
Basta uno schioccare di dita e Maddalena Crippa ci porta immediatamente sulle tracce di Wisława Szymborska, verso la sua poesia, i suoi versi in occasione del centenario della nascita della poetessa. Maddalena Crippa e la Szymborska hanno in comune quella semplicità che fa grande i grandi, quella semplicità che nasconde una grande arte e un grande rigore. In cui se c'è l'artifizio non lo vedi, ma scopri un linguaggio che parla ai cuori.
La Szymborska è una delle poche, tra poeti e poetesse, in grado di fare ciò che Umberto Saba diceva, mettere insieme la rima cuore, fiore, amore, e ugualmente fare poesia. Così lontana com'è dai riti dell'ermetismo che spesso si perde in virtuosismi e leziosismi fine a sé stessi, in un linguaggio spesso incomprensibile. Parte della raffinatezza della poetessa polacca consiste proprio nella sua capacità di sapere usare il linguaggio di tutti giorni, e con questo linguaggio travalicare il quotidiano.
Mi sono emozionato nell'assistere al recital-spettacolo Senti come batte forte il tuo cuore. Sin dalle prime battute mi sono accorto di essere di fronte a un qualcosa che scaldava l'anima, in grado di riconciliare con il bello e la complessità dell'esistere. Andrea Nicolini, Michele Sganga, Maddalena Crippa dialogavano costantemente per portare alla luce il verso, la bellezza di questa splendida artista che è Wisława Szymborska.
La Szymborska l'ho incontrata diversi anni fa e subito me ne sono innamorato. È un amore nato dal presupposto che si tratta di un'artista in grado di entrare in punta dei piedi nei fatti della vita, capace in modo quasi inaspettato di cogliere contraddizioni, conflitti, amori, nell'assurdo spettacolo del quotidiano e della straziante bellezza dell'esistere. Non si è trattato di uno di quei noiosi recital in cui l'attore protagonista, da solo sul palco, davanti al leggio recita, racconta, interpreta. Si è trattato di uno spettacolo vero e proprio, effervescente e reso ancora più carismatico dalle musiche di Michele Sganga eseguite al vivo, vivace contrappunto alla presenza degli attori e alla loro voce.
Maddalena Crippa regale come al solito non si è risparmiata, ancora una volta è stata in grado di offrire al suo pubblico un concentrato di bravura e passione, questa volta insieme al bravo Nicolini con cui ha una dimestichezza sul palco ormai da decenni. È grazie al binomio Andrea Nicolini e Maddalena Crippa che lo spettacolo trae ulteriore forza e spessore. Per una proposta curata nei minimi particolari e frutto di un intenso lavoro di ricerca, che ha portato a scoprire anche degli inediti della poetessa polacca.
In un'epoca in cui le parole diventano superflue e rumore di fondo di un orrido cicaleccio, e perdono il loro significato perché delle parole ognuno fa ciò che desidera, e attribuisce il significato desiderato indipendentemente dalla loro forza e dalla loro verità, le parole della Szymborska portate in scena acquistano senso, e ci conducono alle radici del sacro, alle radici di ciò che è importante. Ed è per questa sacralità che continua ad affascinarmi il teatro.

A sipario chiuso con Maddalena Crippa
La locandiera svampita nel compleanno di Pinter, la passione nelle poesie di Pasolini, l'ironia con Wisława Szymborska, il teatro greco a Siracusa. Sembri a tuo agio nei ruoli più disparati. Qual è il tuo segreto?
Il mio segreto è rispettare l'autore, semplicemente. Oggi è una cosa apparentemente molto difficile, perché ognuno pensa di farne quello che vuole. Ma io ho imparato soprattutto da mio marito, da Peter Stein, a rispettare i vari materiali e a servirli, non a usarli per fare un proprio virtuosismo o a proprio uso e consumo. Perché oggi c'è chi prende i classici e li stupra, li riduce, li piega alla propria idea registica o interpretativa. Mentre io li rispetto. Ho imparato ad analizzare il materiale. E poi, certo, la mia arte è quella di saperlo agire, di saperlo dire, di saperlo poi riempire con tutto il mio sentire, ma al servizio dell'autore. È l'autore che mi dice dove aprire i bocchettoni eventuali del cuore o dell'emozione. Non è una scelta mia. Questo richiede un'arte, l'arte della recitazione, l'arte del dire. Per cui se leggi Dante è una cosa, se leggi Szymborska è un'altra, se fai Pinter e un'altra cosa, se fa i tragici greci è ancora diverso.
Dietro tutto questo intravedo anche un grande mestiere. Già nei primi secondi ero ammaliato. Ti è bastato uno schiocco di dita, un'espressione, un gesto per portarci immediatamente all'interno dello spettacolo.
