
L'illusione ci è comoda, il comodo della certezza del “si fa così“, la procedura, la sicurezza del risultato finale, la permanenza nella “zona di confort“: penso bene, so farlo bene, tutti dovrebbero fare così, il modo è uno solo. Dogmatico e autoreferenziato: una sola verità, illusoria peraltro, protettiva, autoimpedente e di natura “pratica” ovvero quasi ai limiti della cialtroneria…
L'illusione ci protegge perché una verità o il cosiddetto “principio di realtà” per chi si interessa di sviluppo spirituale o del sé, lasciato nelle mani degli psicanalisti, dei sacerdoti (o degli esperti di esoterismo, sicuramente meno accreditati) ha differenti livelli di accettazione e richiede una certa forza per “vedere le cose come stanno“, anche una padronanza dei propri limiti. Sana coscienza dei limiti.
L'illusione si nutre dell'attribuzione di “perché è successo questo o quello“, “sono stato sfortunato, è troppo tardi o è prematuro“, “andava bene senza intoppi fino a che…“, “è stata colpa di…” eccetera.
L'illusione si nutre di alibi, ne costruisce a iosa, li lega a eventi “fuori controllo“, li esalta e si esprime in un linguaggio “non posso“, “ci sono cose che non puoi capire“, “è mio dovere“, “tu non capisci” …
L'illusione è perfettamente rappresentata dal cosiddetto “locus di causazione” esterno, ovvero depotenziare la responsabilità dell'essere umano sulle sue scelte, sulla sua vita, mancando così di rispetto prima a sé stesso poi al suo contesto, o meglio, al contesto che nel frattempo gli è cresciuto attorno e lo ha espropriato di ogni sua propria volontà. Del resto è una scelta anche “non scegliere“.
Pertanto è comprensibile, anche culturalmente nel momento storico italiano che affonda le sue radici nella modellizzazione dei comportamenti in “sanzionatori‘” o “perdonabili “, giusto o sbagliato, che l'illusione sia uno strumento largamente diffuso e socialmente accettato e utilizzato: pensiamo solo al linguaggio dei social che con un pollicione mette qualunque comportamento sotto giudizio bene/male di cui il traguardo finale sia la monetizzazione collettiva, l'approvazione.
Eppur si muove una diversa coscienza che ricerca significato ad ogni pensiero, ne osserva le ricadute nell'azione, considera il “quadro d'insieme” anziché il dettaglio egoistico. Si sposta oltre il dualismo classico e prova a riflettere sul superamento delle dicotomie prima nella convinzione profonda che analizza, poi nell'emozione che produce, fino a voler trovare una sintesi nuova. La Coscienza è il prodotto del funzionamento corretto, secondo natura, della ghiandola pituitaria, o ipofisi, detta ghiandola maestra del sistema endocrino, deputata alla secrezione, all'equilibrio del sistema nervoso: si comprende come mai sia deputata alla funzione pensiero.
E il ‘pensare” è il “vedere” le cose, illuminarle per coglierne i nessi logici e emozionali. “Io ti vedo” nel film Avatar, per esempio, spiega molto bene questo funzionamento, vuol dire io capisco e ti capisco. Capisco le cose e le persone, so accogliere e elaborare come in un sistema centrale le informazioni e proiettarle nel quadro d'insieme che sono capace, appunto, di “vedere“.
Comprendo i nessi, come in uno sciorinare e dispiegarsi di eventi e dunque attivo il sistema di prefigurazione. Mi muovo a livello logico e sottile, colgo le differenze, anche le più impercettibili, acuisco l'intuito. Ecco perché sono portatore di un sesto senso che mi fa balzare al di là del contingente in una sorta di pre-cognizione futura.
Coloro che hanno un sesto senso sviluppato “sanno“. Hanno il dono della chiaroveggenza poiché lavorano per raffinare la coscienza.
Come si sviluppa la coscienza per aprire l'intuizione?
Con la riflessione, la meditazione, la pratica informale del “qui e ora” del sapersi centrare nel momento presente anziché rimpiangere il passato o illudersi per il futuro. Vuol dire essere “fermi” nell'unico momento di espressione del proprio potere personale, tutto ciò che ci circonda istante per istante.
