
Nell'introdurre l'ultimo lavoro di David Eugene Edwards vengono spontanee, per contrasto, l'ennesimo fenomeno musicale dei nostri giorni. I Jonas Brothers che sembrano far impazzire una parte delle giovani generazioni nate intorno alla tv e ai progetti studiati a tavolino [1] come in questo caso dalla Disney. Il contrasto è nella spiritualità densa, vissuta, raccontata e cantata contro quella modaiola, da coomunity web 2.0 con al dito il “purity ring” a rappresentare la castità. Il contrasto è in quel volto denso vibrante di emozioni e di storie vissute dentro e di cui non c'è traccia nella copertina del cd, contro il pallore di sorrisi accattivanti di storie che dovranno essere ancora vissute.
Woven Handscocciati di sentirsi sempre fare domande sulla religione e sulla spiritualità>>, mentre lui continua a dichiarare di non voler separare l'essere musicista dall'essere cristiano [2].
immagini, le sue atmosfere sono state un'ispirazione immensa per la mia musica>> [4].
Dal punto di vista del suono il quinto cd si presenta come quello di una band, più pesante, elettrico, di quanto non siano stati i precedenti anche perché, per sua ammissione, componendo ha ascoltato musica con forza straordinaria come quella del gruppo OM.
Anche la personalità dei componenti del gruppo deve aver inciso come spesso sostenuto dai recensori e cioè Pascal Humbert al contrabbasso (16 Horsepower), Emil Nikolaisen (Serena Maneesh) e Daniel Smith (Danielson).
folk appalacchiano, il blues, il gospel>> come in Kingdom Of Ice o in Horsetailintrinsecamente rock>> è ben presente fin dall'iniziale The Beautifull Axeduri e fulminanti come Kicking Bird o White Knuckle Grip, con il suo riff di bandeon incalzante>>. Citazioni anche per His Loyal Love, Iron Feather e Not One Stonein qualche cosa rimanda ai migliori Cure>> [5].
cervelli affini>> in Cahawkin Roadspesso>>, in Horsetailil gospel si incendia>> e in Not One Stoneil crepuscolo western si sgrana in mille schegge impazziteaprirsi una nuova strada verso il futuro>>. Passato tradizione e slancio integro per la sua storia musicale [6].
Metamorfosi nella continuitànew wave post pischicedelica>> o per fondere il gotico americano con quello inglese. Sempre alla ricerca di sé con soluzioni che in alcuni momenti riprendendo la tradizione di icone della storia musicale . Per White Knuckle Gripinvasato metà Jim Morrison e metà Grant Lee Philips>>, mentre His Loyal Lovepoggia rifrazioni shoegaze su una rabbrividente melodia folk>>. O la cover di Jobim Quiet Nights Of Quiet Starseseguita da dei Black Heart Procession vicini più del solito ai Tuxedomoon>> [7].
unire il fango della musica antica degli Stati Uniti con il metallo del dopo punk metropolitanofurioseriflessioni religiose e intransigenti>> [8].
emozionanti dell'indie alternative country rock>> e se non ha lo spazio che merita è semplicemente l'aver davanti più d'uno che si è già posizionato. Non manca l'accostamento nei momenti migliori a Jim Morrison e nei peggiori a Jim Kerr dei Simple Minds. Con questi riferimenti il disco come altri continua a carpire i segreti americani soprattutto di quella parte che non sogna e non ha più speranze [9]. Non vi curate di noi e ascoltate.
Ciro Ardiglione
genere: rock
Woven Hand
Ten Stones
etichetta: Sounds Familyre
data di pubblicazione: settembre 2008
brani: 11
durata: 41:30
cd: singolo
[1] Giuseppe Videtti, “Jonas Brothers Purezza e castità uguale rock alla camomilla”, La Repubblica, 6 ottobre 2008, pag. 38
[2] Marco Sideri, “Non è un paese per giovani” intervista con David Eugene Edwards, di Marco Sideri, UP., settembre 2008, pag. 34-35.
[3] Giancarlo Turra, “Realising my religion”, Sentireascoltare, settembre 2008, pag. 20; l'articolo presenta la sua storia discografica dagli esordi
[4] Marco Sideri, “Non è un paese per giovani”, idem pag. 35
[5] Lino Brunetti, Buscadero, settembre 2008, pagg. 72-73
[6] Gianluca Testani, Il Mucchio Selvaggio, settembre 2008, pag. 86
[7] Giancarlo Turra, Sentireascoltare, settembre 2008, pag. 48
[8] Marco Sideri, BLOW UP., settembre 2008, pag. 89
[9] Ernesto De Pascale, Rolling Stone, settembre 2008, pag. 156
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