Web tax: la Francia ci prova e la Vestager insiste per un accordo Ue

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Lo scorso dicembre era fallito l'accordo tra i ministri della Finanza per un , un'imposta sui ricavi delle piattaforme digitali. Non fu possibile arrivare nemmeno ad una soluzione di ripiego come quella che prevedeva una tassa del 3% sulle entrate sulle vendite online per un ristretto numero di aziende. Allora furono Irlanda, Danimarca, Finlandia e Svezia a far mancare il loro appoggio; la tassa necessita dell'approvazione di tutti gli stati dell'Ue. Anche a marzo scorso l'Ecofin non ha trovato un accordo su una proposta di compromesso presentato dalla presidenza romena. Per ora si rimanda all'Ocse.

Ma con la nuova spinta proveniente dalla che fa seguito alle decisioni di Macron, il leader più determinato su questo fronte, la commissaria per la Concorrenza Margrethe Vestager ha rimesso al centro dell'attenzione la necessità di trovare un accordo per una tassazione equa sugli strabilianti fatturati delle del . La commissaria, una delle più accreditate personalità per avvicendare Jean-Claude Juncker alla testa della Commissione europea, ha spiegato in un'intervista radiofonica come “stiamo diventando un mondo sempre più digitalizzato, e sarà un grosso problema se non riusciremo a trovare un modo per incrementare la tassazione”,

La Francia va avanti con la web tax. Il ministro dell'economia, Bruno Le Maire, ha deciso di avviare l'iter parlamentare per la “tassa GAFA” (acronimo di Google, Amazon, Facebook e Apple) e di derivazione dalla proposta che la Francia fece in Europa. Lunedì 8 aprile c'è stata una prima votazione all'Assemblea nazionale.
Una proposta che sta facendo inalberare l'amministrazione americana che la considera iniqua, discriminatoria perché la stragrande maggioranza delle piattaforme sono made in USA. Qualche giorno fa una dichiarazione del Dippartimento di Stato americano recitava: «il Segretario di Stato Pompeo ha esortato la Francia a non approvare una tassa sui servizi digitali, che avrebbe un impatto negativo sulle grandi imprese tecnologiche statunitensi e sui cittadini francesi che le utilizzano».
Ma in effetti questa tassa deve servire a far pagare le tasse alle multinazionali del web che grazie ad una serie di scappatoie finiscono con pagare molto meno di quanto pagano le altre aziende. L'Europa ha stimato che pagano mediamente il 9% contro il 23% delle altre aziende.
La legge francese vede una tassazione per tutte quelle «società che realizzano un fatturato sulle loro attività digitali di 750 milioni di euro in tutto il mondo e più di 25 milioni di euro in Francia. L'idea è di imporre il 3% del fatturato realizzato in Francia sulla pubblicità online, la vendita a terzi di dati personali e la “intermediazione” (collegamento, tramite piattaforme , tra aziende e clienti). Dovrebbe applicarsi a una trentina di gruppi come Meetic, Amazon, Airbnb, Instagram o Criteo francesi, e portare a 400 milioni di euro nel 2019 e 650 milioni nel 2020-2022» [2]. La web tax dovrebbe servire anche a finanziare quelle attività che Macron ha promesso dopo la fase più acuta della protesta dei gilet gialli.

Anche in con il maxiemendamento alla Legge finanziaria 2019 approvato al Senato, la web tax è del 3% e si applica sulle vendite di beni e servizi digitali, sulla pubblicità on line e sul trasferimento dei dati a terze parti. Riguarda le imprese con fatturati superiori a 750 milioni di euro e ricavi digitali non inferiori a 5,5 milioni di euro.
Tutto ciò è un tentativo per far entrare quote di profitti delle società non residenti che sfuggono alla tassazione, soggetti che attraverso attività svolte via web producono ricavi nei paesi europei visto che i loro clienti risiedono nei vari paesi del vecchio continente, ma che non pagano imposte (in Italia, Irpef/Ires) sui relativi redditi, in quanto non hanno una stabile organizzazione o per altre scappatoie.
Ciro Ardiglione

[1] “Web tax, Vestager: “L'Europa va avanti anche senza Ocse”, https://www.corrierecomunicazioni.it/digital-economy/web-tax-vestager-in-assenza-di-accordo-ocse-lue-procedera-da-sola/, 9 aprile 2019
[2] “La «taxe GAFA» à la française au menu des députés“, https://www.lemonde.fr/economie/article/2019/04/08/la-taxe-gafa-a-la-francaise-au-menu-des-deputes_5447125_3234.html?xtmc=gafa&xtcr=3, 8 aprile 2019

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