E paradossalmente, proprio rimanendo fermi nel presente, la mente si sgombra e prefigura il futuro, lo proietta, attraverso l'ipofisi, come in uno schermo al cinema, il futuro, facendo compiere alla mente un tranquillo salto temporale attraverso l'apertura dell'intuito. La mente si pone nello stato di relax, anche ad Harvard l'hanno studiato per decenni: la mente e il pensiero rilassato sono più produttivi, aprono le intuizioni felici.
Diceva Carl Gustav Jung che l'intuizione non si può produrre solo influenzare, attraverso l'apertura al vuoto della mente. Gli Yogi e i Rishi aspettano fermi nella posizione del Loto, per ore anche, per far sì che il terzo occhio si apra e possa viaggiare serenamente nelle immagini che l'intuito invia.
L'intuito è arcaico, non è raffinato e le immagini possono risultare sfocate e contraddittorie, tuttavia è prezioso perché sa indicare una direzione “chiara“, univoca e senza tentennamenti. E non mente mai. Rappresenta una traccia nella mente, pura e luminosa.
Il terzo occhio è rappresentato, nei mandala classici, da 2 petali laterali e un cerchio centrale: è l'armonia della Sapienza che trascende. Jung argomentava sulla “tensione degli opposti” e la successiva “funzione trascendente“, che corrisponde a ciò che si chiama “salto quantico“, ovvero trasformazione evolutiva e comprensione della pochezza, limitatezza e riduzione della dualità. Con dolore, con sforzo, con impegno e costanza.
Nello yoga è l'energia Zeta, quella del Sole, non Ying e Yang, femminile e maschile bensì l'energia del Tantra Yoga Bianco [1], la fusione degli opposti.
Nel terzo occhio il suono è Om, i 5 elementi Terra, Acqua, Fuoco, Aria e Etere sono dissolti e trasformati nella Luce, Pura Luce della Visione. Il colore Indaco/Violetto l'ultimo dell'arcobaleno, prima dell'ultima fusione verso il Bianco.
L'illuminazione nello yoga, “insight” nella psicanalisi, ovvero comprensione improvvisa, salto quantico nelle neuro scienze, l'intuizione è un dono che può essere favorito da un atteggiamento di “voler vedere” senza paura, e di voler scoprire ognuno la sua verità e la condizione esistenziale un cui versa nel “qui ed ora“. Un bellissimo modo di spendere il tempo che ci è dato.
Una citazione di Gandalf nella trilogia del “Signore degli Anelli” dice più o meno “non possiamo sapere quanto tempo ci sarà dato, ma solo ciò che scegliamo di fare in quel tempo“, ci rinforza questo costrutto.
Meditare per aprire la coscienza all'aderenza migliore possibile nella realtà che viviamo può” essere una buona e onorevole soluzione per trascorrere il tempo che ci è concesso di vivere.
Una meditazione per aprire il terzo occhio è, tramandata dalla tradizione, il Tratakam ovvero il fissare un'immagine di un santo o la luce di una candela con gli occhi aperti senza chiuderli per favorire la lacrimazione e “scaldare” il nervo ottico, al fine di mantenere la mente impegnata nella visione di una sorgente luminosa. Dopo qualche minuto (meglio 11 consecutivi), chiudere entrambi gli occhi e incrociarli in alto verso il punto tra le sopracciglia , il terzo occhio appunto. Migliora la lucidità mentale e l'apprendimento. Forse per questo piace a tutti osservare il fuoco di un camino: è un atto meditativo, ci tiene compagnia e ci rilassa.
Stefania Ratini
[1] Tantra Yoga Bianco pratica spirituale di lunga meditazione, con 6-8 meditazioni consecutive, in coppia, uno di fronte all'altro. Insegnato da Siri Singh Sahib Yogi Bhajan quale pratica di sviluppo spirituale e disciplina di comprensione dei propri limiti.
Diverso dal Tantra Yoga Rosso atto a lavorare sull'energia sessuale per favorire la rimozione di blocchi e repressioni espressive dell'intimità, parziale rispetto al Tantra Yoga Bianco.
Testi consigliati Anodea Judith, “Il libro dei chakra“
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