
Riproporre il vecchio dilemma se debba prevalere l'etica sulla scienza, o viceversa, questa volta ci viene suggerito dalla lettura di Giuliano Aluffi che pone il problema se si debba chiedere aiuto alla genetica per ridurre l'uso di sostanze chimiche nella viticoltura. L'interrogativo è davvero pertinente e ripropone antichi pensieri. L'autore si chiede come risolvere il problema relativo all'uso di fungicidi che, per il 60% del loro uso agricolo, sono utilizzati in viticoltura [1].
Considerando che gli impianti di vite rappresentano solo il 3% dell'intera superficie agricola utilizzata ( SAU) si ha una dimensione più pertinente del problema. Bisogna inoltre chiedersi quanto ci sia di etico nel dover subire, per gli abitanti delle zone del prosecco, ad esempio, gli effetti dell'uso delle sostanze chimiche per la coltivazione di quei vigneti, peraltro richiestissimi nel mercato enoico internazionale [2].

Ma il disagio degli abitanti nelle zone a ridosso dei vigneti di Glera (ed in misura minore di Pinot e Chardonnay, ma anche Verdiso e Perera) delle colline della Valdobbiadene o di Conegliano è l'esempio più eclatante, avendo quelle zone dovuto triplicare la produzione di prosecco per le richieste del mercato, ma non è l'unico. Basta guardare i rilievi di sostanze chimiche (pesticidi) nelle zone in cui l'agricoltura è più presente e si riesce ad avere un quadro pertinente.
In Veneto si usano fungicidi e pesticidi in quantitativi maggiori del doppio della media nazionale (12Kg per ettaro mentre la media nazionale si attesta sui 5 KG per ettaro). I cocktail di sostanze usate nell'astigiano prevedevano fino a 17 componenti diversi tra le sostanze attive proprie di agenti chimici, mentre nel polline delle api si rilevavano fino a 12 diversi principi attivi.
Questi dati chiariscono bene l'entità del problema sulle colture intensive e sulla loro sostenibilità. L'uso di pesticidi, come i neonicotinoidi [3], adesso è bandito visto l'alto valore nocivo verso le api, e l‘uso ne è consentito solo in serra.
Federica Ferrario, responsabile campagna Agricoltura di Greenpeace Italia, spiega che: «i danni di questi neonicotinoidi sono ormai incontestabili – e aggiunge – bandire questi insetticidi è un passo necessario e importante, il primo verso una riduzione dell'uso di pesticidi sintetici e a sostegno della transizione verso metodi ecologici di controllo dei parassiti» [5].
Anche nella coltivazione di mele nella Val di Non e in Valtellina, si rileva la presenza al suolo dei più alti valori europei di pesticidi. Sono state riscontrate presenze di neonicotinoidi tipo Imidacloprid, ( ribadiamo adesso vietato dall'unione europea, come pure Clothianidin e Thiamethoxam). Altro intenso uso di sostanze chimiche risulta effettuato nell'attività vivaistica nelle zone di Pistoia, con i suoi 5 mila ettari di vivai dove si fa largo uso di glifosato, l'erbicida il cui uso è consentito fino al 2022 ma che, poiché usato a ridosso di abitazioni e corsi d'acqua (qui si concentra l'attività vivaistica) potrebbe, secondo Marco Beneforti del WWF, aver generato problemi mai però esplorati da un'attività epidemiologica sulla popolazione. Inoltre nell'attività vivaistica i trattamenti con glifosato possono avere cadenza mensile mentre nelle altre colture i trattamenti si effettuano due volte all'anno. Da questo deriva la presenza di questa sostanza fino a 20-30 volte più elevata del normale [6]. Di quanto pericolo si stia correndo in quell'area, ed in tutte le altre in cui si usa questo erbicida, lo svela uno studio recentemente apparso su Lifegate in cui si evidenzia come in America, tra i lavoratori a contatto con glifosato, l'insorgenza di linfomi non Hodgkin risulta aumentata fino al 41%. [7]
Da queste considerazioni generali emerge che, ridurre i trattamenti chimici anche sulle uve, sia la strada percorribile come riportato nell'articolo citato all'inizio che si riferisce alle argomentazioni di Michele Morgante, docente di genetica all'università di Udine. Secondo lo scienziato sarebbe possibile, attraverso un intervento di “cisgenesi”, trasferire, da una vite che mostra resistenza a peronospora ed oidio, i soli geni che inducono questa resistenza alle altre varietà che ne sono sprovviste. Un'altra tecnica prevederebbe attraverso il Crispr, la modifica di una sola parte del gene, una modifica minima, assimilabile a mutazione spontanea sempre frequente in natura. Anche questa pratica però porterebbe a classificare come ogm la nuova vite e questo sarebbe vietato in Europa.

