverse soprattutto perché ancora viene identificato come uno fra gli innumerevoli trebbiani a causa di una iniziale inclusione nel disciplinare del Trebbiano d'Abruzzo. Successivamente fu rimediato all'imprecisione causata da caratteristiche vicine tra i due vitigni ed il Bombino bianco venne identificato come uva di gran diffusione soprattutto pugliese ma anche nelle regioni limitrofe.
Ha accompagnato il nostro pranzo con presenza accurata ma non prevalente, come si deve ad un protagonista che deve essere notato ma senza invadere in modo da annullare le pietanze alla prova del gusto. Il Bombino/Catapanus si è rivelata scelta oculata. La temperatura di servizio giusta, dotato di un giallo paglierino scarico, profumato di frutta bianca con al palato delle tardive note minerali che ne hanno fatto apprezzare ancora di più le qualità che non ci aspettavamo.
Prezzi nella media come si conviene a chi cura qualità di locale e prodotti, vino anche con il solito ricarico largo, orientato al raddoppio, quindi anch'esso espressione dell'andazzo consolidato. Su questo se mai le associazioni che mirano ad una maggior diffusione del vino farebbero bene a riflettere prima di proclamare una più abbordabile offerta economica orientata alla fidelizzazione dei consumatori. Se li si vuole educare verso la qualità dei prodotti, per la verità già elevata e diffusa, che garantisca una beva più soddisfacente e qualificata, bisogna fare degli sforzi in modo comune. Se si riuscisse a diffondere una corrente di pensiero che non pesi su tasche sempre più sollecitate dagli eventi a rimanere aride, ma che fondi invece su una ritualità qualificata degli acquisti di qualità, magari si potrebbe rendere stabili, diffusi ed elevati i consumi più che riservati ad un fenomeno modaiolo che premierebbe solo per pochi eventi.
Emidio Maria Di Loreto
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