Non all'interno, a farti vedere il film di quello che lei racconta. Questo è un'arte, è l'arte della recitazione, nel senso di saper rispettare la parola e farla risuonare, ma al servizio. Io sono uno strumento. Ci sono strumenti diversissimi. Io posso essere un grande strumento ma strumento sono. Cioè, devo far arrivare l'autore o l'autrice al pubblico. Non sono davanti all'autrice, non uso l'autrice, o il materiale della Szymborska per fare del virtuosismo, non mi interessa. Per questo poi fai centro nelle cose. Perché c'è questa analisi e questo servire l'autore. I classici sono delle opere d'arte che oggi vengono stuprate. Trovo che oggi questa cosa di usare I classici impunemente è molto degenerata. Se vuoi dire qualcosa scrivi un testo, abbi il coraggio. Si può fare tutto a teatro, ma perché devi prendere un grande e farne polpette, piegarlo alle tue intenzioni. Su questo non sono d'accordo, voglio portare a un altro livello, voglio mantenere un altro livello di rispetto. Se faccio Pinter faccio Pinter.
Un'altra prospettiva come diceva anche Peter Stein.
Un'altra prospettiva certo. Come è questa cosa che bisogna per forza attualizzare. Ma che attualizzi? Pure Shakespeare scriveva il Giulio Cesare per parlare ai suoi contemporanei. Noi siamo di oggi ma non è detto che una cosa degli anni Cinquanta poi non ci parli in maniera potente come Pinter. Magari non vengono due da fuori [il riferimento è al Compleanno di Harold Pinter, nda]. Ma la situazione in cui siamo noi con questa tecnologia è che siamo ridotti a consumatori muti. Pinter l'ha visto nel '57. È abbastanza eccezionale.
Siamo assediati come lo furono i Troiani. Non c'è una Cassandra ad avvertirci.
Non assediati. È peggio. Siamo ridotti ormai al silenzio. È molto grave la situazione soprattutto per la cultura, perché non viene considerate, non viene sostenuta abbastanza come dovrebbe. Si vedono anche i danni. Perché la gente non è felice essendo comunque in una situazione privilegiatissima rispetto al resto del mondo. Vai in palestra a farti i muscoli? Ma del nutrimento del cuore o dell'anima chi se ne occupa? Perché c'è anche questo.
Se ne occupano Apple, Google, Netflix, Amazon e così via. Che cosa ti piace di più della Szymborska?
Mi piace la sua “direttezza”, la sua concretezza, la sua precisione, ma umanissima nel saper cogliere nelle cose apparentemente banali o quotidiane una profondità umana incredibile. Questo cogliere la fragilità, questo saper cogliere l'irripetibilità di ogni momento. C'è questa bellissima poesia sui genitori, su domande poste a me stessa, sull'amicizia per esempio, di quanto siamo colpevoli nel far morire o nel non curare o del non concreare, nel non curare abbastanza le amicizie. Quanto? E c'è sempre una responsabilità personale. Mi commuove. Non è soltanto ironica la Szymborska. È anche estremamente commovente, estremamente toccante. Anche per questo ha un successo così grande. Perché è comprensibile da tutti, da chiunque. Non devi avere una laurea per comprenderla.
Spesso avere una laurea ti costringe a categorie precostituite, quindi dannose.
No. Adesso circola l'idea che deve essere tutto banalizzato e semplificato. Questo non è vero. La proposta al Litta è stata una proposta alta, di qualità, ma estremamente popolare. Nel senso che arriva a chiunque perché è anche una costruzione di uno spettacolo a cui abbiamo lavorato da ottobre. Puoi immaginare quanto il materiale fosse sterminato. Non c'è solo la poesia. Ci sono anche le lettere, c'è anche il limerick, c'è anche parte del suo discorso fatto al Nobel, quello dell'ispirazione. È stato difficile fare questa cernita, ma è stata una serata riuscita.
La serata è riuscita ed è stata gradevolissima. Avete fatto centro. In scena c'era uno scambio di parti, di ritmi, di giochi interessante, vivace. La fatica, la difficoltà di questo recital spettacolo, è stata solo nella quantità di materiali, o c'è dell'altro?
Quella non è una fatica è un lavoro serio. Per fare le cose ci vuole tempo, ci vuole dedizione, ci vuole anche costruzione e capire che non siamo solo noi. L'idea è partita da due studiosi polonisti, uno della Sapienza e uno di Firenze che per i cento anni dalla nascita della Szymborska hanno deciso di fare questo tributo. Hanno parlato con Maifredi che è un grande conoscitore della Polonia. Era grande amico di Marchesani questo traduttore strepitoso della Szymborska. Perché bisogna dire anche questo, la traduzione delle poesie è magistrale. Dunque, Maifredi ha avuto l'idea, siccome lavoriamo spesso insieme sui classici, ha detto sicuramente Maddalena, poi Nicolini con cui io ho fatto i Demoni, ho fatto Riccardo Scondo. E poi Sganga. Anche le musiche sono di una precisione, di una bellezza e intensità, composte appositamente. Ci siamo incontrati nell'arco di mesi facendo delle scelte. Poi siamo stati una settimana insieme proprio per costruire la dimensione finale.