In realtà il dilemma sul risultato incide esclusivamente sui profitti e sulla ricerca di sempre crescenti colture ad alta intensità produttiva. Per il vino però siamo messi meglio visto che è un prodotto che, oltre al completamento dell'offerta alimentare per gli umani, ha un'altra funzione probabilmente ugualmente importante, quella della ricercatezza di un appagamento sensoriale e gustativo che interessa un bacino di utenza sempre più ampio.
Parliamo di un settore i cui livelli più elevati sono stati raggiunti da chi ha creduto nei metodi più naturali e tradizionali come alcune cantine che hanno raggiunto queste eccellenze ormai insegnano. E può accadere dalle isole al nord come, ad esempio, dimostrano Salvatore Murana con il suo passito blend creato da zibibbo e le sue grotte laviche a Pantelleria: “ …il rispetto per l'ambiente e per la sua integrità guidano tutte le nostre azioni” [8] e Jermann Bio sull'Isonzo, con il suo Vintage Tunina, altro blend del quale non si è mai appagati e i suoi 20 ettari a coltivazione bio a zero fertilizzanti, residui chimici o pesticidi [9]. A questo proposito giunge dal Montepulciano D'Abruzzo un altro esempio utile alla causa. Ce lo regala uno dei più validi produttori

artigianali che hanno sempre creduto in questo vitigno ed alle sue colture tradizionali biologiche, diventate poi biodinamiche. Lo spot involontario di qualche settimana fa arriva da oltre oceano, da quel Lebron James, detto King James, stella dell'NBA ed appassionato di buon vino, che lo ha raccomandato pubblicamente ai suoi amici. Si tratta del Montepulciano D'Abruzzo Emidio Pepe del 2010 il quale ha fatto dei metodi naturali la sua bandiera da sempre. Il Montepulciano Emidio Pepe, che si richiama a metodi artigianali, viene ottenuto facendo ricorso all'uso di solo rame e zolfo in vigna, nessun prodotto chimico come diserbanti e fungicidi se le annate si presentassero rischiose. Anche per la fermentazione i metodi sono chiari, solo lieviti presenti, nessuna aggiunta per incentivare profumi che risultano nei suoi prodotti intriganti ed appaganti naturalmente, uva raccolta e diraspata a mano in tini in legno. Fermentazione in vasche vetrificate e nessuna operazione di filtraggio, uso di botti in cemento, nessun passaggio in legno e l'affinamento in bottiglia potrà anche accogliere residui e pose. Questo però non ne inficia la qualità, anzi, ne garantisce le procedure tradizionali. Il motto di questo vignaiolo in effetti è: “La casa del vino è la bottiglia”.
Probabilmente finirà che si darà la possibilità, con limitazioni, all'uso di queste nuove tecnologie ma per il mercato resterà il fascino dei prodotti tradizionali e della loro eccellenza.
Tornando a disamine filosofiche sull'utilizzo tecnologico, rispolverando concetti esposti da Tommaso Campanella con la sua utopia della Città del sole, oppure del ricorso all'ordinata ragione di Francesco Bacone che governa la comunità della sua Nuova Atlantide, non siamo stati aiutati a dare una risposta. Neanche facendo ricorso al cartesiano pensiero che il sapere si orienta verso la certezza scientifica (che riproduce gli eventi e conferisce esperienze mentre la saggezza guarda alla filosofia cioè ad una visione personale degli eventi e delle proprie convinzioni) ha indotto a conclusioni apprezzabili.
Non avendo però risolto il quesito di partenza meglio dedicarsi a nuovi episodi… sperimentali. Con sommo piacere gaudente, ci prestiamo alla sfida che significa meditare sul dilemma se debba prevalere la scienza o l'etica. Non possiamo sottrarci ipotizzando di farlo con in mano un balloon contenente un rosso austero, cosiddetto da meditazione. Ne rimarremo rapiti dalle note rubine intense, con riflessi mattone e dal disegno sempre diverso degli archetti sulla parete del calice, magari ripensando alla fatica ed alla sapienza che ne hanno consentito la preparazione. La degustazione risulterà complessa fin dall'esame olfattivo che lascia ipotizzare note speziate di caffè, cuoio e liquirizia che immaginiamo attenuate dalle profonde folate di profumi di confettura di frutta a bacca rossa che ci raggiungono. Se il tutto avvenisse magari nei paraggi di un caminetto acceso, data la stagione, e con una buona compagnia in sintonia con gli argomenti da sviscerare, le condizioni migliori per dirimere le avremmo tutte. Siamo certi che quel rosso, la cui preparazione si vorrebbe modificare, ci aiuterà ad adottare le risposte più consone alla questione e, se avremo scelto bene, il rosso e la compagnia, la risposta non potrà che essere univoca. Meglio non abbandonare le vecchie strade!
Emidio Maria Di Loreto
[1] Giuliano Aluffi, “Sui nostri vitigni c'è troppa chimica: geni aiutateci voi.”, Il Venerdì di Repubblica 15 Febbraio 2019, pag. 60
[2] Veronica Ulivieri, “Tanti, troppi pesticidi sulle vigne del Prosecco”, https://www.lastampa.it/2018/07/09/scienza/tanti-troppi-pesticidi-sulle-vigne-del-prosecco-z6UIwN4TjHtiSdE8XruWHO/pagina.html, 7 settembre 2018
[3] “A cosa servono i neonicotinoidi”, http://www.rfb.it/moria-api/agrofarmaci_dannosi/neonicotinoidi/acosaservono.htm
[4] “La UE vieta tre pesticidi neonicotinoidi pericolosi per le api”, https://www.repubblica.it/ambiente/2018/04/27/news/l_ue_vieta_tre_pesticidi_neonicotinoidi_pericolosi_per_le_api-194952866/, 27 aprile 2018
[5] “La UE vieta tre pesticidi neonicotinoidi pericolosi per le api”, ibidem
[6] Veronica Ulivieri, ibidem
[7] Andrea Barolini, “Glifosato. Il rischio di linfomi cresce del 41% tra i più esposti secondo uno studio“, https://www.lifegate.it/persone/news/glifosato-studio-linfomi, 21 febbraio 2019
[8] https://vinimurana.it/azienda/
[9] https://www.jermann.it/_it/azienda
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