
Wacken è un ridente e tranquillo paesino tedesco a 70 km da Amburgo, che una volta l'anno, solitamente nella prima settimana di agosto, si gonfia ipertroficamente fino a raggiungere le dimensioni di una città. Ma una città molto speciale: la sede di uno dei più importanti festival heavy metal del giorno d'oggi, che, dal 1990, anno della prima edizione con qualche centinaia di partecipanti e band perlopiù sconosciute è arrivata ad ospitare 75.000 spettatori (al momento numero chiuso) e i gruppi più importanti del panorama mondiale.
Tutti i più grandi hanno calcato i suoi palchi, ma la vera peculiarità che lo contraddistingue da altre similari manifestazioni è la genuinità e l'amore veramente appassionato degli organizzatori, la contiguità fra le grandi star e le piccole band emergenti, la sconfinata devozione dei fans che sfocia in toni quasi da religione e fa polverizzare ogni anno il record di prevendita dei biglietti che pare sia diventato una leggenda (per l'edizione del 2016, senza neanche annunciare la line up, i tickets sono stati venduti in 2 ore!).
Wacken 3D (nei cinema il 24 e 25 novembre) è la degna celebrazione, non solo del festival, ma del metal in generale con tutti gli annessi e connessi. A differenza di The Decline Of Western Civilization II: The Metal Years di Penelope Spheeris che era un reportage sulla scena di Los Angeles alla fine degli anni ottanta e che non rinunciava a metterne in rilievo le follie e gli eccessi, qui non c'è critica ma solo adesione e partecipazione senza mezzi termini. E non potrebbe essere altrimenti quando sul palco si susseguono i Motorhead, i Rammstein, Alice Cooper, i Deep Purple, gli Anthrax (fidatevi, li ho visti tutti dal vivo, le immagini in 3D e il dolby system ne restituiscono tutta la potenza e la coreografia), i Lamb of God, i redivivi Anvil, i giovanissimi partecipanti al contest dei gruppi emergenti con ragazzi che arrivano da 26 paesi del mondo, dalla Romania alla Mongolia e che sono una delle sorprese migliori del film. Come anche le interviste cosmopolite ai fans, la ragazza che viene da sola da Taiwan, le girls canadesi, i padri e figli accomunati dalla stessa passione, le comuni itineranti di motociclisti, i siparietti in fermo immagine con i personaggi più bizzarri, il pulsare continuo di questa repubblica temporaneamente anarchica.
Diretto da Norbert Heitker, con largo impiego di mezzi, tra cui 18 telecamere 3D, il film non manca di citare il film-concerto più famoso della storia, quel Woodstock che chiudeva nel fango l'epopea degli anni sessanta. Ma le parole di Bolverk, chitarrista dei norvegesi Ragnarok sintetizzano meravigliosamente il senso di appartenenza e di orgogliosa diversità di questa musica: «i Beatles fanno schifo, gli Stones fanno schifo. Per non parlare dei Led Zeppelin…ma noi siamo lo schifo dello schifo».
Mario Barricella
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