Siete stati a San Pancrazio dove abiti? Continuando uno stile di lavoro che vede gli attori prepararsi insieme in una vita di comunità?
Esatto. Stare insieme dalla mattina alla sera vale triplo. Consente qualcosa che nella nostra società è quasi negata, formare una comunità.
Nello spettacolo ieri sera si parlava anche di una grande storia d'amore. Tu hai una grande storia d'amore, artistica e umana con tuo marito Peter Stein. Quali sono gli ingredienti dell'amore? Esiste l'amore?
Certo che esiste, per forza. Come in tutto non c'è una soluzione, è una strada da percorrere e bisogna resistere. Adesso è un momento magico e fantastico, di quando si superano gli orgogli, gli ego personali. Il carattere delle persone non si può cambiare, bisogna saperle accettare per quello che sono, si può solo modificare sé stessi. Bisogna disinnescare le reazioni, quelle negative, quelle che ti fanno tenere il muso, quelle che ti chiudono. Allora quelle magari possono continuare a venire ma invece di durare quindici giorni durano un'ora. Poi dici va beh basta e riapri le porte, riapri le connessioni, riapri.
Questo è il lavoro che tu e Peter avete fatto nel corso degli anni.
Certo. Si passa attraverso fallimenti, tradimenti, incomprensioni. Questo fa parte della vita. Siccome nasciamo per morire figurati tu se non siamo fallibili. Dunque, bisogna accettare anche questo.
C'è chi dice che tutto ciò che facciamo sia in preparazione della morte, per esorcizzare l'idea della morte.
Tanto quella arriva. È importante saper accettare il proprio limite. Perché se no uno non è mai contento, di niente, e butti via la tua vita. Correndo dove? Alla ricerca di che cosa? Invece la difficoltà è proprio quella di stare nel presente con un allenamento filosofico difficile. Ti serve una vita per compierlo.
Il teatro ti ha aiutato a fare questo allenamento filosofico?
Assolutamente sì. Io dico sempre che il teatro è la mia passione. È importante farlo perché per me è una ragione di vita. Ho fatto due giorni di seminario sul Compleanno di Harold Pinter, otto ore al giorno e non ho sentito la stanchezza. Capisci la gioia di questo? Io sto invecchiando per cui è ovvio che c'è una parabola anche discendente. Va accettata. E il fatto di non essere al centro, e invece insegnare o tramandare le cose importanti che ho imparato mi va benissimo.
Con la tua esperienza sei una grandissima risorsa per i giovani attori.
Esatto.
I giovani fanno scommesse importanti sul teatro. Se dovessero affidarsi alla realtà cambierebbero strada. La via dell'arte è piena di ostacoli. Eppure, con tenacia vanno in quella direzione. Il loro è un grande coraggio, a te rimane un grande responsabilità. A maggio sei di nuovo a Milano. Sei al Gerolamo.
A maggio sono al Gerolamo, poi con l'orchestra Verdi faccio Arianna e Fedra con Silvia Colasanti. Poi sono in Duomo il dieci con la lettura del Manzoni, i Promessi sposi.
Ci porterai in tantissimi diversi universi con le proposte milanesi, una diversa dall'altra. Questo non ti crea difficoltà passare da un contesto all'altro, da una recitazione all'altra?
No, fa parte del mestiere. C'è sempre e comunque la materia della mia professione in tutte le cose che faccio. Che sia una lettura, che sia uno spettacolo teatrale, che sia la voce recitante con l'orchestra fa sempre parte del mio mestiere. Sono cose diverse ma sempre nel mio universo. Non cambio universo. Sono proposte diverse ma sempre nell'ambito del mio campo.
Gianfranco Falcone
MTM Teatro Litta
4 aprile 2023
Ascolta come mi batte forte il tuo cuore.
Poesie, lettere e altre cianfrusaglie di Wisława Szymborska
Un'idea di Andrea Ceccherelli e Luigi Marinelli
Con Maddalena Crippa e Andrea Nicolini
Progetto e regia Sergio Maifredi
Prodotto da Teatro Pubblico Ligure
in collaborazione con Istituto Adam Mickiewicz di Varsavia
Musica composta ed eseguita dal vivo da Michele Sganga
Con il Patrocinio della Fondazione Wisława Szymborska di Cracovia
Nel 2023, ANNO DI WISŁAWA SZYMBORSKA NEL CENTENARIO DELLA NASCITA
Proclamato dal Senato della Repubblica di Polonia
In coproduzione con Istituto Adam Mickiewicz di Varsavia
Con il patrocinio della Fondazione Wisława Szymborska di Cracovia
In collaborazione con l'Istituto Polacco di Roma
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